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26 Febbraio 2016 | Mostre

A Ravenna il Novecento sedotto dall’Antico

Al Museo della Città il richiamo del passato nelle opere dei grandi artisti del XX secolo

A cura di Carlo Tovoli

Cari ascoltatori, oggi vi porto a Ravenna, una città dove è davvero difficile resistere al richiamo del passato. Penso sempre alla meraviglia, allo stupore, quasi da sindrome di Stendhal, che provocò la mia prima visita alla basilica di San Vitale con i mosaici e la bella Teodora, imperatrice di Bisanzio, o al cielo stellato del mausoleo di Galla Placidia.

Della seduzione dell’antico ci parla anche una mostra, in corso fino 26 giugno, nelle sale del MAR- Museo d’Arte della Città. E lo fa illustrando un secolo, il Novecento, che si apre invece all’insegna del “nuovo” con le avanguardie dei primi decenni per proseguire con le nuove neoavanguardie del secondo dopoguerra, ancora oggi protagoniste assolute della scena artistica internazionale. Eppure il “richiamo” dell’antico non muore mai, anzi, riaffiora spesso tra le mille “avventure” della modernità, in particolare con il “ritorno all’ordine”, una corrente culturale e artistica che si diffuse tra gli anni Venti e Trenta in tutta Europa e che in Italia ebbe tra i suoi maestri Casorati e Sironi, De Chirico, Carena e Funi. E lo ritroviamo pure nella seconda parte del secolo, tra le pieghe del “postmoderno”.

Sulla presenza del passato nella storia e nella critica d’arte del Novecento abbiamo interrogato il curatore della mostra ravennate, Claudio Spadoni.

Intervista a Claudio Spadoni

Il percorso espositivo comprende oltre 130 opere dei grandi protagonisti del Novecento, italiani e non, suddivise in una sequenza di sette sezioni tematiche. Il tema della “memoria” è declinato seguendo le modalità più disparate: la ripresa di modelli dall’antico, fino alla citazione esplicita; oppure in forma evocativa o come pretesto per un rilettura inedita, a volte dissacrante, di opere e di figure mitizzate del passato. Vedrete la Gioconda di Duchamp con i baffi e la Venere degli stracci di Pistoletto, quasi soffocata da un mare di tessuti logori. Ma anche la Venere pop di Yves Klein, nell’inconfondibile blu che prende il nome dall’artista e il ritorno al classico nelle sculture di Igor Mitoraj. In mostra c’è anche, in risposta al clima tradizionalista del già citato “ritorno all’ordine” , la testimonianza del riaffiorare di quel “turbamento barocco” che dagli anni Trenta arriverà fino al secondo dopoguerra, in figure come Scipione, Mirko, Fontana e nello stesso De Chirico. E la grande stagione “pop” con la “Nascita di Venere di Botticelli” di Andy Wahrol, e poi i nostri Schifano, Festa, Ceroli, Angeli e Adami. Chiudono, nell’ultima sala, i due busti classici di Ermes di Giulio Paolini. Sono posti in posizione speculare, si guardano e sembrano interrogarsi l’un l’altro. Dove va l’arte nel XXI secolo? La risposta forse nel ciclo di conversazioni intorno alla mostra, a partire dal 7 aprile, nel catalogo, edito da Mandragora, e, perché no, nei tanti laboratori d’arte pensati per i più piccoli, e non solo, condotti da artisti. Tutte le informazioni sul sito: www.mar.ra.it

Un saluto da Carlo Tovoli!

Brano corrente

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