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27 Marzo 2014 | Archivio / Economia

Simbiosi industriale

Dai rifiuti un’opportunità di business sostenibile

A cura di Piera Raimondi Cominesi

Fanghi, biopolimeri, imballaggi, scarti bio-alimentari e tessili, rifiuti dalla lavorazione del legno e dall’edilizia, ma anche dalla lavorazione del petrolio. Una massa di sostanze e materiali che costituiscono la parte buia della produzione industriale, scarti di lavorazione che rappresentano per le aziende un costo, sia in termini economici che di gestione burocratica, perché, si sa, lo smaltimento va effettuato secondo precise e complesse normative. Allora perché non guardare ai rifiuti da un nuovo punto di vista, come a una risorsa anziché a un peso di cui disfarsi, in un mondo dove le materie prime cominciano a scarseggiare e dove la sostenibilità non può più essere solo un obiettivo a lungo termine, ma deve diventare pratica quotidiana. 

Un approccio innovativo e di sistema al problema scarti ha dato come frutto la simbiosi industriale, una strategia operativa che mette in connessione le imprese per fare sì che molti sottoprodotti di lavorazione diventino materie prime per altre aziende della stessa o diversa filiera produttiva. Si crea così un meccanismo virtuoso, che riduce  gli scarti da smaltire, e incrociando  domanda e offerta, dà immediati  benefici economici e ambientali. Non più rifiuti quindi, ma sottoprodotti.

Certamente un rifiuto, a seconda  del ciclo produttivo da cui proviene e delle materie prime impiegate, ha  caratteristiche merceologiche radicalmente diverse. Uno scambio di tali “beni” non può quindi prescindere dalla “certificazione” di ciò che viene scambiato.

La recente normativa europea sull’end of waste, la fine dello spreco, ovvero sui materiali per i quali cessa la qualifica di rifiuto, stabilisce già in maniera dettagliata i rifiuti che possono essere recuperati, i processi di trattamento e quale deve essere la qualità del materiale prodotto, specificando l’obbligo di certificazione da parte del produttore o dell’importatore e la definizione del momento in cui cessa la qualifica di rifiuto.

In Emilia-Romagna, Unioncamere e Aster – il consorzio regionale per l’innovazione e la ricerca industriale – con la collaborazione scientifica di Enea hanno sviluppato un progetto sperimentale per applicare questo processo, sensibilizzando le imprese a collaborare su iniziative di interesse comune e rendere i sistemi produttivi più sostenibili.  

Ce ne parla Ugo Girardi, segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna.

Intervista Ugo Girardi

Nel Piano Regionale di gestione dei rifiuti che è in fase di approvazione, la simbiosi industriale è individuata come un’opportunità per accrescere la competitività del sistema produttivo regionale, una strategia che mette in relazione la riduzione della produzione dei rifiuti, la valorizzazione del sistema produttivo regionale e lo sviluppo della «filiera corta» di frazioni critiche che altrimenti si trasformerebbero in rifiuto, determinando vantaggi sia dal punto di vista ambientale che economico.

In particolare il PRGR prevede la promozione di specifici accordi e contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali. A partire  dall’analisi del contesto produttivo regionale la Regione può facilitare l’incontro tra i diversi attori del processo (imprese produttrici, enti di ricerca, aziende di trasformazione/valorizzazione dei sottoprodotti, utilizzatori finali) e contribuire a definire il contesto istituzionale in cui si possono sviluppare forme fluide di collaborazione. E, non da ultimo, diffondere le conoscenze delle buone pratiche legate alla corretta gestione dei flussi. 

Brano corrente

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