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18 Dicembre 2012 | Archivio / Protagonisti

Felice Pedroni (parte seconda)

La storia del modenese che scoprì l’oro in Alaska, tratta da “Felice Pedroni alias Felix Pedro” di Claudio Busi

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

18 dicembre 2012

L’editore Pendragon di Bologna ha pubblicato il libro di Claudio Busi “Felice Pedroni alias Felix Pedro. Un italiano alla scoperta dell’oro dell’Alaska”, di cui vi leggiamo alcune pagine: le pagine che raccontano “il grande giorno”, quel martedì 22 luglio 1902 incui un emigrato dell’Appennino modenese, sbarcato a New York nel 1881 con pochi spiccioli in tasca e negli occhi il richiamo delle pepite del Far West, scoprì un filone d’oro in Alaska, il mitico Lost Creek, dando origine all’insediamento che sarebbe poi diventato, grazia al Gold Rush – la corsa all’oro – la seconda città dell’Alaska. E’ questa la prima biografia ufficiale di Felix Pedro, un protagonista dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti.

Il grande giorno

Tutti i resoconti sono concordi nell’attribuire a Felice Pedroni la paternità del primo ritrovamento che decretò la fondazione di Fairbanks. È riportato anche costantemente, sia negli articoli di giornale sia nelle narrazioni dei testimoni oculari, che egli volle registrare a nome dei suoi amici assenti in quel momento parecchie delle concessioni picchettate. Questo dimostra come fosse suo desiderio che tutti coloro che lo avevano aiutato nei lunghi e infruttuosi anni di ricerca avessero la loro parte di guadagno.

Così, per quanto riguarda il Pedro Creek, Felice tenne per séla Discovery Claim; Tom Gilmore ebbe la n.2 avalle della Disco­very Claim; i Dalla Costa la n.2 amonte della Discovery Claim (che tra l’altro si rivelò essere una delle più ricche, restituendo fino a quindici centesimi di dollaro a padella setacciata); Joe “Portuguese” Miller la n.1 amonte, Stefano Albasini la n.9 avalle, e così via. Per quanto riguardava Auguste Hanot, il suo primo finanziatore, Felice aveva altre idee su come ricompensarlo, come vedremo più avanti.

Nel frattempo, il 19 luglio a St Michael il giudice Wickersham incontrò di nuovo Barnette, mentre questi sorvegliava il completa­mento della sua nuova nave a vapore, che aveva battezzato Isabelle in onore della moglie. I due rinnovarono l’impegno che avevano preso l’anno precedente e si salutarono fiduciosi’.

A fine agosto, grazie ad una navigazione tranquilla sullo Yukon e sul Tanana, l’Isahelle condusse Barnette e signora verso il loro de­posito commerciale. Il capitano cercò subito di risalire il Chena, nel tentativo di coronare il suo vecchio progetto di arrivare fino a Tanana Crossing. Ma, esattamente come l’anno precedente, il livello dell’ac­qua nei fiumi era sconsolatamente basso. Anche il suo pilota, Edward Thompson, manifestava di continuo il dubbio di poter proseguire per molto in simili condizioni. I12 settembre, l’imbarcazione raggiun­se il punto di attracco dell’anno prima. Qui Barnette diede l’ordine di doppiarlo e proseguire a risalire il Chena, ma dopo sole quattro miglia Thompson comunicò che avevano colpito un banco di sabbia e che c’era il pericolo di incagliarsi, per cui dovettero retrocedere.

Il sogno di raggiungere Tanana Crossing e di fondare là il suo emporio si stava inesorabilmente sgretolando. Ma, una volta sceso a terra, una sorpresa attendeva Barnette: Frank Cleary lo mise al corrente delle novità riguardanti l’oro.

All’improvviso, nella mente di Barnette si aprì uno scenario del tutto nuovo. Se c’era oro poteva significare che presto sarebbe arrivata tanta gente. Persone che dovevano mangiare e rifornirsi di tutto, con la prospettiva di spendere una montagna di dollari, e lui avrebbe potuto dare una bella spinta affinché le cose si avvias­sero in quella direzione.

