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1 Dicembre 2016 | Racconti d'autore

La terza luna

Poesie di Cristina Laghi tratte dai volumi “Maschera inquieta” e “Nei pomeriggi d’amore” (Cesena, Società editrice “Il Ponte Vecchio”, 2008 e 2011)

A cura di Vittorio Ferorelli

Cristina Laghi, nata a Faenza nel 1979, insegnante di lettere, ha raccolto le sue poesie in diversi libri, tra cui i due che abbiamo scelto, dove i suoi testi sono affiancati dalle fotografie di Andrea Drei.

[da Maschera inquieta]

[“Anime di terra. Poesie ispirate alle sculture di Carlo Zoli”]

Lancillotto

scivoli senza sella ma armato
sul tuo cavallo prepotente
che ruggisce inquieto attraverso il tempo
il tuo cuore Lancillotto
è scorticato dalla morte che infliggi in battaglia
e che schivi ogni giorno
col terrore che la tua lancia ispira
e col sentimento
per una donna che non avrai mai
se non di nascosto
come un ladro
sotto le lenzuola del tuo re
dimmi come fai a sopportare l’incertezza
e la solitudine del tuo percorso
se l’immortalità ti è bastata o non è cambiato niente
eroe di pietra e di immense passioni
violento e spietato col nemico
ti prego
dimmi che non lo sei con te stesso
e che ti perdoni
dammi una speranza
dalla tua raggiante foggia di bronzo
restando il guerriero che sei
disobbediente al cielo
e alle leggi grigie di un mondo
che ancora ami

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Il giocoliere

il mio mondo è di cristallo
d’ogni vento riflette i roghi
si consuma
nella luce
di un giorno artificiale
si nutre
di speranza
quando il sole si nasconde
al firmamento rubo stelle
le indosso col cinismo
di chi ha avuto
troppa vita
io non temo
quel che cambia
ai cerchi
non ci credo
ma li vendo come sogni
so che il cielo
non esiste
se nessuno sta a guardare
m’accontento
e spargo incanti
agli annoiati
se gli infedeli meraviglia
l’artificio mi commuove

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La dama del cerchio

m’incanto
a guardare certe mattine nitide di sole
quando una luce gialla colora l’aria
e le cime si confondono nella foschia
ascesa con lentezza
rivelando appena i contorni
negli squarci aperti dai raggi
io assisto silenziosa nel mio cerchio
sono convinta che non basterà
questa vita soltanto
ai miei impeti
però mi consola il mio sentire
con la sua violenza di speranza
sfregiata veste di fuoco
arrotolata sulla mia pelle
fino al centro della terra
in effetti
il mondo è un po’ scarso
al confronto coi sogni

————————-

Maternità
a mia madre

incerta e assente
cammini nella veste stretta
lieta di un nido disfatto
ti decori d’oro
e di smottamenti lievi
reggendoti appena sull’orlo
di un abito barocco
il mio
fatto di pasticci
stonato e incostante
mamma
sono libera come il vento
mi vedrai correre
ed affannarmi lontano
ma tu per me sei la terra
l’abbondanza e il calore
la speranza
metà di un cielo troppo grande
per chi ancora si meraviglia
di una sola stella

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[da Nei pomeriggi d’amore]

Gilberto

fuggirò quest’ombra un giorno
quando sarò tanto alto
da disperdere le nubi
le mie mani costruiranno grattacieli
dove riposare
le mie fatiche
la bocca canterà le melodie
degli acquitrini
dove concertano le rane
sarò una cicala
in mezzo al grano
bruciato dal mese
in cui ho conosciuto il sole
siederò sul suo carro
e ne condurrò i cavalli
fino a sera
per regalarle nuove stelle
e attenuare
quel respiro
senza vento
che è come chiudere gli occhi
in un letto troppo grande
in una stanza tanto piena
senza finestre
dove l’eroe
compie l’impresa
avvinghiato
a un lembo di lenzuolo

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Risento ancora gli effetti

risento ancora gli effetti
dei miei peregrinaggi
personaggi
che popolavano la precedente vita
perseguivo un’essenza
che rinnegavo
e non capivo
accecata da ambizioni a volte alate
e metafisiche
altre reali e strascicanti
spesso livida
ferita da una luce che non riuscivo a guardare
nuotavo
alla deriva e ritorno
come una stella polare
che illuminava
l’emisfero australe
e sono ancora mutilata
anche se ancorata
a un’idea più sincera
ho meno difese
ma è difficile essere all’altezza
delle vanità connaturate
quando lo specchio
rimanda il riflesso
di una donna imperfetta
raccolta in un corpo
che è come la mappa
di tutti quegli anni
che mi hanno consumata
ma poi rinverdita
nel trionfo
di tutto l’amore
che nonostante tutto
sono riuscita a dare

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La terza luna
a erre

ti ho sentita stamattina
quando la prima luna è evaporata
nelle nebbie di dicembre
erano strisce color sangue
a riscaldare il mio soffitto
da oggi privo di luce artificiale
siamo anime in fiamme
sorelle nel vento di quotidiane tempeste
è troppo pallido un sole soltanto
nutriremo il cuore con l’argento
di una terza luna
costellata di scintille
violente e vere
per mantenere il candore
nell’amore
che alimenta e consuma
le piume di fenice
della nostra brama

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[“Ritorno a casa – anno 2010”]

IX

credo infine
nell’urlo del vento che frastaglia i sensi
e a quel tipo d’amore
così violento
da somigliare alle carezze di Natura
o Fortuna
il sole morirà ogni sera
anche dietro a creste di collina
ridenti

la mia fede torna incastonata
nelle pianure scivolate lungo il fiume
tra giunchiglie macchiate di bianco
e nebbie primaverili
reinventate
come un lucciola solitaria
nel buio stellato di campagna
senza lampioni
e senza luna

 

Brano corrente

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