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26 Maggio 2016 | Racconti d'autore

Terra del Sole, Firenze in Romagna

Testo tratto dal libro di Fabio Isman “Andare per le città ideali” (Bologna, il Mulino, 2016)

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Fulvio Redeghieri

Nella collana che il Mulino dedica agli itinerari d’autore, “Per ritrovare l’Italia”, il libro del giornalista e scrittore Fabio Isman racconta le città ideali, nate dall’immaginazione di uomini ambiziosi o ispirati. Come Terra del Sole, l’antica capitale della Romagna Toscana.

Terra del Sole era Eliopoli: c’è qualcosa di più ideale che un nome così? Otto chilometri da Forlì, nel comune di Castrocaro; un luogo nato poco dopo la metà del Cinquecento, dei più integri, singolari e sconosciuti nel nostro paese, di appena 400 per 300 metri. Ostenta ancora fortificazioni e mura; la residenza dei governatori, con le celle segrete per le torture; l’archivio criminale forse più completo al mondo, prodigo di notizie dal 1579 al 1772. Addirittura la prima traccia di afflizioni psicologiche che ci sia nota. E narra, soltanto a volerle conoscere, una storia urbanistica stupenda, e mille vicende di terribili esistenze, quanto mai precarie: sono la realtà di un luogo assolutamente privo di altri analoghi.

«Mastro Livio di Nunziata, con quattro manovali et due paia di buoi per tirare i legni delle forche», innalza due patiboli fuori da una delle due porte del borgo; il fabbro Rinaldo di Bernardo prepara «numero 88 caviglie et una catena con il suo collaro». Sono pagati Valerio Bessico, «che conficcò sulle forche la testa di Matteo di Taddeo, bandito», e Marchino di Giovanni («due cavezze che servirono ad appicchare Sabatina di Biagio di San Benedetto et Augusto di Piero Casaccia da Stia»); il boia Marchino era tenero di cuore, esaudiva l’estremo desiderio delle vittime: «Mezza libbra di confetti et un fiasco di vino per detti appicchati».
Questo e molto altro è scritto, ma anche disegnato, nei tomi dell’archivio a Terra del Sole; i boia venivano da fuori, pochi sapevano leggere: così, i resoconti degli aguzzini e dei processi sono figurati. La vicenda fa ancora tremare i polsi; ma il luogo è splendido. Intatte le mura: 2 chilometri di perimetro, alte 12 metri e mezzo. Due borghi simmetrici di case a schiera: lunghe 90 metri e alte 9, quanto sono ampie le strade. Sui quattro baluardi stellati, agli angoli della cinta, casematte sotterranee; e i castelli dei capitani «di piazza» e «delle artiglierie» a proteggere le porte. In piazza d’Armi, la chiesa di Santa Reparata è di fronte al governatorato. In cui sono, indenni, le celle segrete tutte graffite: altro prodigioso archivio, ancora da scoprire; la «stanza del tormento», e i primi esempi di già raffinate sevizie mentali.

L’edilizia è assolutamente toscana, in piena Romagna. La commissiona nel 1564 Cosimo I de’ Medici forse a Giovanni Camerini, e forse sulla base di un disegno di Domenico Mora; poi, la completano famosi architetti: Gerolamo Genga e Baldassarre Lanci (sue le mura di Siena). Per alcuni, c’è anche la mano di Bernardo Buontalenti, autore, tra l’altro, della Tribuna degli Uffizi: alla morte, possedeva ben dieci disegni della rocca, le cui planimetrie erano segretissime.
Il Palazzo dei governatori mostra gli stemmi di chi ricopriva l’ufficio: anche Luigi Guicciardini, fratello di Francesco, capitano e commissario, con l’incarico di riorganizzare la provincia. E contiene perfino sei celle nascoste o «criminali». Anguste, usci blindati alti un metro e 20, spesso senza finestre e comunque invisibili dall’esterno. A metà strada tra l’aula del giudizio e quella «del tormento», vi si accedeva da una scala a doppia elicoide: due spirali separate su tre piani, un metro e mezzo di larghezza; un senso unico che precorre i tempi, perché carcerati e carcerieri non s’incontrassero?
L’intera parete di fondo di una cella da cinque posti è monopolizzata da un paesaggio a sanguigna, forse Livorno; mare, navi, e una grande dicitura lo pervadono: «Ricorda»; perché, spesso, la condanna era di remare sulle galere. Invece, sulla volta a botte alta 2 metri e mezzo di un’altra, una grande croce nera con i simboli della tortura, mentre croci più piccole convergono verso la maggiore: impossibile escogitare un messaggio più intimidatorio. In un’altra ancora, un monito: «Non entrar qui per dir no ’l dirò, che tanto ’l dirai, voja tu o no». Chiaro, no? È forse la prima volta in cui ai detenuti si applicano simili – chiamiamole così – raffinatezze; quasi una Guantanamo, o un’Abu Ghraib in anticipo di secoli. Per incutere maggior timore nei processati, o assuefarli a rassegnarsi fin da subito all’inevitabile?

