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9 Giugno 2015 | Archivio / Protagonisti

Gregorio Ricci Curbastro: il matematico a cui Einstein disse grazie

Novant’anni fa se ne andava, in silenzio, l’uomo che, con il suo metodo di calcolo, spianò la strada alla teoria della relatività.

A cura di Vittorio Ferorelli

Care amiche e cari amici di RadioEmiliaRomagna, il protagonista di oggi è un matematico romagnolo che seppe aspettare con pazienza il suo momento di gloria, e, una volta giunto quel momento, continuò come se niente fosse.

Nato a Lugo nel 1853 da una famiglia nobile, Gregorio Ricci Curbastro cresce in un ambiente in cui la scienza è di casa: il padre e il nonno paterno sono ingegneri, il nonno materno insegna idrometria, la disciplina che si occupa di misurare i fluidi. Dopo gli studi universitari a Roma e Bologna, nel 1875 Gregorio si laurea in scienze fisiche e matematiche alla Normale di Pisa. Vive per un anno a Monaco di Baviera, dove frequenta i corsi di Felix Klein; quindi, a soli 26 anni, viene nominato professore di Fisica matematica all’Università di Padova.

Sei anni dopo, sposa la compagna della sua vita, Bianca Bianchi Azzarani, con cui metterà al mondo tre figli. Quel 1884, visto dal futuro, si rivelerà un anno fondamentale anche sul piano scientifico. È in questo periodo, infatti, che Ricci Curbastro, mettendo a frutto le sue conoscenze geometriche, comincia a elaborare un nuovo metodo di calcolo.

Esaminando con attenzione le espressioni matematiche utilizzate da discipline che l’accademia considerava separate – come la Geometria, la Fisica e l’Analisi – lo scienziato romagnolo si accorge che queste formule mostrano dei legami evidenti. Si pone quindi un obiettivo: mettere a punto un metodo comune, rigoroso ma altrettanto condivisibile da un fisico come da un matematico. Sedici anni dopo, nel 1900, questo metodo verrà presentato alla comunità scientifica e avrà un nome bello tosto: “calcolo differenziale assoluto”.

Riservato, sobrio, di poche parole, il professor Ricci Curbastro non è tipo da buttarsi in competizioni, ma, consapevole della portata del suo metodo, decide di concorrere, per la seconda volta, al “Premio Reale per la Matematica” messo in palio nel 1901 dalla prestigiosa Accademia dei Lincei. A interessarlo non è tanto la gloria, quanto la possibilità di far conoscere la sua ricerca. Ma, secondo la commissione giudicatrice, per quanto utile, questa ricerca non ha nulla di eccezionale, nulla che possa valere il premio.

Negli anni successivi il matematico romagnolo si impegna, oltre che negli studi, anche nella vita pubblica, assumendo cariche all’interno del Comune di Lugo e di Padova. Ma nel frattempo succede qualcosa di imprevisto. Nell’estate del 1912, in Germania, un giovane fisico è alla spasmodica ricerca di un sistema per tradurre in formule matematiche la sua intuizione apparentemente folle: che lo spazio non è un vuoto inerte, come si credeva, ma qualcosa di dinamico, che si muove e si incurva. Un collega gli indica il metodo di Ricci Curbastro e da quel momento il giovane fisico, che si chiama Albert Einstein, procede spedito verso la formula della relatività generale.

Il 27 ottobre 1921, nell’affollatissima Aula magna dell’Università di Padova, Gregorio e Albert si stringono la mano: il bizzarro scienziato tedesco ringrazia il compassato scienziato italiano, riconoscendo pubblicamente il suo debito verso di lui. Pur essendo diventato un matematico conosciuto e ammirato in tutto il mondo, Ricci Curbastro si manterrà in disparte, restando lo stesso uomo riservato di sempre. Muore a Bologna il 6 agosto 1925, dopo aver raccomandato che il suo funerale sia fatto senza fanfare e che la sua vita sia riassunta in una riga: “Fu per anni professore di Matematica”.

[Per le informazioni si ringraziano lo scrittore Fabio Toscano e Monica Panetto, redattrice de “Il Bo. Il giornale dell’Università degli Studi di Padova”]

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