Da quel momento smise di pensare a Tanana Crossing e decise che avrebbe definitivamente fondato la sua stazione commerciale proprio dove si trovava la sede provvisoria. Ben presto, il solerte capitano spe­dì sulle colline tutti gli uomini disponibili, a picchettare quante più concessioni possibili. Il suo unico desiderio era quello di allungare la sua avida mano su tutto quello che poteva rendere denaro.

In quei giorni Barnette decise che era giunto il momento di concretizzare il piano concordato col giudice Wickersham, per cui organizzò abilmente una riunione fra i principali rappresentanti della comunità di cercatori d’oro dei torrenti.

L’8 (o forse il 10) settembre 1902, sul Pedro Creek, nell’accam­pamento di Felice Pedroni vi fu il primo di una serie di incontri che portarono all’atto di fondazione di un nuovo distretto minera­rio e una nuova città.

I presenti all’incontro erano diciassette: Felix Pedro, Elbridge Barnette, Giovanni Dalla Costa, Tom Gilmore, Billy Smallwood, Jesse Noble, Herb Wilson, Ed Becker, Dan McCarty senior, Dan Me­Carty junior, Harry Atwood, Matt Mehan, Otto Nielsen, Elmer Ale­xander “Whitehorse” Smith, Tom Larsen, Frank Cleary e Al Hilty7.

I cercatori elessero Felix Pedro presidente della riunione e Bar­nette, sollevando il problema che si doveva andare sempre a Cir­cle City per registrare ogni singola concessione mineraria, propo­se all’assemblea di eleggere se stesso come ufficiale temporaneo del registro del nuovo distretto. Questo incarico avrebbe facilitato l’inoltro di una petizione al commissario governativo, Charles Ethelbert Claypool, di stanza a Circle City, affinché fosse istituito un nuovo ufficio del registro nel distretto minerario appena fon­dato. In seguito l’iniziativa ebbe successo, Claypool inviò un suo incaricato, Tod Cowles, con funzioni di vicecommissario.

Nella suddetta riunione, Barnette propose di dare al nuovo in­sediamento il nome “Fairbanks”, accogliendo il suggerimento del giudice Wickersham riguardo ai possibili vantaggi politici di una simile scelta. L’assemblea approvò ogni cosa e quella sera segnò l’inizio di una nuova era.

L’astuto capitano architettò anche un’azione diabolica che mancò poco gli si rivoltasse contro con risultati disastrosi. Desiderando avviare in grande stile la sua attività commerciale, decise di dare una spinta al destino e forzare i tempi.

Fra i suoi uomini, come già detto, c’era il giapponese Jujiro Wada, ben noto fra Yukon e Alaska come grande conduttore di slitte, che servì ottimamente come elemento di pubblicità.

Barnette decise di inviare Wada su per lo Yukon affinché por­tasse in tutti i centri abitati, nelle roadhouse, nei vari insediamenti e a chiunque incontrasse, la notizia che a Fairbanks era stata fatta una grande scoperta, col preciso intento di scatenare una nuova corsa all’oro come quella del Klondike di cinque anni prima.

Per dare maggior credito alle parole del giapponese, Barnette preparò una mappa della zona con tutte le indicazioni per raggiungere il territorio.

Wada partì il 28 dicembre 1902 stimando di arrivare a Dawson City per la metà di gennaio del 1903. Egli contava anche di fare qual­che buon affare, poiché, oltre alle notizie sul nuovo giacimento auri­fero, portava un carico di pelli da vendere nella cittadina canadese.

Giunto a Dawson City non perse tempo: fece il giro dei principali saloon raccontando a tutti la sua storia. La notizia in un batter d’occhio si sparse per la città creando col passare del tempo una crescente eccitazione nel popolo dei minatori.

Per completare l’opera, Jujiro si recò nell’emporio della North American Transportation and Trading, l’ormai celebre NAT&T Co., per vendere le pelli che aveva con sé. Qui ebbe la ventura di incon­trare Casey Moran, giornalista dalla fervida immaginazione dello «Yukon Sun», uno dei principali quotidiani di Dawson City. Que­sti drizzò le orecchie e, fiutato un buono scoop per il suo giornale, prese ad interrogare Wada’.

