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14 Settembre 2017 | Racconti d'autore

La luna lo sa

Poesie di Edvige Campadelli tratte dal libro omonimo (Ro Ferrarese, Book Editore, 2017)

A cura di Vittorio Ferorelli

Insegnante di francese e pittrice, Edvige Campadelli ha scritto otto raccolte di poesie. Spentasi a Bologna nel 2016, a 79 anni, non ha fatto in tempo a vedere stampata l’ultima, da cui vi leggiamo alcuni frammenti.

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Ha il suo codice il tempo
per esprimersi nell’universo
e mai commette errori.

M’immergo nei suoi pori
stringendomi forte al cielo
ai tanti anni scampati
di una vita.
La mia.

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Da quale ceppo vengo?
Misterioso intarsio
di amori inappagati.
Somiglio allo sgomento
di un toro imbalsamato.

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Bocca contro bocca
mano nella mano
occhi dentro occhi
sguardo sensuale.
In amore
mai
sapersi accontentare.

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Qualche volta
dimentico i sogni
ma spesso mi prendono
alle spalle
come i ricordi dei lunghi
anni vissuti.

Comete inesauribili
non producono frutti
ma misteriose lontananze.

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Addio isola dei marosi
dove, giovinetta,
immersi i sogni d’oro
e tra gli ulivi
mi specchiai in occhi di gatto.
Dove una grande luna
illuminava il cammino
e mare e cielo s’incarnavano
in un solo amore.

Lontano ti ho lasciata
alla mercé delle meduse
e dell’oblio.

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Vigile, attonita
in lotta col cielo
una stella mattutina
agita le ali
prima di morire.

Poi s’inabissa nella luce.

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Sono finiti
i costosi regali
le lettere ardenti
i tuoi melograni.

È svanita
l’ardua passione
per anni condivisa
e forse hai sepolto
luoghi, promesse, parole.

Era un duello
ma piano piano
hai ritirato il guanto
tradito l’attesa
magari con un bacio finale.

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Quando la vita è al bivio
non basta prendersi per mano.
Occorre il coraggio
di una richiesta mirata
la speranza dell’unico ancoraggio.

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Cerco la luna
nascosta fra le nuvole d’Ottobre.
Aspetto il sonno
un domani più lieve
nonostante i lutti
il tribunale interiore
l’oblio di persone
sotto altri cieli.

Camminiamo
tra violenze, calamità
pesi che ci uccidono
senza morire.

Questo la luna lo sa
e si nasconde per non vedere.

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I vecchi non vivono
semplicemente sono
grumi d’amori perduti
passano invisibili
tra la folla cieca.

Hanno scoperto
l’umiltà del cuore
dopo essere stati
troppo umani.

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Spinge alla finestra
del dolore
l’antica paura.
Getta sale nella testa
e prosciuga ogni attesa.

È allora che la voce
del poeta del Signore
prende la parola:
l’amore crea
il resto è niente.

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È questo il ritorno?
pensai, pregando.

E in quella domanda
ho compreso il mondo.

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Musiche tratte dalla raccolta “Human being – Filippo Cosentino trio feat. Michael Rosen” (Emme Produzioni Musicali, 2013)
 

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