Terra del Sole non è soltanto un piacere assoluto per gli occhi, ma anche un’angoscia per la mente e il cuore. Le sue segrete sono palinsesti, purtroppo ancora da rilevare, studiare e far conoscere. In una, un lamento graffito: «La verità detta non volean la dicessi». Qualcuno è «messo in secreta per prova». Dappertutto nomi e date; il conto dei giorni di tortura che scorrono: quattro segmenti, e un quinto che li sbarra. La giustizia come deterrente sociale: basta leggersi i verbali dei processi.
«Legare nudo, lasciandogli soltanto i pantaloni, alla berlina o alla catena, e stia lì legato in modo che serva da esempio a tutti»; o «frustato pubblicamente e marchiato in fronte in giorno di mercato»; «legato alla fune un giorno, pubblicamente»; «andar sull’asino, con mitra e breve per ladri, con scopa»: un cappello in testa, editto sul corpo, e percosso nel viaggio; «tratti due di fune, perdita dell’archibuso, confiscazione de’ beni»; «confinati anni due, pena la galea non osservando»: chi ritorna, è spedito a remare.
Fino a un’anticipazione della sharia islamica: «Amputazione della mano sinistra»; e ad angherie ancora peggiori: «Dal luogo dove si pronunci sentenza a quello del suplizio, li si torturi con tenaglie roventi»; o «in perforazione lengua, tanagliato, impichato, squartato». I corpi dei condannati fatti a pezzi e appesi fuori porta, finché non cadano a terra e li divorino i cani; certi frati protestano: ma soltanto perché, essendo troppo vicino al convento fuori porta dove vengono appesi e ostentati gli «squarti», sottovento sono infastiditi dal fetore; il patibolo verrà infatti spostato.

Non erano tempi tranquilli: in dieci anni, Cosimo il Grande edifica altrettante fortezze; nel 1548, Cosmopoli, cioè Portoferraio, sull’isola d’Elba. Né tranquilli erano i dintorni: Terra del Sole era marca di confine; lo stato pontificio, appena oltre un fiumiciattolo; tanti banditi, imboscate e reati. È capoluogo della «Romagna fiorentina»: città militare, sede di corte d’appello fino alla Riforma leopoldina del 1786, la prima ad abolire la pena di morte. In oltre 1.500 filze, miriadi di pagine: archivio dei più prodigiosi. Processi, pagamenti, costituzioni e leggi: la cronaca e i costumi di due secoli e mezzo nella piccola comunità.
Il libro degli Statuti è deturpato da un’incredibile dedica, sfregio a futura memoria: «Addì 18 aprile 1923, donna Rachele Mussolini e il commendator Arnaldo Mussolini, rispettivamente consorte e fratello di Sua Eccellenza Benito Mussolini, duce della rinnovata Italia, visitarono questo Comune». La cui storia, anche successiva, è gustosa: nottetempo, nel 1925, una squadraccia della confinante Castrocaro porta via su un camion i mobili del sindaco e i sigilli. Mediatore della querelle si fa un vicino di casa per nascita: il cavalier Benito in persona. Così, sorge un comune unico, ma in ordine alfabetico; la nuova sede, a metà strada tra le rocche di Terra del Sole e dell’ormai più sviluppata Castrocaro. Come ancora oggi: Castrocaro è, forse, l’unica città il cui municipio, edificio razionalista del 1934, sta quasi in periferia.

La giustizia del grande Cosimo, nella sua «Città ideale», è scarsamente indagata; e non sono neppure decollati vari progetti. Uno, di Pier Luigi Cervellati, per un museo delle segrete, usando telecamere roteanti per mostrarle al pubblico, dato lo spazio, troppo esiguo; e un altro, di Adriano Prosperi, per un centro di ricerca e documentazione sulle carceri e la gestione della giustizia. Perché c’è molto da raccontare.
In ogni cella, il nome graffito di un Eschini: famiglia di insubordinati; e il conto delle giornate di patimenti. Il boia si muoveva a piè di lista: al «maestro Stefano Pozzi», 14 fiorini per l’andata, 39,4 per il ritorno a Firenze; 14 per aver eretto la forca per Lorenzo Papini da Galeata, 16 per lo squarto, 21 per «l’attacchatura e la conficcatura»; 25 per l’aiutante; più «vitto, mercede, cavalcatura, biada, stallaggi»; perfino i costi del sopralluogo: «Visita alle forche». Già che c’è, «maestro Pozzi» non si risparmia: a 10 fiorini l’uno, frusta e marchia sulla spalla Francesco Guidi, Giuseppe di Mario Bandini, Giuseppe Giuncheti; mette in conto anche, s’intende indelebile, l’«inchiostro per detti tre bolli, fiorini 3». E i disegni, perché tutto sia ancora più chiaro: lo schizzo di una sodomia, accanto a quello della forca e al nome del condannato.
Ufficialmente, vigeva un certo garantismo («Nessuno deve essere torturato se non vi sono già contro di lui indizi sufficienti, cioè: perché è stato trovato solo, in ora sospetta, in una casa vuota»), ma bastava poco per rischiare molto: carrucola, fune, talora di più: «Non confessando in questo tormento, se li darà il fuoco, la sveglia et altri tormenti». […]

Queste memorie, abbastanza sconosciute perché valesse la pena d’intrattenersi un po’, fanno corona a un panorama meravigliosamente preservato. Se Castrocaro si è accresciuta, Terra del Sole è rimasta cristallizzata entro le mura. Aveva ragione Bernard Berenson: l’Italia avrebbe mantenuto la propria bellezza finché fosse rimasta povera; l’abbandono della Venezia insulare a favore della terraferma è iniziato dalla comodità dei bagni moderni, e magari dall’idromassaggio. In un caposaldo di città-fortezza forse tra i meglio e più totalmente conservati, si possono ancora vedere la chiesa di Santa Reparata, in cotto con modanature in arenaria; i palazzi, a cominciare da quello pretorio o del governatore; le case, le mura, i forti stellati. […] Il luogo regala ancora prospettive eleganti e scorci curiosi, nella città e all’esterno, nei 2 chilometri di perimetro del rettangolo bastionato delle mura; o sui camminamenti sopra le porte. La simmetria la fa da regina. Poche superfetazioni; rari perfino i frazionamenti e le ristrutturazioni dell’Ottocento. Ma più che di parole, Terra del Sole ha bisogno di una visita, tanto è assolutamente unica e incomparabile.

 

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