Il 17 gennaio lo «Yukon Sun» uscì col titolo a tutta pagina: Rich Strike Made in the Tanana, “Ricca scoperta fatta nel Tanana”. L’ar­ticolo era arricchito con una rozza mappa disegnata da Jujiro e da una immagine del giapponese stesso ritratto su una sedia nell’atto di narrare il suo racconto. Il servizio esaltava i tesori nascosti nel Tanana:

Un ritrovamento immensamente ricco, le cui dimensioni non sono mai state eguagliate fin dai tempi della meravigliosa storia del Klondike, è stato fatto18 migliaa nord in un punto del fiume Tanana, a300 migliadalle sue sorgenti.

Il pezzo proseguiva descrivendo come il territorio circostan­te e la stazione commerciale del capitano Barnette assomiglias­sero al Klondike e, dopo aver magnificato a lungo sull’impor­tanza della scoperta, terminava con le parole profetiche di Jujiro Wada:

A sette mesi da oggi, tutti i battelli ora presenti sul corso infe­riore del fiume si precipiteranno sul Tanana, poiché in quel terri­torio c’è un secondo Klondike.

L’articolo provocò quasi una sommossa. Sebbene si fosse nel periodo più freddo dell’anno, con una temperatura di circa trenta gradi sotto zero, una gran quantità di minatori, eccitati dal mirag­gio dell’oro, si prepararono a lasciare le calde abitazioni di Daw­son per le gelate solitudini della valle del Tanana.

Costoro si ritrovarono sulla pista per Fairbanks in compagnia di diversi cercatori provenienti dagli altri centri abitati dello Yu kon. Gli uomini sciamavano da Rampart, Circle City, Eagle, Forty Mile e da insediamenti minori, tutti diretti a ovest.

La febbre dell’oro colpiva gli uomini sempre alla stessa manie­ra. Come era già avvenuto decine di volte, anche in questo caso si vide gente di tutte le estrazioni e ceti sociali avventurarsi sulla pista con ogni mezzo. Cani, cavalli, muli, asini, slitte, grossi pac­chi pieni di provviste e uomini in marcia con enormi carichi sulle spalle, tutti diretti in una regione di cui a malapena conoscevano l’esistenza. Senza sapere esattamente dove fosse il luogo della sco­perta, quando vi sarebbero giunti e che cosa avrebbero trovato al loro arrivo. Ma con l’incrollabile fede che stavolta avrebbero affer­rato al volo la fortuna e con essa la ricchezza.

I risultati di una simile follia non tardarono a farsi sentire. Molti residenti di Dawson City e dintorni, invece che scegliere la pista di Circle City, più lunga ma relativamente sicura, cercaro­no di percorrere una scorciatoia che in teoria avrebbe diminuito di parecchio il tragitto. Questa prevedeva l’attraversamento del­la regione del fiume Goodpasture, a sud di Fairbanks, e in pochi giorni avrebbe condotto al Tanana. Ma in realtà non c’era alcuna pista che consentisse di attraversare con sicurezza il territorio del Goodpasture; c’era solo una serie infinita di colline, dossi, valli, crinali e foreste. Con questa scelta essi si inoltrarono in territori dove non c’era assolutamente nulla, né sentieri, né punti di risto­ro, nessuna roadhouse e tantomeno un posto in cui rifornirsi.

Nel pieno dell’inverno, arrischiarsi in quel tragitto equivaleva a un tentativo di suicidio. Coloro che percorsero quella via, dopo essere stati costretti a subire fame, fatica e ogni sorta di privazioni, furono obbligati ad abbandonare l’impresa e a tornare indietro, salvando la pelle a discapito dei propri cani, che furono abbattuti e mangiati.

In un simile scenario, frotte di cercatori se ne tornarono forza­tamente a Dawson City, dove giunsero dopo diversi giorni stan­chi, abbrutiti, delusi e molto, molto arrabbiati. Le autorità presto si resero conto che un numero incalcolabile di persone avrebbe rischiato tutto, anche la vita, nel proseguire in quella maniera’.

Brano corrente

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