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13 Settembre 2014 | Paesaggio dell'anima

Passaggi in Appennino. Parte II.

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura Fulvio Redeghieri.

PGR: E montagne fin quante ne vuoi

Circondati da montagne, preghiamo che la bellezza non finisca. Bellezza dell’umiltà, delle piccole chiese campestri e delle pievi romaniche che confondono le loro pietre con le foglie degli alberi e il verde dei prati, su cui siedono da secoli. Bellezza del tempo che passa e fa invecchiare tutto. Beata solitudine, come quella della pieve di Sant’Apollinare poco fuori del piccolo borgo di Coscogno nell’Appennino modenese. Affacciata sull’ampia vallata, è avvolta in un silenzio rimasto intatto dall’epoca matildica, in cui fu costruita. Quando il nostro sguardo si posa sul portale della chiesetta, dove, in una lunetta, lottano due caprioli scolpiti nella pietra, il pensiero corre a quel tempo fantastico in cui figure di animali e motivi vegetali decoravano le costruzioni degli uomini. L’arte esprimeva ancora le meraviglie del creato, per le quali ora non c’è che una stanca preghiera, modulata nelle vallate davanti agli antichi segni di devozione popolare, edicole mariane, oratori, pievi romaniche: una preghiera come quella cantata da Giovanni Lindo Ferretti nel celebre concerto di Montesole.

PGR: Madre

Era il 29 giugno 2001 a Montesole, paese dell’Appennino bolognese dove Ferretti, leader dei PGR, ultima trasformazione dell’originaria band dei CCCP, rendeva omaggio a Giuseppe Dossetti con un concerto rimasto nella storia del rock italiano, la cui registrazione uscì solo due anni dopo, nel 2003. Uomo di montagna, che alleva cavalli sull’Appennino reggiano, Ferretti non poteva non restare affascinato dalla figura di Dossetti, nato nel 1913, figura di primo piano del partito della Democrazia Cristiana e uno dei padri della nostra Costituzione. Dossetti nel 1956 si ritirò dagli impegni politici per farsi sacerdote. Montesole divenne il suo rifugio, il suo luogo di preghiera e di elaborazione intellettuale, e certo Ferretti non lo profanò con la sua musica, che invece dall’evento uscì più spiritualizzata, se così si può dire. Nel 2010 un grande musicista, Franco Battiato, disidratò e scarnificò, riducendole all’osso, cioè quasi solo alla voce, nove canzoni di Ferretti, tra cui “Montesole”, che ascoltiamo adesso, e “Cronaca montana”, dopo. Intanto noi da Coscogno raggiungiamo un altro borghetto, Montebonello, dove, abbandonata l’auto alle prime case dell’abitato, ci inoltriamo a piedi sulla strada che gira intorno al monte.

PGR: Montesole.

Qui c’è la chiesa della Natività di Maria, vecchia di quasi mille anni. Elementi romanici e gotici testimoniano i diversi periodi di costruzione. Nella muratura in conci d’arenaria squadrati si aprono due portali, uno romanico e uno gotico, e all’interno ci sono affreschi del Quattrocento consumati dal tempo. Raffigurano santi di credenze lontane, cui più nessuno crede. Di nuovo in auto, sotto un cielo questa volta nuvoloso che promette pioggia, continuiamo la ricerca delle pievi fondate intorno al Mille sull’Appennino modenese. Ci dirigiamo per strade secondarie verso le pendici occidentali dell’Appennino, costeggiando il fiume Secchia. Prima di Montefiorino, a Rubbiano, facciamo una sosta alla pieve di Santa Maria Assunta, antichissima, già nota agli inizi dell’VIII secolo, quando aumentarono i traffici lungo la Via Bibulca che collegava Emilia e Toscana valicando l’Appennino. Viandanti, commercianti e pellegrini andavano su e giù per queste montagne, con i loro sacchi in spalla e le croci sul petto, camminando per interi giorni. Montagne, sempre montagne. E come canta Giovanni Lindo Ferretti, “Nato tra i morti sui monti / vivo sui monti tra i morti / e non c’è lama che possa recidere la languida catena / generazione su generazione …”.

PGR: Cronaca montana.

L’ultimo passaggio in Appennino, seguendo ancora il tracciato dell’antica Via Bibulca che si snoda parallelo alla strada asfaltata, ci porta a Frassinoro tra boschi e prati. Bel nome, Frassinoro, che evoca il colore dorato delle chiome dei frassini che crescono in questi luoghi. Qui sorgeva un’abbazia, fondata nel 1071 dalla madre di Matilde di Canossa, di cui restano poche tracce, tra cui una colombina eucaristica, cioè un vaso a forma di colomba in cui si tenevano le ostie consacrate, che è una meraviglia. Il vaso è conservato al Museo Civico di Modena e risale all’XI o XII secolo. Da Frassinoro torniamo sotto una pioggerellina estiva verso Montefiorino, e da lì in pochi minuti  arriviamo a Vitriolo, borgo che prende nome da un minerale, il vetriolo verde, abbondante nelle sue acque. Dal vetriolo si ricavava nel Medioevo un olio usato per produrre l’inchiostro e per tingere di nero o rosso cupo stoffe e tessuti. Noi, finito di piovere, siamo davanti alla lunetta della chiesa romanica di Sant’Andrea, anch’essa secondo tradizione fondata da Matilde di Canossa e da sua madre Beatrice di Lorena, alla fine dell’XI secolo.

Lassociazione: I mik (l’urijin del mund).

Nella lunetta scolpita nella pietra sono raffigurati tre personaggi che sembrano presi da un fumetto: hanno facce squadrate e indossano larghe tuniche. Quello centrale, probabilmente Cristo, alza la mano benedicente, quello a destra ha in mano un libro e quello a sinistra regge un incensiere. Ai lati dei personaggi vediamo un’aquila che tiene un libro tra gli artigli e un angelo con le ali aperte. Simboli: simboli che non capiamo più. Che mondo era quello? Che mondo è il nostro? Troppe domande: meglio addormentarsi sotto un albero con le musiche de Lassociazione, band dell’Appennino (reggiano).

Lassociazione: N’è brisa chi.

 

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