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7 Agosto 2010 | Paesaggio dell'anima

Luce sulle tenebre

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

7 agosto 2010

Le musiche di questa puntata: Giuni Russo, Bill Wells & Maher Shalal Hash Baz, Antonio Breschi, Pavarotti & Sting, Lucio Dalla. 

Musica. Giuni Russo: La sua figura.

 L’estate appassisce silenziosa / Foglie dorate gocciolano giù / Apro le braccia al suo declinare stanco /E lascia la tua luce in me / (…) Sai che la sofferenza d’amore non si cura / Se non con la presenza della sua figura /Baciami con la bocca dell’amore/ Raccoglimi dalla terra come un fiore / Come un bambino stanco ora voglio riposare / E lascio la mia vita a te”.  Questa bellissima canzone di Giuni Russo trae ispirazione dai versi mistici di Giovanni della Croce, il sacerdote spagnolo che fondò l’ordine dei Carmelitani Scalzi ed è considerato uno dei maggiori poeti in lingua spagnola. Se la settimana scorsa eravamo a divertirci sulla Riviera adriatica, oggi, in questo primissimo declinare dell’estate, una mostra appena conclusa ci riporta a Bologna, nella città deserta, svuotata dalle vacanze. Forse non è il luogo giusto per questi giorni, ma sapete che a noi piace andare in controtendenza, e dunque vi portiamo per qualche puntata alla Certosa di Bologna, con la musica che dà corpo ai nostri sentimenti.

 Musica. Bill Wells & Maher Shalal Hash Baz.

 Non sappiamo perché, ma questa musica ci è sempre sembrata adatta ad accompagnare, in modo lieve e scanzonato, un funerale. Vogliamo sdrammatizzare l’argomento: nella nostra società, come ha scritto Eugenio Riccomini, presidente dei Musei del Comune di Bologna, “l’andar sotto terra è considerato assai poco trendy”. Ma è della Certosa che dobbiamo parlarvi, cioè del cimitero di Bologna, che – sembrerà poco consolante – è uno dei più belli del mondo. Qualche settimana fa si è chiusa la mostra “Luce sulle tenebre” dedicata ai tanti tesori, preziosi e poco noti, del luogo destinato da sempre al culto dei morti. Diciamo da sempre perché la Certosa, prima di essere, dal 1801, cimitero comunale, è stata dal 1334 convento certosino e, tra il VI e il IV secolo avanti Cristo, necropoli etrusca. Dei nostri antenati etruschi sono rimasti gli oggetti rinvenuti in alcune tombe: fibule di bronzo, vasellame, un servizio da banchetto completo, un cucchiaino pulisci-orecchie e una limetta per la toilette femminile, ciotole, un pezzo di candelabro, e altro ancora. Vola, farfalla etrusca!  

 Musica. Antonio Breschi: Etruscan lullaby.

 La mostra “Luce sulle tenebre”, a cura di Beatrice Buscaroli e Roberto Martorelli, ha impegnato tre sedi espositive: Casa Saraceni, Palazzo Pepoli Campogrande e il Museo del Risorgimento. Tanto si doveva, per riportare l’attenzione su un luogo ricchissimo di opere d’arte, riconosciuto – come dicevamo – come uno dei più interessanti cimiteri del mondo.  Ma può un cimitero essere interessante? Tutti siamo stati al Père Lachaise a Parigi per vedere le sepolture illustri: Oscar Wilde, Modigliani, Proust, Edith Piaf, Jim Morrison, Maria Callas, Marcel Camus ecc. Come sosteneva quest’ultimo, “quella sul senso della vita è la più urgente delle domande”, e noi proviamo a farcela visitando le tombe nella vuota Bologna d’agosto, dove finalmente si può girare con calma, rilassati, senza problemi di parcheggio – anche se noi ci muoviamo in bicicletta, incuranti del sole che batte sulle nostre teste. « Il pane degli angeli / diventa pane degli uomini»: è Luciano Pavarotti, l’indimenticato tenore modenese, a duettare con Sting sulle note del Panis Angelicus, con le sacre parole di San Tommaso d’Aquino.

 Musica. Luciano Pavarotti & Sting: Panis Angelicus.

 Gesso, stucco, scagliola, marmo: non ci resta che addentrarci nei vasti silenzi e nella magniloquenza architettonica della Certosa di Bologna, sfilando davanti alle tombe come fossero vetrine in cui si rappresenta la pietà umana, sotto porticati che ripetono il senso di protezione che si prova passeggiando nella città dei vivi sotto i portici. Non c’è quasi nessuno, a quest’ora, nell’altra città, la città dei morti.
Bolognese anche lui, e come il poeta Roberto Roversi che ha scritto il testo, Lucio Dalla racconta, in questa che è una delle sue più belle canzoni, di un uomo seduto in una stazione che all’improvviso riconosce la donna che amò molti anni prima. L’uomo non ha il coraggio di manifestarsi e rimane col suo rimpianto e i suoi ricordi.  “Vorrei chiamarla e dirle:/ le volpi con le code incendiate non parlano, ma gridano pazze / fra gli alberi per il dolore. / Sediamoci per terra oppure là, sopra panchine imbiancate, / sediamoci sopra un letto di foglie secche e ascoltiamo il nostro cuore. L’amore, la nostalgia, il rimpianto, la morte, si tengono per mano, alla Certosa.

Musica. Lucio Dalla: Tu parlavi una lingua meravigliosa.

Brano corrente

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