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6 Novembre 2015 | Mostre

Pasolini e la stampa all’attacco

A Bologna una mostra racconta la strategia del linciaggio subita da Pier Paolo Pasolini lungo quasi vent’anni

A cura di Carlo Tovoli

Cari ascoltatori, nel viaggio alla scoperta dell’universo creativo di Pier Paolo Pasolini, a quarant’anni esatti dalla morte, due sono le mostre che Bologna gli dedica nell’ambito del progetto “Più moderno di ogni moderno”.

Una sarà ospitata al MAMbo dal 17 dicembre e tratterà dell’universo poetico, estetico e culturale di Pasolini,con fotografie, dipinti e disegni, estratti di film, scritti originali e costumi di scena. La seconda è in corso fino al 15 novembre nella piazza coperta della Biblioteca Salaborsa e ci racconta la storia della violenta persecuzione diffamatoria che Pasolini ha subìto da parte della stampa, fino alle mistificazioni orchestrate negli anni successivi alla sua scomparsa.

“Un giorno – ed è Pasolini stesso a raccontarlo, siamo nel 1965 – un pazzo mi ha accusato di averlo rapinato, con guanti e cappello neri, le pallottole d’oro nella pistola: tale accusa è passata per buona e attendibile, perché a un livello culturale sottosviluppato si tende a far coincidere un autore coi suoi personaggi e chi descrive rapinatori è un rapinatore”. Ritroviamo questa incredibile storia tra il gran numero di articoli, pagine, copertine di giornali, fotografie, schede segnaletiche esposti in questa mostra insieme all’intervento artistico di Gianluigi Toccafondo che, ispirato dai ‘referti’ giornalistici, evidenzia l’intensità dell’impatto emotivo subito da quei documenti, sottolineandone la ferocia razzista.  

Ad inaugurare il drammatico rapporto del poeta con la stampa fu la pubblicazione di un succinto articolo de”L’Unità”  del 29 ottobre 1949 che annunciava la sua espulsione dal PCI per “indegnità morale”. Ma l’inizio della campagna di linciaggio è dato dall’uscita del romanzo Una vita violenta nel 1959, dove il protagonista, Tommaso, attraversa un processo di redenzione che lo porta dalla delinquenza e all’iscrizione al PCI. Giornali come “Lo Specchio”, “Il Borghese”, “Il Secolo d’Italia”, fabbricano un’immagine di Pasolini come bersaglio da colpire attraverso il dileggio, l’umiliazione pubblica, la denigrazione della sua figura e delle sue opere. Quell’immagine si identifica in un giovane pervertito che riflette in tutto e per tutto la fisionomia dei personaggi dei suoi romanzi: come loro, è “di vita”, è “criminale”, “violento”, “invertito” e così via.

Anche i rotocalchi come “Gente” concorrono ad alimentare quell’immagine di Pasolini, ma vi aggiungono delle variazioni: lo scrittore è un “arrampicatore”, “un furbo”, “un opportunista”. Dopo il successo del film Il Vangelo secondo Matteo nel 1964 il clima diviene meno rovente, ma la “tregua” è di breve durata. L’uscita del film Teorema attizza nuovi triviali attacchi della stampa di destra ed estrema destra, che lo bolla come “pornografo”.

Quell’epiteto, in un largo ventaglio di varianti, viene fatto proprio anche da una parte della stampa di sinistra quando lo scrittore-regista realizza la Trilogia della vita e ottiene un immenso successo popolare. Al momento di concludere la Trilogia, Pasolini inizia a scrivere sul “Corriere della Sera” i drammatici articoli “corsari” e “luterani” e su certa stampa nasce l’immagine del Pasolini “nostalgico”, “reazionario”, “confuso”.

La tragedia oscura dell’assassinio è il culmine di questo processo di accanimento. Alcuni giornali si scagliano con dettagliate descrizioni sulla sua vita intima di “diverso”, che viene vivisezionata senza nessuno scrupolo sull’attendibilità di informazioni e di  notizie. Un esempio è “Gente”, il settimanale di larga diffusione popolare, che il 17 novembre 1975, a poche settimane dalla morte, pubblica le testimonianze di alcuni cosiddetti amici friulani del poeta che lo definiscono “un corruttore di ragazzi”. L’uscita del film postumo Salò o le 120 giornate di Sodoma è sfruttata per completare l’identificazione fra i personaggi del film e Pasolini, come se fosse un’autobiografia per immagini.
Dopo gli anni Ottanta ecco il proliferare di un nuovo fenomeno di mistificazione: quotidiani come “L’Indipendente” e settimanali come “L’Italia”, si affannano a “riabilitare” Pasolini attribuendogli un’identità “reazionaria”.  O esaltandolo come capostipite del sotto-genere trash “porno-nazista”.  E la storia continua ancora oggi…
Nei suoi interventi artistici in mostra Toccafondo ha coperto con il nero, un nero luttuoso, alcune di queste frasi e ha deformato le figure delle immagini , smontando l’arroganza moralistica dei censori, degli accusatori e dei carnefici con la macchina da scrivere.

Il programma completo del progetto che Bologna dedica a Pasolini è disponibile sul sito www.piumodernodiognimoderno.it 
Un saluto da Carlo Tovoli!

 

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