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2 Novembre 2018 | Mostre

A Modena “Il viaggiatore mentale”

Alla palazzina dei Giardini la prima personale dell’artista canadese Jon Rafman

A cura di Carlo Tovoli

Cari ascoltatori,
quella che stiamo per visitare insieme a Modena, alla Palazzina dei giardini, è una mostra che propone una indagine sulle conseguenze della tecnologia sulla nostra percezione della realtà.

L’autore è il canadese Jon Rafman, classe 1981, che servendosi di linguaggi e supporti diversi, dalla fotografia al video, dalla scultura all’installazione, realizza opere che fondono e “confondono” il reale e il virtuale, vivendo in prima persona questa dimensione ampliata, come quel “viaggiatore mentale” che dà il titolo alla mostra. Pensate, ad esempio, che per realizzare una videoinstallazione ha frequentato per tre anni la piattaforma “Second Life”: un luogo virtuale che permette con grande libertà di plasmare nuove identità e iconografie e di scoprire le infinite e multiformi rappresentazioni dei suoi “abitanti”.
Da internet ha poi ricavato un grande archivio di immagini che ha usato per indagare l’ambiguo potere seduttivo della rete che promette libertà quando invece imprigiona l’utente in un sistema che usa i dati per scopi commerciali.
Da vero “flaneur digitale”, Rafman si immerge nel web, così come nei videogiochi, e ne “ruba” sequenze per azzerare la distinzione tra la realtà e la sua rappresentazione, in un montaggio video accompagnato sempre da una voce fuori campo, ipnotica e poetica allo stesso tempo. Anche i suoi sogni si trasformano in video di animazioni, utilizzando software 3d amatoriali. Così nascono i suoi personaggi femminili, la ragazza archetipo della Millenial o la bambina guerriera, che si imbarcano in un viaggio dantesco, cupo e surreale. A noi il compito di dare una interpretazione freudiana a queste immagini che visualizzano l’inconscio dell’artista.

Come avete capito è davvero un’esperienza quella che si vive nelle sale della mostra, seduti in comode poltrone o immersi in stanze buie tra suoni, video e luci colorate. Ci si può davvero “perdere” per ore e ore, alla ricerca di un significato, di una chiave interpretativa che forse non c’è e non deve necessariamente esserci. Lasciamoci quindi travolgere da questo flusso continuo che ci porta altrove. Ed è inquietante e divertente allo stesso tempo, come la vita oggi.
La mostra, a cura di Diana Baldon, è aperta fino al 24 febbraio 2019. Tutte le informazioni sul sito www.galleriacivicadimodena.it

Un saluto da Carlo Tovoli!

Brano corrente

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