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11 Marzo 2008 | Archivio / Protagonisti

Andrea Centazzo

L’universo sonoro di Andrea Centazzo, tra sperimentazione e world music

A cura di Claudio Bacilieri, lettura di Fulvio Redeghieri

Musica. Andrea Centazzo: Nan (da “Theatres”, 1991).

Sentite, cari amici, questo brano stupendo? Si intitola “Nan”, è una composizione per il teatro e ne è autore l’artista che oggi è qui con noi e che ora vi presentiamo.
Ha alle spalle qualcosa come più di mille concerti e performance in Europa e negli Stati Uniti. I dischi che ha registrato, tra lp e cd, in 25 anni di carriera, forse non se li ricorda tutti: più di 60, quasi 70. E’ autore di circa 350 composizioni e di otto libri di musicologia. Parliamo di Andrea Centazzo. Un musicista nato per caso in Friuli, arrivato a Bologna nel 1973 per studiare all’Università, e poi rimasto fino al ’91, quando si è trasferito a Los Angeles. Ma conserva ancora la sua casa a Sala Bolognese, dove torna due-tre volte l’anno e dove l’abbiamo raggiunto noi.

Centazzo è musicista onnivoro e artista totale, in senso wagneriano. Infatti, partendo dalle percussioni è arrivato a esplorare l’universo della multimedialità: ha realizzato video, film, spettacoli musicali, si è dedicato alla regia, lavorando sempre con passione sull’integrazione di suono e immagine.

Dunque Andrea, questa è la prima domanda. Sul suo sito c’è una foto di lei bambino, vestito da indiano mentre suona un tamburo. Dopo qualche decina d’anni sarebbe diventato un pioniere e un campione della percussione contemporanea, e dalla campagna bolognese si sarebbe trasferito nella patria degli indiani: l’America, Los Angeles. Quali sono stati i suoi primi passi nella musica?

Bene, ora passiamo all’ascolto di un secondo brano. Abbiamo scelto “Remote story”, sempre tratto dall’album “Theatres”, che raccoglie pezzi scritti da Centazzo per il teatro dal 1986 al 1991. E’ una musica bellissima, avvolgente, qui in particolare dove risaltano i sassofoni di Geoff Warren. Una musica che vive di vita propria, indipendentemente dai testi che l’hanno ispirata.

Musica. Andrea Centazzo: Remote story (da “Theatres”, 1991).

Andrea Centazzo, come abbiamo detto, ha interessi musicali che vanno dall’opera lirica all’orchestra sinfonica, dalle percussioni ‘solo’ all’avanguardia. Laureato in musicologia con una tesi su Edgar Varèse, Centazzo ha ricevuto prestigiosi premi per le sue musiche e i suoi video, in Italia come negli Stati Uniti, in Giappone o in Francia. Come un compositore di colonne sonore, sa trarre ispirazione da una scena, una visione, un paesaggio, un’idea.

Vorremmo sapere da Andrea qual è per lui il rapporto tra musica e paesaggio. Esiste una musicalità intrinseca ai luoghi?

Il brano che trasmettiamo ora è indicativo del modo di operare di Andrea Centazzo. E’ tratto da “Sacred Shadows”, un progetto di integrazione di linguaggi artistici differenti, dove il cuore pulsante di un’orchestra Gamelan di un remoto villaggio dell’isola di Bali batte all’unisono con le forme musicali occidentali. Il risultato è un’esperienza acustica unica, con i dolci suoni del Gamelan che ipnotizzano l’ascoltatore.

Musica. Andrea Centazzo: Sacred Shadoews I (da “Sacred Shadows”, 2002).

Veramente bello, questo pezzo. A proposito di integrazione di linguaggi differenti, come possono essere l’antica musica balinese e i suoni digitali prodotti dal computer, chiediamo ad Andrea Centazzo in quale misura oggi il computer cambia il modo di comporre musica. Nel suo progetto “Mandala” per strumenti digitali, percussioni e video immagini, il computer crea un universo sonoro richiamando canti, danze, suoni, rumori ormai perduti. E’ così?

Musica. Andrea Centazzo: Forest (da “Indian Tapes”, 1980, rimasterizzato nel 1993).

Il brano che stiamo ascoltando ci sembra perfetto per capire l’universo musicale di Andrea Centazzo, la sua capacità di coniugare, come dire, il remoto al futuribile, la selva all’informatica. Centazzo ha anche composto musiche per il teatro, il balletto, ha suonato con i più grandi maestri, da Sylvano Bussotti a John Zorn, da Steve Lacy a Don Cherry. Ha composto musica per progetti di Greenpeace e del WWF, ha fatto cantare le balene, danzare gli indiani d’America, ci ha comunicato la sua fascinazione per l’Oriente. Ma questa sua versatilità, questo andare dal minimalismo alla world music, dalle atmosfere primordiali alle tastiere collegate ai computer – tutta questa creatività diffratta ha un centro? Qualcosa intorno al quale ruota tutto?

Andrea Centazzo è autore di uno struggente poema musicale, un Requiem, sulle atrocità della guerra balcanica che ha sconvolto le coscienze europee nei primi anni Novanta. Registrato con la Youth Symphonic Orchestra, questo lavoro ha sonorità di musica sacra. Vi facciamo ascoltare il terzo brano, intitolato “Il viaggio dell’amore”.

Musica. Andrea Centazzo: Il viaggio dell’amore (da “A Bosnian Requiem”, 1994).

Cari ascoltatori, ci stiamo avviando alla conclusione della nostra chiacchierata con il musicista, percussionista, compositore, videomaker e performer Andrea Centazzo. Gli vogliamo chiedere, come ultima cosa, quali sono i luoghi della sua vita e della sua musica. Ad esempio, Bologna e Los Angeles, sono fonti di ispirazione, come l’Oriente? Abbiamo recentemente intervistato Giorgio Gaslini, uno dei maestri del jazz, il quale ci ha detto che compone preferibilmente nella sua casa sull’Appennino parmense, perché ci sono le condizioni di luce, tranquillità, serenità ideali. E per Andrea Centazzo, quali sono queste condizioni?

Grazie Andrea. Purtroppo non abbiamo spazio sufficiente per trasmettere tutti i brani che avremmo voluto far sentire ai nostri ascoltatori. Ci congediamo con un pezzo che a noi piace moltissimo: una musica per la danza, precisamente per la messa in scena di un balletto creato da Alberto Martini, un anticipatore del surrealismo, negli anni 1919-20. A tutti voi ricordiamo che per entrate in contatto con l’universo sonoro di Andrea Centazzo potete collegarvi al suo sito www.andreacentazzo.com e ascoltarne le musiche su www.ictusrecords.com.

Musica. Andrea Centazzo: Grande danza delle statue di cera – Preludio (da “Il cuore di cera”, 2001).

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