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30 Agosto 2014 | Paesaggio dell'anima

Il borgo dei Celti

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redighieri.

Lassociazione: L’amore come si dice.

Le musiche de Lassociazione, scritto senza l’apostrofo, ci portano sull’Appennino, cari ascoltatori. Lasciamo lo scenario della Bassa, che abbiamo raccontato nelle ultime due puntate attraverso le poesie in dialetto reggiano di Cesare Zavattini, e ci spostiamo sulla montagna, sempre in provincia di Reggio, dove è nato questo gruppo, tra i più interessanti del momento. I nove membri della band, tutti ottimi strumentisti, stanno presentando il loro terzo disco, «Libere correnti dorsali», dove l’Appennino è inteso come spina dorsale dell’Italia, in cui confluiscono diverse forme di linguaggio musicale. Sentiamoli in un brano cantato nel dialetto reggiano di montagna, Al mat, “il matto”.

 Lassociazione: Al mat.

 Tutti i dialetti emiliani, non solo il reggiano e il modenese, hanno un substrato celtico, cioè sono nati dal latino volgare che si è innestato sulla precedente lingua celtica parlata dalle tribù dei Galli che abitavano queste zone. Sapete come si dice “sedia” in lingua celtica? “Scràna”, come nel dialetto modenese. E “immondizia”? “Rusc”, come in reggiano e altri dialetti emiliani. E “pantaloni”? “Breghi”. E baciare? “Basèr”. Ma questi misteriosi Celti che, nei quasi tre secoli che sono stati nelle nostre terre, ci hanno dato la lingua – soprattutto i toponimi, come Reggio, “posto in cui s’incontravano i re”; o lo stesso Appennino, da Pen, il dio delle alture -; questi Celti, dicevamo, che ci hanno insegnato ad allevare maiali, a fare le tigelle e le crescentine, a danzare al suono della piva (questo l’abbiamo dimenticato), ad adorare la natura (anche questo, scordato), hanno lasciato tracce? prima di scoprirlo, ascoltiamo ancora musica delle nostre montagne, riadattata da due grandi musicisti, Riccardo Tesi e Claudio Carboni.

 Riccardo Tesi & Claudio Carboni: Suite di mazurke (dall’album “Crinali”).

 Lo spirito dei Celti è custodito nei boschi sul crinale dell’Appennino tosco-emiliano dove, in una valle dominata dal Monte Cimone, si nascondono le pietre, i sassi e le acque del borgo di Fiumalbo, in provincia di Modena. Le misteriose marcolfe dalla faccia di lupo e gli altri simboli apotropaici della cultura celtica, attratta dalle streghe e dal malocchio, sono segni scolpiti in questo luogo ricco d’arte, sulle cui antiche mulattiere si sono incrociate la Toscana e l’Emilia. Vecchie case in pietra, per lo più ristrutturate, si affacciano su stradine in pendenza, nella tipica conformazione medievale dei paesi d’Appennino. I boschi intorno formano una corona naturale su cui si impongono le vette del Frignano. Fiumalbo ha dunque origini lontane nel tempo, come testimoniano i “casoni”, o capanne celtiche, presenti  nella borgata delle Valdare e lungo la strada che dal paese porta in località Doccia ai piedi del Monte Cimone. Ancora musica d’Appennino, quindi, e ancora Claudio Carboni, la cui montagna, non alta, è però quella bolognese, essendo nato a Riola di Vergato.

 Claudio Carboni: Tormenta.

 Parlavamo prima delle capanne celtiche di Fiumalbo. Si tratta di edifici rurali a pianta rettangolare in muratura di sasso e malta di terra, alcuni dei quali conservano la copertura di paglia di segala. Queste costruzioni, perfettamente inserite nell’ambiente appenninico, hanno il tetto a gradoni protetto da lastre di arenaria e potrebbero risalire alla discesa dei Celti in Italia nel IV secolo a.C. Sono infatti simili a strutture rurali presenti in Irlanda e Scozia. Reminiscenze celtiche sono anche le “marcolfe”, sculture in pietra che ritraggono volti sgraziati, spesso femminili, poste sulla facciata della casa per intimorire gli spiriti maligni: le due più note sono quella dal volto di lupo, scolpita su un muro a Ca’ de Gabani, e quella ancor più straniante in località Danda. I Celti, quindi, qualcosa ci hanno lasciato, anche di commestibile: i borlenghi farciti con lardo e salumi, e le tigelle, sul cui dischetto è spesso stampata la rosa celtica, a indicarne la probabile origine. Ricostruire la magia di questo è l’obiettivo musicale del duo Alarc’h (“cigno” in lingua celtica), composto dall’arpista Marta Celli e dalla cantante Bonny Swan.

 Alarc’h: She moved through the fair.

Brano corrente

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