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24 Novembre 2016 | Racconti d'autore

Affinché possano fiorire

Testo di Sara Trofa per un racconto illustrato da Daniela Tieni

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Alessia Del Bianco

In vista del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, pubblichiamo il testo scritto da Sara Trofa e illustrato da Daniela Tieni messo in mostra nella scorsa edizione del festival “La violenza illustrata”. L’appuntamento con il festival, organizzato dalla Casa delle donne per non subire violenza, si rinnova a Bologna anche quest’anno, con film, dibattiti ed esposizioni, fino al 3 dicembre. Il tema dell’XI edizione è il cammino delle donne che attraversano il mondo, tra ostacoli, confini e oppressioni.

Sono mille anni e qualche minuto che stai correndo, bambina mia. Adesso siediti qui, ti pettino bene i capelli. Li pettiniamo bene, dalle radici alle punte, dalle radici alle punte. Collezioniamo i nodi, li mettiamo dentro un barattolo di vetro. Chiudi, presto, non farli scappare.

Primo nodo
Dividiamo i capelli in tre parti. Una parte sulla sinistra: è il sentiero dei salti prodigio. Una parte dietro alla nuca: è il sentiero dei pensieri lucenti. E una parte sulla spalla destra: è il sentiero dei tesori non ancora scoperti. Tu sei delicata, così delicata che le farfalle ti danno tanti baci. Mille, duemila, le farfalle non si stancano mai. E per ogni bacio, diventi più piccola, un puntino, così, che quasi non c’è.

Secondo nodo
Ora impugna le due parti laterali di capelli. Le tue orecchie sono tese, lunghe fino alla luna. Io sarò qui durante tutto il loro viaggio. Ascolti ogni rumore. Sei silenzio di tomba, immobile e pronta. Rimbombi dentro i muri. Confondi l’amore con il pericolo, stai troppo attenta e non ti riposi. Sei un animale perfetto.

Terzo nodo
Sovrapponi la parte di sinistra a quella centrale. Lo so, la mia acqua non ti lava, la pioggia non ti pulisce, ma ti assicuro: ci sarà sempre un temporale per te. E adesso sei diventata un sasso. Guarda quanto sei bella. Liscia e nera e dura come una montagna.
Per questa salvezza minerale, che nulla pensa e nulla vuole, il tempo ha perso la testa: non sai più quando è prima e quando è dopo, non sai la tua torre quanti anni ha, il tuo essere lontana.
E busseranno le formiche, i fiori, busseranno i vermetti che ti vogliono parlare, ma tu sei un sasso dentro un sasso dentro un sasso. Una matrioska di pietra, possente e assente.

Quarto nodo
Sovrapponi la parte di destra a quella centrale. Intreccia forte. Presto arriveranno i cacciatori, interrogheranno il tuo letargo, verranno a tagliarti i capelli, le orecchie, verrano a tagliarti le gambe.
Tu intreccia forte. Tu che oggi sei la tua ferita e nient’altro, stringiti forte, la sigilliamo con lo splendore di tutti gli zigomi, la medichiamo con il potere delle parole prime, la medichiamo e aspettiamo che funzioni.
Ma questo nodo è troppo grande, non sappiamo dove metterlo.

Quinto nodo
Ora sovrapponi la parte di sinistra a quella centrale. Intreccia molto forte.
Non sembri più fatta per questo mondo. Appartieni a un’altra marea, al dolore che respira quando tu respiri. La tua pelle ha preso un altro colore, ha preso un malodore – ti hanno detto così – che sei un mostro, una bestia rara. E mentre noi pettiniamo e intrecciamo, diventi un unicorno inventato, vile e sgraziato, che nessuno vuole intorno. Mia dolce criniera, un bubbone di fantasia – ti hanno detto – un pensiero esagerato.

Sesto nodo
Sovrapponi la parte di destra a quella centrale. Intreccia forte.
Hai perso il benvenuto nelle case, i pori della pelle ti si allargano, sembrano spine quelle che stanno per uscire ma sono piume. Piume e altre piume e altre piume. Eccoti arpia a squarciare l’aria sulle cime più basse e più alte. Vuoi urlare fino in capo al mondo, ma noi, bambina mia, pettiniamo ancora un po’ le punte. Anche se sei stanca più degli stanchi, anche se vuoi andare, abitare gli spazi incredibili, io ti terrò qui. Resta, e ascolta: questo è il tuo canto che non sa dove suonare, lasciamolo ballare, lasciamolo tremare.

Settimo nodo
Sovrapponi la parte di sinistra a quella centrale. Ancora, intreccia forte.
Senti denti stranieri crescerti in testa, senti mani fredde e nemiche germogliare dalle tue braccia, il tempo e lo spazio ti blaterano addosso, non sai più chi sei ma io ti conosco ancora, ti riconosco in qualunque forma, e sono qui.
Presto vorrai disfare tutta la tua treccia, mandare l’amore in malora, vorrai disfare tutto e lo farai. Ricominceremo da capo. Adesso puoi riposare un po’.

Ottavo nodo
Sovrapponi la parte di destra a quella centrale. Intreccia forte.
Riposa, mio pettirosso, non c’è bisogno di dire nulla, riposa. Il sole lavorerà in te, cercherà la formula che ti pulisce il sangue e ti nutre le ossa.

Nono nodo
Sovrapponi la parte di sinistra a quella centrale. Intreccia forte queste punte secche, erbe avvizzite, stizzite, che non vogliono sapere niente. Tu intreccia così, credi a questo corpo che ritorna, prendi queste guance come nuove, intreccia fino alla fine dei capelli e lega la treccia con questo nastro.

Il decimo nodo lo facciamo noi. Lo fai tu. Leghiamoli insieme questi salti prodigio, questi pensieri di luce, leghiamoli insieme con tutti i tesori.
Ecco, questa è la tua treccia.
È solo tua, amica mia, è la tua corda per saltare,
è la tua corda per scappare. Scalare, navigare, conquistare.
E questo barattolo, ora, non serve più a nulla.
Liberiamo i nodi, facciamone una collana:
la doneremo ai vili, ai torvi, ai cacciatori,
la doneremo loro affinché possano sognare…

… affinché possano fiorire.

[Per rileggere il racconto insieme a tutte le illustrazioni: affinchepossanofiorire.tumblr.com/]

 

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