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14 Marzo 2014 | Mostre

“L’incanto dell’affresco” è in mostra a Ravenna

Al MAR 110 capolavori raccontano la fortuna della pratica del distacco delle pitture murali

A cura di Carlo Tovoli

14 marzo 2014

Cari ascoltatori oggi siamo al MAR, acronimo del Museo d’Arte della Città di Ravenna, che ospita fino al 15 giugno alcuni tra gli affreschi più importanti della storia dell’arte in una mostra che comprende 110 opere, dall’epoca pompeiana al Settecento inoltrato.

Parliamo della storia dell’arte, questa materia sconosciuta e misconosciuta in un paese che potrebbe vivere del suo patrimonio culturale. Nelle scuole è incomprensibilmente dimenticata, o nel migliore dei casi, riservata a una ristretta élite. Ed ecco che il MAR ci apre in modo chiaro e affascinante un capitolo non secondario, soprattutto per l’Italia, di questa storia. L’originalità e il pregio dell’esposizione non sono legati esclusivamente ai grandi nomi in mostra (Melozzo, Guercino, i Carracci, Tiepolo, Correggio, per citarne alcuni) ma proprio alla storia che si racconta, in modo esemplare, nelle sue sei sezioni. E’ un racconto davvero avvincente di una vicenda di vecchia data, quello che ripercorre la pratica del distacco delle pitture murali.

Risalgono ai tempi di Vitruvio e di Plinio le prime operazioni di distacco, secondo una tecnica che prevedeva la rimozione delle opere segate insieme a tutto l’intonaco e il muro che le ospitava. È il cosiddetto “massello”, che favorì il trasporto a Roma di dipinti provenienti dalle terre conquistate, altrimenti inamovibili, e che dopo secoli di oblio trovò nuova fortuna a partire dal Rinascimento – nel nord come nel centro della Penisola – favorendo la conservazione per i posteri di porzioni di affreschi che altrimenti sarebbero andati perduti per sempre.
Così, in un arco temporale compreso fra il XVI e il XVIII secolo,  vennero traslate, ad esempio,la “Maddalena piangente” di Ercole de Roberti della Pinacoteca Nazionale diBologna, Il gruppo di angioletti di Melozzo da Forli dei Musei Vaticani,La “Madonna delle Mani” del Pinturicchio: tutti capolavori presenti in questa mostra.

Il “massello” raggiunse il suo apice intorno agli anni Trenta del Settecento quando rese possibile il trasporto di opere davvero imponenti. E’ un’avventura tutta italiana – e, in particolare, emiliana – che attraverserà ben tre secoli: i più importanti “estrattisti” – così vengono definiti i tecnici specializzati in distacco di affreschi – sono infatti italiani e a loro si deve l’evolversi della tecnica dal “massello” allo “strappo”, fino allo “stacco”. Seguiamone la storia.
Nel terzo decennio del Settecento fu il pittore ferrarese Antonio Contri a dedicarsi al “meraviglioso artifizio” che gli permetteva di strappare il colore di qualsiasi affresco per poi collocarlo su tela: nasce così la tecnica dello “strappo”. Ma la nuova tecnica rimase segreta fino all’ultimo quarto del XVIII secolo quando fu affinata dall’imolese Giacomo Succi, che nel 1796 fu ufficialmente nominato da papa Pio VI “estrattista delle pitture del sacro palazzo Apostolico”. La sua grande abilità fu tramandata al figlio, Pellegrino, autore di importanti “strappi” agli inizi dell’Ottocento. L’invenzione dello “stacco” si deve invece al romano Pietro Palmaroli: si tratta di una tecnica che permetteva di trasportare su tela non solo la pellicola pittorica, ma anche una porzione dell’intonaco sottostante.

Da allora le due tecniche cominciarono a convivere sia per finalità conservative e di salvaguardia – è il caso del trasferimento di affreschi di Pompei e di Ercolano al Museo diPortici, per volere di Carlo diBorbone – che per le sempre più pressanti richieste del mercato collezionistico, come testimoniano i tanti capolavori che entrarono nelle raccolte pubbliche e private di tutta Europa. Una diaspora così diffusa che già a metà Settecento indusse alla promulgazione di un editto da parte del cardinale Legato Giorgio Doria (su mandato del bolognese papa Benedetto XIV)  che vietava di asportare ed “estrarre fuori di Paese” le opere presenti negli edifici pubblici, comprese quelle “in muro” .
Ma la prassi “estrattista” raggiungerà il suo apice solo nel secolo scorso quando, a partire dal secondo dopoguerra furono strappati e staccati un numero impressionante di affreschi, per evitare che in futuro potessero reiterarsi danni irreparabili come quelli causati dalla guerra all’opera di Mantegna a Padova, di Tiepolo a Vicenza, di Buffalmacco e Benozzo Gozzoli a Pisa.

Non solo i disastri della  guerra appena conclusa ma anche l’inquinamento e i timori per un possibile conflitto nucleare indussero ad accelerare le operazioni di stacco in tutta Italia. Una stagione che è raccontata in mostra dallo stesso Roberto Longhi in una video intervista d’epoca. Fu del resto lo stesso Longhi ad aprire questa stagione con la richiesta di strappo, nel 1948, degli affreschi di Vitale da Bologna dell’antica chiesa di Sant’Apollonia di Mezzaratta, che oggi possiamo ammirare nella Pinacoteca di Bologna. Di lì a poco partirà anche la “caccia alle sinopie”, i disegni “in terre rosse” preparatori che i maestri tre-quattrocenteschi avevano lasciato come traccia sotto gli intonaci, e che destarono enorme interesse in particolare per gli storici dell’arte e studiosi.
Un’avventura incredibile, quella dello strappo e dello stacco – tecniche che oggi si tende a non eseguire più se non in casi davvero eccezionali –  mirabilmente raccontata dai curatori della mostra Luca Ciancabilla e Claudio Spadoni, autori anche del bellissimo catalogo in due volumi (Silvana Editoriale). Per informazioni www.mar.ra.it

Un saluto da Ravenna da Carlo Tovoli

Info:
L’incanto dell’affresco.
Capolavori strappati da Pompei a Giotto da Correggio a Tiepolo
16 febbraio – 15 giugno 2014

Orari:
fino al 31 marzo: martedì- venerdì 9-18, sabato e domenica 9-19,
dal 1 aprile: martedì – giovedì 9-18; venerdì 9-21;
sabato e domenica 9-19, chiuso lunedì
http://www.mar.ra.it/ita

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