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27 Dicembre 2007 | Archivio / Una città una storia

N°89-UNA CITTA’ UNA STORIA

San Mauro Pascoli, una Romagna di poeti e calzolai.

 

San Mauro Pascoli deve probabilmente la sua origine alle invasioni barbariche, alla fine delle quali dovrebbe essere rimasto in luogo qualche zingaro, come risulta da una rimostranza fatta dagli abitanti di San Mauro a papa Clemente VIII nel 1596, con il quale si lamentavano di venire sempre chiamati “zingari” dai loro vicini di Savignano.

Nel 1191 il luogo, che dista circa otto km dal mare di Romagna, è nominato per la prima volta come “Fundum Sancti Mauri” ed esisteva già una chiesa dedicata a San Mauro, vescovo di Cesena. Nel 1371 “Villa Sancti Mauri” è munita di una piccola rocca e conta 37 famiglie. Nel 1378 fa parte del territorio di Savignano, col quale è sempre in lotta, a volte dipendendovi totalmente, a volte conquistando l’autonomia. La rocca è distrutta dai Cesenati nel 1491. Tredici anni dopo papa Giulio II riconsegna San Mauro alla famiglia Zampeschi. Nel 1590 il territorio passa definitivamente alla Camera Apostolica. Viene ricostruito il castello e di nuovo distrutto verso la fine del XVII secolo. San Mauro rimane ancora una volta aggregata a Savignano fino al 1827, anno in cui il Cardinale legato ne dispone la separazione, erigendolo a comune autonomo.

Nel 1932 la denominazione del comune viene modificata con regio decreto: San Mauro di Romagna diventa San Mauro Pascoli. La seconda guerra mondiale lo distrugge quasi completamente. Fra i due modesti corsi d’acqua, il Rubicone e l’Uso, la guerra infatti ristagnò per diverse settimane con effetti terribili. Oggi il paese è ritornato il fiorente centro calzaturiero e agricolo che era, con un attivo risvolto turistico grazie alla vicinanza con il mare e le colline di Torriana.
Come dicevamo, la storia recente del paese ruota attorno all’industria della scarpa. L’intero paese è costellato da decine di piccoli laboratori artigianali a gestione familiare, ognuno specializzato nella lavorazione di una delle varie parti che compongono una calzatura, dal tacco alla tomaia. Il patrono del paese non poteva dunque che essere San Crispino, il protettore dei calzolai.

Ma senza dubbio l’icona di San Mauro, il suo mito, il suo figlio prediletto è il poeta Giovanni Pascoli che si è insinuato persino nel nome del comune. La casa natale del poeta era la modesta residenza di piccoli benestanti rurali, con un orto, un giardino alberato e, al limite del giardino, la cappella della Madonna dell’Acqua. Monumento nazionale dal 1924, trasformata in piccolo museo domestico, in essa sono perfettamente conservati gli ambienti nei quali Pascoli trascorse la sua giovinezza: la cucina, rimasta intatta, con il rustico acquaio, il camino, il tagliere appeso alla parete; lo studio nel quale si conservano, racchiuse in bacheche, edizione rare di alcune sue opere e numerose lettere autografe inviate agli amici di San Mauro; la camera da letto con la vecchissima culla di legno. All’esterno, un bel giardino con numerose piante citate in varie poesie, al centro del quale, su un plinto di pietra calcarea, è il busto bronzeo dedicato al poeta. Il parco e la casa sono affidati alle cure di religiose e l’intero complesso appartiene all’Ente morale “Fondazione Domus Pascoli” che, istituito nel 1928, amministra anche un asilo infantile e una casa di riposo per anziani.

Da vedere anche la grande fattoria detta “La Torre”, situata all’estremo limite di San Mauro, al centro di quelli che furono i possedimenti rurali di proprietà dei Torlonia, un tempo amministrati dal padre di Giovanni Pascoli. La Torre, attraverso le tappe avventurose di una storia legata ai più significativi momenti delle vicende locali, ospitò la maturazione dolorosa della poesia pascoliana. Qui infatti il piccolo Giovanni vide tornare il 10 agosto 1867 la fedele “cavallina storna” che riportava verso casa il padre, assassinato al rientro dal mercato di Cesena. E da qui, con la madre e i fratelli, Pascoli fece ritorno alla casa natale, posta al centro del paese.
Nel 1974 il ministero della pubblica istruzione ha dichiarato il manufatto di particolare interesse storico, sottoponendolo a tutela, come caratteristico e ormai raro esempio di villa romagnola del Settecento. Con i Torlonia la Torre divenne un’azienda agricola modello e continuò a fiorire sino alla fine della seconda guerra mondiale. Alla morte di don Giovanni Torlonia, i nipoti vendettero la proprietà che fu per questo, nei primi anni ’50, teatro di grandi lotte contadine volte a impedire lo smembramento della tenuta. I poderi furono infine acquistati da singoli e l’edificio passò a privati i quali ne hanno fatto un uso talmente degradante che oggi il grandioso complesso si trova in grave stato di rovina e di abbandono.

Non ci rimane, infine, che vedere la cappella della Madonna dell’Acqua. Piccolo edificio di pietra grigia con due lapidi ai lati della facciata dedicate ai Caduti, la chiesetta vanta origini ultracentenarie; pare infatti che sia stata costruita nel 1616 per conto del Vicario Vescovo di Rimini. Giovanni Pascoli amò questa chiesetta, che consolò il dolore di sua madre. Così scrisse agli amici di San Mauro nel maggio 1897: “… E l’ospite saluterà commosso il mio mondo ideale che ha per confini il Luso e il Rio Salto e per centro la chiesuola della Madonna dell’Acqua e il camposanto fosco di cipressi…”.

A San Mauro Giovanni Pascoli è, come dire, sempre di casa. L’ultimo dell’anno il tradizionale brindisi d’augurio si chiama infatti “Buon Compleanno Zvanì”, che significa “Giovanni” in dialetto romagnolo. Quest’anno si celebra il 152° anno dalla nascita del poeta, nato appunto l’ultimo giorno dell’anno.

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