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28 Luglio 2006 | Andare per...

N°19-ANDAR PER MUSEI

Valeria Cicala, dell’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali dell’Emilia Romagna, legge un racconto su Luigi Ferdinando Marsili.

Sotto i portici 


Non era propriamente neve, erano aghi di ghiaccio che si insinuavano sotto il portico sfiorando acuti e pungenti la pelle.  Che magnifica invenzione i portici, pensò mentre il pesante portone dell’Accademia delle Scienze si richiudeva alle sue spalle e rabbrividendo nel leggero completo di lana. Suo marito, avviatosi poco prima con un collega, che ripartiva la sera stessa per Firenze, e con il quale doveva definire un comune progetto di ricerca a Budapest, le aveva fugacemente detto: «ci ritroviamo alle due torri».


L’aria tiepida di un novembre pigramente mediterraneo l’aveva predisposta ad un bagaglio che di invernale aveva poco, eppure, doveva ricordarsi che a Bologna può nevicare anche a novembre!  Guardò sconsolata il suo decolleté di camoscio; e, appena avviatasi, stava già per scivolare sull’impercettibile fanghiglia se una mano leggera, ma dalla presa decisa, non l’avesse sostenuta.  Nella penombra della prima sera, accentuata dalla fioca illuminazione dei portici, non riuscì ad individuare subito la fisionomia, un po’ insolita per l’abbigliamento, della persona, a cui rivolse un sincero sorriso dei suoi occhi miopi.


«Dovete muovervi con più prudenza, signora, su quelle esili caviglie» disse lo sconosciuto accennando un mezzo inchino nel togliersi l’ampio copricapo.  Ed aggiunse subito, quasi fosse una presentazione: «Ho ascoltato con estremo interesse la vostra comunicazione in Accademia.  Indubbiamente il cartulario marsiliano andrebbe studiato con maggiore sistematicità, non credete?» Avrebbe voluto rispondere, ma era interdetta, tra la curiosità ed un vago senso di disagio che lo strano interlocutore le creava.  Non poteva certo non prestargli attenzione, ma non riusciva proprio a ricordarlo tra le persone presenti in sala durante il convegno, sebbene quei tratti non le fossero del tutto estranei.


«E da molto che vi occupate del cartulario?». Lo sconosciuto garbatamente l’incalzava.  Osservandolo considerò, rassicurata, che non aveva nulla a che fare con il variopinto e inaffidabile gruppo che, ormai da anni, stazionava in piazza Verdi, ma non riusciva a capire come fosse vestito.  Gli invidiava molto l’ampio mantello in cui era avvolto, aveva anche una lunga, ma ordinata capigliatura grigia ed un cappello di antica foggia.  Forse, pensò, lavora al Teatro Comunale. E’ in costume.  Ci siamo: fa parte dei cast del Don Giovanni che si replica stasera!


«E mio marito che studia, già da anni, Marsili in relazione al mondo antico – disse con un sorriso – e anch’io ho cominciato ad occuparmi di questo personaggio che mi affascina più per i suoi interessi antiquari che non per la sua carriera militare».


«Che sia questo il versante che preferite, signora, si coglieva bene nel vostro intervento, – replicò con tono appena velato di accondiscendenza – ma lasciatemi dire che ho trovato molto puntuale come esegesi di storia politica e militare l’intervento su Siscia di vostro marito, che dimostra, del resto, l’esattezza della autopsia sul terreno effettuata da Marsili circa tre secoli fa.  Siete mai stata in quei luoghi della Croazia?» E subito aggiunse, con tono tra l’ironico e il mesto, dando per scontato un assenso: «Certamente non di recente!».


Adesso lo vedeva un po’ meglio, si era assuefatta alla poca luce: era sulla sessantina, aveva modi decisamente aristocratici e proseguiva con precise osservazioni ed asciutta competenza il discorso. Sembrava entusiasta del convegno dedicato a Luigi Ferdinando Marsili che si era svolto per l’intera giornata all’Accademia, la stessa che Marsili aveva fondato alla fine del Seicento.  Un’Accademia prestigiosa che aveva senz’altro conosciuto tempi migliori, come ebbe ad osservare anche l’anonimo signore. «Mi sembra che gli studi di storia militare in Italia siano piuttosto trascurati – diceva ora – e l’apparente attenzione per il mondo balcanico, credetemi, rivela spesso una scarsa conoscenza dei luoghi, oltre che delle genti».  Usava il «voi» e il suo eloquio aveva accenti locali ma arcaici; non sapeva bene come comportarsi.  Si avviò, e il signore con lei.  Mostrava di essere vigile alla sua andatura, e desideroso di proseguire la conversazione. Tanto valeva che fosse lei a riprendere il discorso, con qualche vivacità: «I1 generale Marsili conosceva ed amava profondamente il mondo danubiano; mi sembra, per quello che ho avuto modo di leggere tra i suoi manoscritti, che nelle sue carte non ci sia solo l’attenzione dello stratega, bensì la cura e la meticolosità di chi indaga un paesaggio.  Come le dicevo, non era solo un uomo dedito alla guerra».  Ancora un sorriso mesto aggrinzò il viso dello sconosciuto: «Vedete, signora, anche la guerra, allora, aveva una sua umana dignità.  I Turchi arrivarono alle porte di Vienna e il sultano era crudele con i suoi prigionieri, ma la guerra che divora oggi la Jugoslavia è una vergognosa guerra di macchine».  Strana persona, amaramente consapevole, riflettè. Non sarà che… Le si stavano appannando gli occhiali, ma il suo distinto accompagnatore aveva già colto il balenare di un dubbio oltre le sue lenti. Cambiando discorso, e con tono salottiero, chiese, alludendo all’eterogeneo popolo di piazza Verdi, «Chi sono?  Mi sembra d’essere in un mercato di Costantinopoli, non a Bologna!».  E poi aggiunse: «Siete mai stata a Buda? E’ una città bellissima, andateci quando vostro marito ci tornerà la prossima primavera”


Ma come faceva a sapere che sarebbe andato in maggio a Budapest?  Ne aveva parlato poco prima con il collega in partenza per Firenze.. Sentì che le sue “esili caviglie” cominciavano a tremare, si girò verso l’anziano gentiluomo sicura di una inverosimile certezza, ma già questi, dopo un impeccabile baciamano, si allontanava con passo elastico soggiungendo “Congratulatevi da parte mia con il professore, vostro marito. Le sue considerazioni su Siscia sono esatte e nessuno può saperlo meglio di me”.


I portici che le avevano consentito di girare per anni senza ombrello e di resistere all’estenuante caldo umido durante gli esami delle sessioni estive, l’avvolsero ancora una volta nel loro percorso movimentato e rassicurante. Era quasi alle “due torri” quando intuì la cartella da lavoro e la barba del marito. Allungò il passo e quando gli fu vicina gli sussurrò all’orecchio con tono di compiaciuto mistero: «Le più sincere congratulazioni da parte del conte Luigi Ferdinando, Marsili».

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