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5 Febbraio 2011 | Paesaggio dell'anima

La bellezza in fuga

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

5 febbraio 2011

Le musiche di questa puntata: Keith Jarrett, Alice, Dar Williams, Quintorigo, Baustelle. 

Keith Jarrett: Koln, January 24, 1975 Part II, C da The Koln Concert.

 Addio gennaio che sei già passato: gennaio del 1975, giorno 24, quando all’Opera Haus di  Colonia Keith Jarrett tenne un concerto memorabile, diventato un disco imperdibile con il titolo, appunto, di The Koln Concert, in grado di influenzare per i venti anni a venire il pianismo d’improvvisazione e di anticipare, con il suo suono ipnotico, la new age. “Poi è tornato febbraio”, come canta la romagnola Alice in un suo bellissimo brano del 2003, inserito nel recente album live “Lungo la strada” del 2009. “Trasparente come l’anima / un giorno di febbraio allineava nell’azzurro i campi nudi / i monti, il mare. E’ davvero trasparente come cristallo, questo giorno di febbraio che ci vede scendere dalla Pietra di Bismantova, alta come una nave sul mare d’erba dell’altipiano, per andare alla ricerca dei castelli di Matilde di Canossa. Il primo che incontriamo è quello di Carpineti, ridotto come gli altri a imponente rovina, che ci fa venire in mente la circolarità dell’esistenza, come suggerito dalla canzone di Alice: / E’ venuta l’estate, e piena come un corpo / ha ricoperto tutto / ogni angolo era una tana. / Poi è tornato febbraio / dunque era il tornare che faceva del tempo un nulla / un bene e un male”.

Musica. Alice: Febbraio.

 Siamo sotto la possente torre del castello di Carpineti, la sede preferita di Matilde, la quale vi tenne un congresso nel 1092 con il vescovo di Reggio Emilia e altri prelati. Mille anni e più, sbriciolati su queste mura che noi guardiamo dal basso in alto, seduti su un terrapieno dai cui cespugli esala un inizio, già esaltante, di primavera. La giornata è luminosa, e noi stiamo pensando a tutto il tempo trascorso dentro queste mura e qui intorno, presi dall’inquietudine dell’assoluto, e indecisi se cercare l’assoluto nella convulsa quotidianità dei giorni, come ha fatto lo scrittore reggiano Pier Vittorio Tondelli, o isolandoci dal reale e perseguendo un perfetto e difficile altrove, sull’esempio di Cristina Campo. Intanto, con i nostri libri in tasca, e nelle orecchie la melanconica “Febbraio” di Dar Williams, che sa di brina e di pallore, ci dirigiamo verso le rovine del castello di Canossa, che sorgono in un luogo di grande bellezza. Qui, nel gennaio del 1077, avvenne il famoso episodio dell’imperatore Enrico IV che si umiliò davanti al papa Gregorio VII e alla contessa Matilde. Derivò da questo fatto il celebre detto “andare a Canossa”, per indicare un atto di sottomissione, che implica l’ammissione di avere sbagliato.     

 Musica. Dar Williams: February.

 Ragazzi abbracciati a letto fino al mattino, mentre fuori tutto crolla. Look stravaganti nel frastuono violento di un concerto. Luci psichedeliche, luci stroboscopiche di discoteca, luci al neon di un autogrill – sì, viaggiare, lungo le strade d’Europa, per ritrovarsi a colazione in una casa della banlieue parigina, o a cercare scampoli d’amore nel mitico Vondel Park di Amsterdam. L’amico che ti viene incontro a Bloomsbury con un pullover grigio e un ciuffo di capelli biondi. Aspettare un treno a Santa Maria Novella, la stazione di Firenze, alle 2 e 35 del mattino. Suonare il sax mentre le onde scure del mare di Rimini si riversano sulla costa sabbiosa: «E il suono del sax, la sua musica, fu come il rauco grido di dolore delle cose e degli uomini colti in quel momento bagnato, all’alba, dopo il diluvio». Questo è Tondelli. La sua scrittura parte da dati autobiografici e da annotazioni di diario, da frammenti di vissuto che poi danno luogo a un progetto, un romanzo. Nel tumulto del vissuto, non ci sono strappi tra esistenza e narrazione: Tondelli scrive lavorando su se stesso, sulla sua interiorità. Sono gli anni Ottanta. Anni esagerati, di passione per l’arte, per la moda, e di grande musica. Era grande il rock, ma ora lo aggiorniamo con l’ultimo lavoro, il primo inglese, dei Quintorigo. Con “English Garden”, fresco di stampa, la band romagnola, composta da ottimi musicisti, tutti con studi di conservatorio alle spalle, si conferma come la più importante realtà rock del momento in Italia, insieme ai Baustelle, che sentiremo più avanti.

 Musica. Quintorigo: The Fault Line.

 Sentimentale, emotivo, patetico: Tondelli tocca tutti i registri della passione per rivelare la propria incompiutezza, l’impossibilità a raggiungere la perfezione di sé. Cristina Campo aveva invece la passione della perfezione. E qui le cose si complicano, cari amici. Il diario della sua vita è “bizantino”, immobile, resistente al tempo. Non è la movimentata scena di Tondelli. Cristina Campo, ormai riconosciuta come una delle più alte voci poetiche del Novecento, la sua “metafisica della bellezza” non la inseguiva nelle braccia degli amanti, nella mondanità da party, nella trasgressione del rock o nei viaggi “di formazione” in lungo e in largo per l’Europa. Lei era contro la modernità, contro la perdita di spiritualità del mondo. Il nostro, diceva, è “il tempo della bellezza in fuga”. La bellezza, invece, riposa nel sacro, nei riti, nell’incanto dell’opera d’arte, che non segue la vanità del mondo, ma una sua segreta e intima necessità. Ne riparleremo la prossima volta. Vi salutiamo dal castello di Canossa con un brano dei Baustelle, tratto dal loro ultimo lavoro, “I mistici dell’Occidente”. Una canzone dedicata a un amico d’infanzia, nel segno del tempo che passa. Il tempo: l’eternità. Il tempo: bellezza che fugge.

 Musica. Baustelle: Le rane.

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