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29 Novembre 2014 | Paesaggio dell'anima

La polvere di Morandi. Parte II

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redighieri.

Eusebio Martinelli: Danze sulla polvere.

Nella polvere si può danzare, come canta Eusebio Martinelli accompagnato dalla Gipsy Abarth Orkestar. Cari ascoltatori, la polvere ci racconta la vita, sia che si posi sulle brocche e le bottiglie del piccolo studio bolognese di Giorgio Morandi, sia che provenga dalle stelle, come segno effimero di ciò che resta del successo. Polvere, parola dai mille significati, che ci ricorda innanzitutto il versetto biblico “polvere tu sei e in polvere tornerai!”, e la celebrazione delle Ceneri con cui si apre la Quaresima cristiana. Polvere, ceneri, nebbia, disegnano un paesaggio misterioso dove gli anziani conservano vecchi sogni ammuffiti, e i giovani combattono per non polverizzare le proprie speranze. Ma ora il grande Henghel Gualdi, nato tra le nebbie della bassa reggiana, ci porta in cielo col suo clarinetto strepitoso, a raccogliere polvere di stelle per artisti sul viale del tramonto.

Henghel Gualdi: Polvere di stelle.

L’insegnamento che ci viene dalla solitaria e rigorosa ricerca di Giorgio Morandi – una poetica poi condivisa dal fotografo Luigi Ghirri – è  quella dell’essenzialità, del semplificare, del ridurre al minimo lo spazio e le cose, di concentrarsi su ciò che ci è vicino. Infatti, riducendo lo spazio del mondo ci si avvicina di più alle cose, alla loro esistenza misteriosa, al loro apparire o cambiare nel tempo. Per coglierne l’essenza, occorre fare attenzione alla luce, che ha infinite variazioni e risplende su di esse facendole brillare, oppure annega in esse, come nelle opache tazze da tè giapponesi che non la riflettono. La luce, i volumi, le forme, ci mostrano le cose come un’apparizione: la pittura di Morandi, come la fotografia, blocca per un attimo il loro svanire. Le fissa nella memoria, come gli amori, la bellezza, la fame di vita che viene dal profondo. Le immobilizza in una natura morta.

La Crus: Natura morta.

E’ così, cari amici, come ha scritto Giorgio Messori, che «per Cézanne, Morandi e Ghirri il tempo non è soltanto quello cronologico, cioè il tempo che passa, i minuti e gli anni che si susseguono. E’ anche sempre quello atmosferico, la luce dell’estate o dell’inverno, il sole o le nuvole, la nebbia, la neve che cade». Scrive ancora Giorgio Messori che Luigi Ghirri, poco prima di morire improvvisamente nel 1992, aveva visto il film di Alain Corneau “Tutte le mattine del mondo”, dove il protagonista è un virtuoso della viola da gamba, nel Seicento francese, che aggiunge una settima corda al suo strumento per ampliarne il suono e arrivare così a comunicare con la moglie morta, che infatti gli appare nel capanno dove lui si ritira a suonare. “Tutte le mattine del mondo sono senza ritorno” è il titolo del libro da cui è tratto il film, e che siano senza ritorno lo pensava anche Ghirri che per un anno intero, tutti i giorni, aveva fotografato il cielo che si vedeva dalla sua casa nella campagna reggiana. Anche Ghirri, anche Morandi, uno con la fotografia, l’altro con la pittura, conoscevano il segreto della settima corda, quella che evoca le immagini come se fossero chiamate dalle cose stesse che vengono fotografate o dipinte. Ecco ora la famosa viola da gamba del film: a suonarla è il maestro Jordi Savall.

Monsieur de Saint Colombe: Les Pleurs (interprete Jordi Savall; dalla colonna sonora del film “Tous les matins du monde”, 1991).

E’ qui, cari amici, che volevamo arrivare. I grandi artisti sono capaci, come ha scritto Ghirri a proposito di un altro fotografo, Walker Evans, di lasciare «agli spazi, agli oggetti, ai paesaggi, il compito di rivelarsi al nostro sguardo con una riservatezza, una dignità prima sconosciute». E anche noi, se abbiamo questa sensibilità, possiamo guardare le cose con uno sguardo amorevole, perché esse sono la nostra vita, vivono e muoiono con noi. Ma prima di diventare polvere depositata su una teiera, la vita si fa visione evanescente, impalpabile: una vibrazione di luce. Come le ultime fotografie di Ghirri, come gli ultimi acquerelli di Morandi. Si entra nel sonno, nelle visioni, ma consapevoli ogni volta che, fin che sarà possibile, ci sarà un mattino in cui svegliarsi; e un giorno in più da celebrare, perché più non tornerà. «Squarci visionari per cantare lo stupore del risveglio in ogni mattina della vita», aveva scritto Ghirri a proposito delle canzoni dell’amato Bon Dylan, di cui ora ascoltiamo “Lay lady lay”: «Rimani ragazza rimani / Rimani mentre la notte è vicina / Voglio vederti nella luce del mattino /Voglio starti vicino nella notte» …

Bob Dylan: Lay lady lay.

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