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26 Novembre 2011 | Paesaggio dell'anima

Miccia prende fuoco

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

26 novembre 2011

Le musiche di questa puntata: Filippo Cosentino, Davide Van de Sfroos, C. W. Gluck, Zucchero, Massimo Zamboni. 

Musica. Filippo Cosentino: River Avon.

Cari amici, il brano con cui abbiamo iniziato è del chitarrista Filippo Cosentino, emiliano d’adozione. Nel suo primo disco solista, Lanes, che in inglese significa “corsie”, Cosentino si avvale di collaborazioni di rilievo come quella del trombettista Fabrizio Bosso. Siamo ancora a Reggio Emilia, da cui vi parliamo in una domenica sera di nebbia fonda. Eh sì, quest’anno, dopo un ottobre bellissimo, così caldo da diventare quasi inquietante, pare siano tornate le nebbie. Stiamo prendendo l’aperitivo in un bar di piazza San Prospero, prima di cena. La piazza si è svuotata appena scesa la sera, e la foschia che avvolge le luci fioche sotto i portici, rende magico questo spazio. I reggiani la chiamano la piâsa céca, la piazza piccola, per distinguerla dalla piazza grande dei poteri cittadini, Piazza Prampolini. La piazza piccola è invece uno spazio popolare, il luogo dei commerci, degli incontri, delle chiacchiere. La piazza del popolo, insomma, dove si possono incontrare personaggi come lo Yanez di Davide Van de Sfroos, cantautore che racconta storie in dialetto comasco. Dignità di lingua hanno finalmente assunto molti dialetti, grazie a musicisti sensibili che cercano nuove strade. Anche il reggiano, come tutti i dialetti gallo-italici del nord Italia, ha alle spalle il sostrato celtico, da cui deriva la strana parlata che lascia echi nella piâsa céca.

 Musica. Davide Van de Sfroos: Yanez.   

 Ah, che bella Piazza San Prospero! Ci racconta un erudito avventore del bar, che nel 1506 scoppiò qui un incendio che distrusse il macello pubblico. Eliminate per forza di causa maggiore le maleodoranti beccherie, si liberò lo spazio per allineare le facciate, costruire i portici, valorizzare le absidi della Cattedrale e ricostruire la basilica di San Prospero, il patrono della città, la cui facciata barocca fa da quinta scenografica alla piazza. Il risultato fu un capolavoro di armonia, sorvegliato dai sei grandi leoni rinascimentali in marmo rosso di Verona che davanti alla chiesa osservano il va e vieni delle persone. Ora, sono qui soli davanti alla nebbia, poveri leoni padani. Adesso ascoltiamo un grande musicista reggiano, il flautista Andrea Griminelli, nell’esecuzione dello stesso brano che accompagnò la cerimonia funebre per Luciano Pavarotti nel Duomo di Modena, la Danza degli Spiriti Beati dall’Orfeo e Euridice di Gluck.

 Musica. C. W. Gluck: Orfeo e Euridice. Danza degli Spiriti Beati. Esecuzione di Andrea Griminelli.

 Eh sì, fa freddo stasera. L’inverno è arrivato all’improvviso, senza bisogno di annunciarsi. “Servono i guanti”, dice una ragazza. I volti infreddoliti dei rari passanti si nascondono dentro sciarpe colorate, ma noi avevamo caldo stamattina, dentro la chiesa di San Prospero, con tutte quelle fiamme d’inferno che avvolgevano i dannati, nel Giudizio Universale affrescato da Camillo Procaccini nel catino dell’abside intorno al 1585. E, guarda caso, nel silenzio serale della piazza, dal piano alto di un palazzo neoclassico esce una musica – forse quella della tv – insieme al gesto di un ragazzo che spalanca la finestra per fumare: è Un soffio caldo del reggiano Zucchero, su testo di Francesco Guccini. “L’alba ai granai, filtra di qua dal monte/ piano si accende, striscia e dà vita al cielo / scende e colora vivida il fiume e il ponte / oh, è tempo per noi di andare via …”.

 Musica. Zucchero: Un soffio caldo (testo di Francesco Guccini).

 In questa, che è appunto la piazza del mercato – infatti, si chiamava Piazza delle Erbe – un banale litigio sul costo di un cespo d’insalata tra fruttarole, dragoni del Duca e giacobini, scatenò una sollevazione popolare. I reggiani, si sa, non vanno molto per il sottile, tant’è che i parmigiani – che si ritengono più raffinati – li chiamano “teste quadre”. Ma sono anche i reggiani stessi, che hanno il senso dell’ironia, a scherzare sugli “arzàn testa quedra”. Per i reggiani, i troppo francesizzanti parmensi sono dei “bagoloun”, dei fanfaroni, degli altezzosi. Per non parlare della rivalità con Modena. Secondo alcuni sarebbero stati i modenesi, dopo una battaglia con i reggiani per la difesa delle risorse idriche della regione nel lontano 1201, a definire questi ultimi “teste quadre” per la forma dell’elmo indossato dai soldati. Comunque sia, adesso non abbiamo voglia di discussioni. Con il naso gelato e la foschia che sfuma i contorni, scivoliamo nelle traverse a sud di Piazza San Prospero alla ricerca di un buon ristorante. Non litigheremo sulla paternità dell’aceto balsamico – modenese o reggiana? -, ma ci faremo avvolgere dai vini e dai sapori nella cuccia confortevole di questa città, mentre fuori l’inverno bussa forte alla nostra porta. La musica che ci accompagna è di un autore reggiano, naturalmente: Massimo Zamboni, che fa cantare la bravissima Nada.

 Musica. Massimo Zamboni: Miccia prende fuoco.  

Brano corrente

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