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9 Marzo 2019 | Mostre

FORMIGGINI, L’ AVVENTURA DI UN EDITORE

Alla Galleria Estense di Modena la storia di un intellettuale che si tolse la vita a causa delle leggi razziali

A cura di Carlo Tovoli

Cari ascoltatori,

ritorniamo alla Galleria Estense di Modena anche per ridere ma, soprattutto, per pensare e riflettere in compagnia Angelo Fortunato Formiggini, una delle figure più interessanti del panorama editoriale italiano del primo Novecento. Erede di una delle più antiche famiglie ebraiche del modenese, nasce nel 1878 a Collegara, nelle campagne intorno a Modena. Studi a Modena, Roma e a Bologna, dove nel 1907 consegue la laurea in filosofia con una tesi sulla “filosofia del ridere”, con la quale inaugura una riflessione teorica sull’umorismo e sul riso che lo accompagnerà per tutta la vita. L’anno dopo, siamo nel 1908, nasce la sua Casa Editrice e, per lanciarla, dà sfogo a tutto il suo spirito burlesco con un evento goliardico: la Festa Mùtino-Bononiense che organizza a Fossalta il 31 maggio di quell’anno. Si celebra con ilarità la pace tra modenesi e bolognesi a distanza di oltre 650 anni dalla battaglia che vide le truppe imperiali capeggiate da Re Enzo affrontare le armate bolognesi, pubblicando due opere dedicate ad Alessandro Tassoni, l’autore de “la Secchia rapita”. Tra gli ospiti le più alte personalità del mondo letterario di allora, da Giovanni Pascoli a Olindo Guerrini.

La casa editrice si trasferisce a Genova, nel 1911, dove arriva a pubblicare fino a 46 titoli nel 1913, e poi a Roma. Convinto interventista, Formiggini parte per il fronte allo scoppio della prima guerra mondiale. Pensate che durante un congedo fa inviare ai commilitoni ben quattordici casse di libri e con una “lettera ai combattenti” insiste sulla necessità di costituire biblioteche da campo  perché solo i libri e la cultura porteranno a un Europa più civile e fraterna. “Il riso è la vita! – scrive – siate certi che vincerà il popolo più gaio!”. Lui ne è davvero convinto. Del resto la sua collana “i classici del ridere” stava raccogliendo un buon successo editoriale. Fonda anche una rivista “L’Italia che scrive”, che ebbe uno straordinario successo di pubblico, tanto da portare alla costituzione, accanto ad essa, di un Istituto per la propaganda della cultura Italiana, denominato Fondazione Leonardo.

Proprio da questa fortunata esperienza prendono avvio le disgrazie di Formiggini. Mussolini prende il potere. Formiggini vede in lui una speranza per l’Italia, anche se detesta i gerarchi e gli uomini di apparato. Tra cui il ministro dell’Istruzione del governo fascista, il filosofo Giovanni Gentile, che lo estromette senza troppi scrupoli dalla rivista che aveva fondato, capendone l’importanza come strumento di propaganda per il regime. La casa Editrice cerca comunque di compiacere Mussolini raccogliendo e pubblicando le “battaglie giornalistiche” condotte dal duce sulla carta stampata. Ma non trascura nella sua produzione editoriale opere dedicate ad antifascisti quali Luigi Sturzo, Giovanni Amendola o Filippo Turati. Ma l’annus horribilis sta per arrivare. Siamo nel 1938, l’anno delle leggi razziali. Il regime vuole sapere quanti ebrei lavorano in casa editrice. Lui si dichiara “non ariano”, ma estraneo al culto, e chiede di essere “discriminato”, ovvero esentato dall’applicazione delle legge antiebraica, come già fece il governo papale – scrive nella nota  al Ministero dell’interno – con i suoi antenati,  gioiellieri della Corte Estense. Scrive anche al Ministero della Guerra per fare valere i suoi meriti al servizio della Patria durante la guerra. Tutto è invano. “Duce – scrive- non è pieno Medioevo questo in cui ci hai precipitati? Salva la patria dal maleficio se non vuoi che tutto crolli. Cesare ti credi d’essere, ma sei soltanto un Bruto”.

La decisione è presa. Il 29 novembre sale sulla torre della cattedrale di Modena, la Ghirlandina, da cui si getta, pieni di soldi le tasche, perché nessuno deve pensare che il gesto sia dovuto alle difficoltà economiche che stava attraversando. Nel testamento lascia i suoi archivi alla biblioteca Estense, che, nel silenzio totale, li acquisisce. C’è anche la sua “Casa del ridere”, così la chiamava, ovvero la sua raccolta di testi sul riso e l’umorismo, il suo tempio per salvare l’umanità da quell’orrore denunciato attraverso il gesto estremo. La mostra è aperta fino al 30 giugno .

Tutte le informazioni sul sito www.gallerie-estensi.beniculturali.it

Un saluto da Carlo Tovoli

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