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25 Gennaio 2014 | Paesaggio dell'anima

Antonio Delfini, valanghe di malinconia

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Radighieri.

25 gennaio 2014

Musica. Caterina Caselli: Il volto della vita (The days of Pearly Spencer).

E’ Caterina Caselli ad aprire la nostra seconda puntata su Modena: modenese lei e modenese Antonio Delfini, grande, grandissimo e da noi amatissimo scrittore: sfoggiamo superlativi per opere come Il ricordo della Basca – composto tra il 1933 e il ’38 – e i Diari, dove c’è di tutto, da spunti narrativi a frasi sospese, tentativi di poesie, progetti di riviste, insieme a cose scritte al caffè, su una scatola di fiammiferi, annotate per strada. Quando Delfini morì, cinquant’anni fa, nel 1963, Pier Paolo Pasolini scrisse che nella sua goffaggine “c’era sempre qualcosa di virgineo: egli dissacrava un intero modo di vivere, ma appunto perché la sua dissacrazione era così totale egli sentiva il bisogno di vergognarsene (…). Egli è lo scrittore aggraziato per definizione, ma mai grazia costò sacrifici così grandi”. Dalle Poesie della fine del mondo, vi leggiamo questa: «Mercanti, banchieri, avvocati, / ingegneri, cocchieri, / non siete che polvere di rotti / bicchieri, / di cui faremo carta vetrata / per sfregiare la faccia /dei nostri irricordabili ricordi di ieri!». Ogni luogo percorso da Delfini – a cominciare dalla sua città, Modena – è lo scenario in cui lui, nobile decaduto,  ambienta l’apocalisse di un mondo che disprezza e che vorrebbe vedere estinto quanto prima.

Musica. Ferruccio Tagliavini: Addio sogni di gloria.

«Cara signora, l’ho incontrata l’altra sera alla pasticceria dei cardinali. Lei usciva, mentre io entravo. Quasi ci siamo urtati; e abbiamo provato per questo una tale delizia che forse sapremmo adesso che cos’è il piacere, se quell’attimo in cui ci siamo toccati fosse durato di più. Non m’incolpi dell’infelicità dell’esistenza. Sarebbe assurdo. Come se io incolpassi lei. Non ce lo meritiamo. Piuttosto mi toglierebbe un po’ dalle mie preoccupazioni sapere come Lei ha fatto per vedermi. Così … come io ho veduto Lei? Che bello sguardo, signora, e come c’era tutta là dentro! La ricorderò per tanti anni; poiché poche volte (che dico? Forse nemmeno una) mi è capitato di essere così felice con una donna. (…) Che importa il colore dei suoi occhi e dei suoi capelli, la sua statura e la sua pelliccia? Credo che mi arrivasse all’orecchio, ecco tutto. Nello sconvolgimento dell’emozione provata, non ho nemmeno potuto voltarmi per guardarle le gambe». La canzone giusta, a questo punto, è Amado mio: esce nel 1947, la cantava la dark lady Rita Hayworth nel film “Gilda”, Delfini ha 39 anni. Il suo unico libro, Il ricordo della Basca, è uscito da otto anni, e lui è sempre più un “irregolare” …

Musica. Mara Mauri: Amado Mio.

«Ricordo ogni strada e ogni portico che percorremmo quella sera prima di raggiungere il Parco, bianco di neve. Passammo davanti alla Questura e dopo poco, sicuri di non essere visti, ci abbracciammo. (…) Quando era ferma, la Gina era una fanciulla, una sperduta e indifesa fanciulla, col vestito blu chiuso fino al collo, entro il quale, la mano rude rotonda e un po’ piccola di un giovanotto volgare poteva infilarsi per raccogliere dei seni non grandi, lievemente caldi al freddo di un rigido inverno (…)». E’ sempre Delfini che cammina per Modena, come dice in un altro racconto: «Riprendevo questi antichi viaggi da una porta all’altra della città, questi antichi viaggi che han sempre avuto per mèta il Palazzo Ducale, sulla grande piazza, dove la domenica suona la musica squillante di ricordi come la camicia rossa aerea di mio nonno garibaldino. Passeggiate da vecchio signore che spero di lasciare ben presto per qualcosa di più forte ed ardito. Anni della prima giovinezza trascorsi coi palpiti dei ricordi. Schivi del mondo e di ciò che pur sempre vive fuori di noi, finiranno il loro corso monotono. Voglio riattaccarmi al filo spezzato della mia adolescenza, eroica di sogni e di miraggi».

Musica. Achille Togliani: La signora di trent’anni fa.

Non c’è niente da fare è un’altra poesia di Delfini che vi vogliamo leggere. «Notti lilla / sconfortate dalle speranze / silenziose / come piazze col passante / e le tre botteghe in fondo. /  Notti senza numeri / senza calcoli / senza pensieri. / Duomo torre e casa mia / voglio con te andar via. /  Vedremo le comete / gli astri / la luna / e le vecchie chincaglierie. / Manderemo un bacio  / al vecchio silenzioso / dell’angolo della strada. /  Un mucchio di sospiri / senza firma / una rete di gioie / senza piaceri / valanghe di malinconia. / Tetro tempo tetro / che scorre / come un fuscello di paglia / sotto la mia scarpa / che passa via». Siamo a Modena, naturalmente, e a Modena è dedicata questa canzone di Antonello Venditti che ha un testo quasi delfiniano, se lo leggiamo staccato dalla musica: “Con le nostre famose facce idiote / eccoci qui / con i nostri famosi sorrisi tristi / a parlarci ancora di noi / e non c’è niente da scoprire, niente da salvare / nelle nostre parole. / Ricordi, libri da buttare …”. Delfini, Modena, e il sax magnifico di Gato Barbieri …

Musica. Antonello Venditti & Gato Barbieri: Modena.

 

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