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28 Febbraio 2014 | Mostre

Matisse: la forza della linea, l’emozione del colore

A Palazzo dei Diamanti di Ferrara un gigante della storia dell’arte

A cura di Carlo Tovoli

28 febbraio 2014

Entriamo in punta di piedi nelle sale di palazzo dei Diamanti dove fino al 15 giugno si celebra uno dei più grandi artisti del Novecento, ovvero Henri Matisse. Circa 100 opere ci raccontano l’intero percorso dell’artista. Curata da Isabelle Monod-Fontaine, già vicedirettrice del Centre Pompidou e tra i massimi esperti dell’arte di Matisse, la rassegna è incentrata sul tema della figura e sulla sua rappresentazione in pittura, scultura e disegno. Nudo, ritratto e figura sono i soggetti che impegnarono l’artista per tuttala vita. Conl’animo predisposto alla meraviglia, ci avviciniamo alla prima sala.

Tra la folla presente all’inaugurazione osserviamo i suoi primi nudi accademici. Siamo agli inizi del Novecento. L’artista si ispira a due grandi maestri: a Cézanne in pittura e, nelle sue prime prove scultoree, a Rodin. Nel 1905 la svolta “fauve” con folgoranti ritratti in cui sperimenta l’accostamento di colori, spesso spremuti sulla tela direttamente dal tubetto. E’ l’abolizione del chiaroscuro tradizionale a favore di macchie di colore puro. In parallelo, nel disegno e nelle incisioni, Matisse procede a una semplificazione sempre più radicale, come nel Nudo seduto addormentato, dove, abolita ogni gerarchia all’interno dell’opera, gli elementi decorativi del fondo e la figura sono trattati allo stesso modo. Siamo nel 1906: l’anno dopo un altro genio, Pablo Picasso, realizzerà “Le Demoiselles D’Avignon” rivoluzionando la pittura moderna.
Ma la rivoluzione di Matisse in quello stesso periodo non è da meno. Egli rimette in  discussione il genere del nudo accademico: il corpo della modella, simile a una statuetta africana si carica del fascino degli idoli primitivi e la figura è messa in risalto da una linea dicontorno che si fa netta e marcata. In Nudo disteso, scolpito, guarda caso, nel 1907, l’artista presenta alcune novità straordinarie: le caratteristiche formali del corpo femminile sono enfatizzate al massimo, fino alla deformazione della struttura, per cui la vita diviene sottilissima, mentre il torso, le braccia e le natiche assumono dimensioni imponenti.

Al pari della rappresentazione del nudo e del corpo femminile, anche il ritratto ossessionò Matisse per tutta la vita. L’artista vi si dedicò con grande entusiasmo, utilizzando inizialmente come modelli gli amici e i familiari e, in seguito, modelle professioniste con le quali instaurò un rapporto privilegiato e quasi esclusivo. Risale alla metà degli anni Dieci l’intensa collaborazione con la modella italiana Laurette: è il prototipo delle odalische ricorrenti nella pittura degli anni seguenti. Laurette in abito rosso, presente in mostra, è una delle prime opere in cui Matisse raffigura il tema della donna orientale a cui si dedicherà per gran parte del decennio successivo.

Dopo la prima guerra mondiale e il trasferimento a Nizza, lo stile di Matisse subisce un cambiamento: la luce mediterranea della Costa Azzurra pervade le tele di questo decennio, in cui protagonista quasi esclusiva èla bella Henriette.Laritrae nuda o in abiti da odalisca, ricollegandosi a quella tradizione orientalista che aveva caratterizzato la grande pittura dell’Ottocento francese da Ingres a Delacroix.
Questi dipinti sono giocati sulla relazione tra l’ambiente circostante, costruito come una vera e propria scenografia ricca di tessuti, paraventi e oggetti provenienti dal Marocco, e la figura, di solito distesa, concepita come un arabesco.

Siamo a palazzo dei Diamanti a Ferrara e ci avviamo verso l’ultima sezione della mostra. Matisse continua a lavorare sul motivo del nudo disteso anche nel corso degli anni Trenta: la modella, però, non è più un’odalisca ma una ninfa. Egli procede per sottrazione e con pochi colori, secondo un metodo che lo porta ai limiti dell’astrazione. Musa è la nuova modella Lydia: il suo volto diviene un ovale vuoto e il corpo è sottoposto a una geometrizzazione estrema. Arriviamo al 1941 quando, a seguito di un delicato intervento chirurgico, Matisse fu costretto a letto. Non potendo più dipingere con la costanza di un tempo, il maestro si dedicò quasi totalmente al disegno, dal carboncino alla matita fino alla penna.
Nel 1943, Matisse si trasferisce a Vence, dove creerà alcuni dei suoi ultimi capolavori. Tra il 1943 e il 1947 si dedica alle tavole del libro Jazz, uno dei suoi ultimi capolavori, in occasione del quale inventa la tecnica delle gouaches découpées. La novità consiste nel ritagliare con le forbici delle forme e dei motivi da fogli di carta dipinti con colori puri e brillanti poi assemblati attraverso il collage. In questo modo, egli concilia due tecniche, il disegno e la pittura, con una straordinaria freschezza.

Chiude la mostra un documento assolutamente da non perdere e che forse illustra al meglio il genio di Matisse. Si tratta di un breve documentario del 1946 incui si vede il vecchio artista dipingere con tratto sicuro la tela dal titolo Giovane donna in bianco, sfondo rosso che possiamo contemplare in mostra nella parete accanto al video (è anche l’immagine guida della mostra). La modella è davanti a lui, distesa ed egli, con pochissimi tratti, le dà vita su tela. Chapeau Maestro! Tutte le informazioni per organizzare la visita sul sito www.palazzodiamanti.it
Un saluto dal vostro corrispondente in visita a  Ferrara, Carlo Tovoli

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