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7 Aprile 2016 | Racconti d'autore

Dall’isola felice

Poesie di Maria Gervasio tratte dal libro omonimo (Bologna, Bohumil edizioni, 2016)

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Alessia Del Bianco

Il viaggio da Bologna alla Sardegna, il tempo trascorso abitando sull’isola, la scoperta di un mondo fatto di persone, cose, luoghi e cieli diversi. La nuova raccolta poetica di Maria Gervasio, dedicata a Roberto Roversi, fa parte delle pubblicazioni con cui la casa editrice Bohumil festeggia dieci anni.

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Fertilia

Tre mesi per Fertilia

[…]

Poi maggio
nel profumo del mirto e del lentisco fioriti ai bordi degli ovili
accanto ai nidi di mitragliatrice sparsi qua e là in mezzo ai campi o in riva al mare
come elmetti di soldati caduti sepolti piantati nella terra

arrivarci alla terra
dal mare
con un piede sul bordo della prua pronto a sbarcare
le nubi dense come glorie del mattino
in queste isole incantate

nessun confine soltanto orizzonti

è così lo sai le giornate
michelangiolescamente guardano le notti
le albe guardano i tramonti
e si può cominciare da dove si vuole
non so se vi sia un inizio
se non del tutto occasionale
ma non può esservi una conclusione
non potrebbe essere altrimenti
solo pensavo se dovessi cominciare oggi
in qualche ordine comincerei
ricomincerei dall’ultima alba di un aprile

si alza la nebbia dai monti si stacca
da terra sale il cielo coperto in fila
le acacie saline gli eucalipti alti ai lati dello sterrato

che dire di fronte a questa meraviglia
a questi spazi immacolati e immensi
senza emozioni non so cosa pensare

la realtà mi è nemica scrivi
ma non è il tempo
non il mio numero che non risponde

un sasso ha la forma del tuo cuore
senza punte arrotondato in alto
dicono che non fa male
ma non lo so io poi che cosa ti hanno fatto

ruscella quell’acqua caduta stanotte abbondante
come un fiume scorre la strada bagnata di fango e sassi
e polvere se in estate il sole l’asciuga e la brucia

le pecore hanno addosso ancora la lana dell’inverno
lunga arricciata sporca
mi dici ti porterò a ballare
troverò una macchina stasera e ti porterò a ballare

il rumore del mare
a volte così forte e assordante e non tace
le onde infrante con violenza nelle spaccature delle rupi
alzo la voce per dirti
alzo la voce
per
dirti

di questa miseria
di questo vuoto
in cui quasi nulla è libertà
e mi sveglio alla fine a due passi dalla riva
ti vedo e mi sorridi

oltre gli ulivi il profumo delle zagare d’arancio
non serve un portico più grande
se dopo il mezzogiorno l’ombra già abbandona l’aia
se il vento di maestrale o di scirocco soffia incessante e non dà pace
se sotto il pergolato d’uva c’è il fresco già a metà mattino

la fretta è una peste dicono qui
lascia sempre affamati
pianti un albero e ti fermi ad aspettare che cresca
fai una domanda e ti fermi aspettando una risposta
ci si ferma
in attesa
intanto si alza il vento della sera

da parma a modena a bologna
il respiro della pianura
l’automobile corre lungo l’autostrada
l’attenzione indirizzata al cuore senza mai distrarsi

che non si lascia la città che non si va via lui dice
si resta e si combatte tra i palazzi e dietro i muri
sono musica le voci della strada il traffico inquinato
il rumore delle ruspe nei cantieri aperti
li lascio e ogni volta poi ritorno

——————————————

Li ho visti volare

[…]

sono giorni di luna crescente
il tempo non cambierà finché non sarà piena
così dice la gente
che arriverà il maestrale a raffreddare l’acqua
a pulire il mare per la pesca
a farci finalmente respirare

giorno e notte da qui si vede il mondo
uno spettacolo magnifico che incanta
qui resistiamo al tempo che si fa presenza

[…]

li ho visti volare
e morire
le teste spaccate contro il muro bianco
non vedevo niente e li guardavo
non capivo
ma ora dobbiamo riposare
dobbiamo dimenticare

è vento di nord-ovest è maestrale
a volte dura cinque giorni
poi si calma
raffredda e ripulisce il mare
allontana un po’ alla volta
la scia schiumosa d’alghe e di scirocco

fra rosmarino e mirto sbatte
e schizza l’onda sugli scogli
profuma di sale in questi giorni l’aria
in mareggiate e pioggia
che è più facile al mattino
restare qui e aprire gli occhi
la luce non acceca
ma fa chiaro e frizza l’aria
allora mi copro e mi addormento
un sonno diurno finalmente calmo
mi sveglieranno dopo i bambini per giocare

[…]

Sono arrivate tre navi da lontano
i nomi dipinti sugli scafi le bandiere alzate
sono navi mercantili
e sostano al riparo della rada
il mare non è buono c’è tempesta

col buio a notte accendono le luci
riflettono sull’acqua che risplende
restiamo qui a guardarle nel silenzio

[…]

ci prende il vento
siamo legno
siamo corda e tela per lasciare terra
il mare adesso è grande e fa paura

le vele hanno colore d’alberi marrone
ma da lontano sembrano essere nere
come la nave di telemaco era nera

[…]

ci allontaniamo dall’isola
attraverseremo il tirreno
torneremo alla nostra casa di pianura
in tempo per l’eclissi di settembre

è una nave grande questa
le ciminiere fumano e suona la sirena
ma il mare è grosso e non arriveremo all’alba
il capitano cambierà la rotta
ci vorrà tempo
ci dovremo ancora sdraiare
chiudere gli occhi, aspettare

visto da terra il mare non fa così paura
lo scafo ondeggia e noi restiamo fermi
sospesi nei sussulti del beccheggio
quasi a spezzarsi la chiglia
e poi a ricomporsi

[…]

Sbarchiamo alla metà del giorno
il cielo è spento e l’acqua è scura
lasciamo il mare
è terra vera questa
la città grande
le auto in fila
il monte

resta da ricomporre tutto
e poi da ripensare

torniamo alla nostra casa di pianura
dove alle due di notte sembrerà mattina
arriveranno poi giornate lunghe
e pioggia da pestare sopra i marciapiedi
ci mancherà lo sguardo al cielo di fertilia
e quel maestoso mare che trascina

guidiamo piano per tardare ancora

 

Brano corrente

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