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2 Luglio 2015 | Racconti d'autore

Cade giusto una piuma

Poesie di Catia Magni tratte dal libro omonimo (Ro Ferrarese, Book Editore, 2015)

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Alessia Del Bianco

Nella sua più recente raccolta di versi, l’artista e poetessa parmense Catia Magni gioca e inventa con ironia, consapevole che “leggerezza contiene lèggere, / la leggerezza legge e conosce, / la leggerezza sa”.

1

Ancora la stessa scena
davanti, le pagine.
Le prime pagine,
sempre quelle che
aprivano il libro.
Lo chiudevano.
Dall’ombra sbagliata
sul foglio, rifletteva
come uno specchio
un particolare del libro,
solo una riga era appena visibile,
una sorta di isola,
parte di un paesaggio
smentito, dalla distanza?
O inventato del tutto?

2

Oggi ho il male dei mobili.
Sono tutti insieme,
sono terribili.
Lasciano insieme l’umore
di ore e di scene.
Se un mobile ciocca o
butta il suo odore,
il dolore trasale.
Sembrava sparita la nostalgia
delle cose, ma quelle
al risveglio si davan da fare.
Procedevano a illuminare
le scene
del primo cassetto aperto a metà.

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7

Comunque è importante
assimilare
una tecnica…
È l’arte che viaggia
sul respiro:
una brezza che appena ti sposta.
– Di là dalle idee
di là dal giusto e l’ingiusto,
c’è un posto.
Incontriamoci lí.

Impossibile mancare.

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9

Madame cantava e camminava.
Attraversava la via, piano
rattrappita
con la testa, con il braccio.
A vederla non si capiva
ma lei
stava proprio cantando.
– Ogni telefonata, una nuova canzone…
La vita è questo, anche.
Nei racconti, nei film,
la stravaganza colpisce
appena un momento
poi piú.
Ha un suo effetto speciale:
salva dalla paura. La paura
di produrre un attimo inutile
e per sempre. –
Cosí cantava…
Non era un film e nemmeno un
racconto, nemmeno una storia…
Era una canzone cantante
che attraversava la strada.

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13

Il quaderno aperto in quel punto,
una pagina
appena ancorata.
– Indovini, mia cara, quale posta
sarà ritirata? –
Dal cassetto di un mobile,
un mobile immobile,
uno spazio geografico e
una curva segnata da un cerchio
non “dice” l’inizio:
i lati di zero.
E sopra. Lí sopra
cade giusto una piuma.

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25

Come è nata la tua perla
rotonda?
Pare, inizi cosí…
Un granello. Forse
di sabbia.
E intorno l’ostrica
comincia il lavoro,
calcio, per cacciare e distruggere
questo granello, per costruire
mattoni di strati:
il risultato non è simile
a un muro.
È un centro. Un punto.
Come l’inizio di tutto
a forma di zero.

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45

Chinarsi vuol dire scendere e guardare
piú giú,
sentire un cambiamento
di gravità,
la testa pesante. Ributtarla
è un’azione che parla
del sangue, della fatica
di spingersi in alto. Della gravità.
È grave la gravità.
– È grave forse essere costretti dal suolo? –
C’è un modo per misurarsi,
proporzionale alla leggerezza:
buttarsi seguendo il proprio peso.

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47

È come un risveglio.
Esporsi a guardare.
– Quanti suoni prodotti da questi
pensieri.
Dalle annotazioni incomplete,
dai segni aderenti alle cose,
alle parole
private della propria materia. –

Come un risveglio esporti a guardare.

Nel suo quaderno risultava impossibile
chiarire le premesse di certe azioni
rimaste a metà.
Riprendeva per questo
quei momenti di un sogno
che a pezzi ricordava
il sogno di una sera
che non sapeva scordare.

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57

– Si arriverà a vederli presto
i posti, a percorrerli anche a piedi.
Si scontreranno gli spazi, le architetture,
i cieli, i paesaggi con le strade mosse
o regolari,
con quanto si è capaci di anticipare
o immaginare
prima ancora di arrivare. –
Ogni visione è piú un distacco
che un approdo.

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86

Le azioni dicono bene tutto il percorso,
i passi ascoltano i piedi, dove vogliono andare,
intere sequenze di un ordine.
E la sedia?
Non vuoi sapere della sua posa?
È lei il soggetto illuminato ad ogni
sguardo.
Sguardo distante. Sguardo di dopo. Lo sguardo.
Il luogo migliore a cui ritornare.

87

Andare,
scontrare, toccare e scoprire,
sentire durante le parole.
E vedere. Finalmente vedere
il posto che si sono cercate.
– Conclude con l’acqua anche
il subbuglio e mescola insieme
le scene:
un film serpeggiante
tra le cose di casa. –

 

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