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19 Ottobre 2013 | Paesaggio dell'anima

Il tempo che resta. Omaggio a Serge Reggiani

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

19 ottobre 2013

Musica. Ute Lemper: Les feuilles mortes (di J. Kosma – J. Prévert).

Cari ascoltatori, in questo inizio d’autunno ci è venuta voglia di ascoltare canzoni francesi. Sarà perché, a vedere gli alberi spogli, ci suona nell’orecchio la melodia de “Les feuilles mortes”, portata al successo da Yves Montand, e da noi proposta nell’interpretazione di Ute Lemper del 15 luglio 2008 al Ravenna Festival. Il brano, scritto da Joseph Kosma su testo di Jacques Prévert, faceva parte della colonna sonora del film del 1946 di Marcel Carné “Mentre Parigi dorme”, di cui Montand era protagonista. In quegli anni, muoveva i primi passi nel cinema anche un altro italiano naturalizzato francese, Serge Reggiani, il cui vero nome era Sergio Reggiani, così come Yves Montand era il nome d’arte di Ivo Livi. Montand era nato in Toscana, Reggiani a Reggio Emilia. I due italiens si conobbero nel 1952, quando Serge Reggiani interpretò il film “Casco d’oro” con l’attrice Simone Signoret, fresca sposa di Yves Montand. Nel 1963, a casa dei Montand, Reggiani conosce il produttore musicale Jacques Canetti, fratello dello scrittore Elias Canetti, che gli propone di intraprendere la carriera di cantante. E’ nato così uno dei più grandi chansonniers francesi, nel fermento esistenzialista del Quartiere Latino, negli anni in cui Saint-Germain-dès Prés era il centro del mondo.

 Musica. Serge Reggiani: Il suffirait de presque rien.

Di questa splendida canzone, ci resta una memorabile interpretazione alla tv francese nel 1995: Reggiani la cantò annoiato con la sigaretta accesa tra le dita. Era un uomo che stava uscendo dal lungo tunnel nero della depressione e dell’alcolismo, in cui si era infilato dopo il suicidio del figlio Stéphane nel 1980. Sembrava non gli importasse più di cantare, e nemmeno di fare l’attore, nonostante tutti i suoi memorabili film, da Tutti a casa di Luigi Comencini del 1960 a Il volo di Théo Angelopolus del 1986, due perle di una carriera iniziata nel 1942 e terminata 56 anni dopo nel 1998. Da giovane, Serge Reggiani era «un piccolo gatto da marciapiede tutto nervi», come lo definì François Truffaut. Da vecchio, ci lascia questa emozionante Le temps qui reste con quella sua caratteristica voce parlata che si alza nei toni per gridare il suo amore per la vita, ormai impastata di vecchiaia: “So quello che mi diceva mio padre / il tempo è come il pane / conservalo per domani. / Io ho ancora del pane / ancora del tempo, ma quanto? / io voglio giocare ancora / voglio ridere montagne di risa / voglio piangere torrenti di lacrime / voglio bere battelli interi di vino / di Bordeaux e d’Italia / e ballare, gridare, volare, nuotare in tutti gli oceani / e non ho finito, non ho finito / voglio cantare / voglio parlare fino alla fine della mia voce / io l’amo tanto, il tempo che resta …”.

Musica. Serge Reggiani: Le temps qui reste. 

Il padre di Serge, Ferruccio Reggiani, era un parrucchiere ostile al regime di Mussolini. Nel 1930, quando Sergio aveva otto anni, da Reggio Emilia si trasferì con la famiglia in Francia. I Reggiani lasciarono il quartiere di Santa Croce – il quartiere proletario del pòpol giòst (il popolo giusto) – per stabilirsi prima in Normandia, e poi a Parigi per aprire un negozio di parrucchiere. Nella capitale Ferruccio fu tra i primi aderenti alla Fratellanza Reggiana. Fondata nel settembre 1933 in un piccolo caffè di Cours de Vincennes, la più antica associazione emiliano-romagnola all’estero aveva lo scopo di aiutare i reggiani che, a partire dagli anni Venti e spesso per ragioni politiche, si erano stabiliti a Saint-Denis alimentando una filiera migratoria che già da fine Ottocento trovava sfogo nelle fabbriche della banlieue parigina e nell’edilizia. Il ristorante di Luigi Menozzi nel quartiere di Montrouge fu la prima sede dell’associazione. I fuoriusciti italiani vi trovavano assistenza nella ricerca di alloggio e lavoro, e la condivisione degli ideali di libertà cementava lo spirito di solidarietà. Serge Reggiani non dimenticò mai di essere anche lui un migrante, il cui padre aveva cercato la libertà.

Musica. Serge Reggiani: Ma liberté.

Uscito dal tunnel dell’alcolismo seguito alla morte del figlio, nell’agosto 1997 Serge Reggiani tornò dopo molto tempo a Reggio Emilia, invitato a cantare alla Festa nazionale dell’Unità. Aprì il concerto, che s’intitolava “Omaggio alla mia città”, con L’italien, suscitando la commozione di tutti. Il sindaco di Reggio Emilia gli regalò una copia del primo tricolore. L’italien è la sua canzone più famosa, e anche il suo soprannome in Francia. Il testo in francese racconta il ritorno di un emigrante: “Sono io, sono l’italiano / Aprimi, aprimi la porta / Io non ne posso proprio più / Se ci sei, aprimi la porta / Non sai com’è stato laggiù / Io torno a casa / Ho fatto tutti i mestieri / Ladro, equilibrista / Sergente / Commediante, bracconiere / Imperatore e pianista …”. Forse la più bella canzone sul partire e sul tornare, sul rimpianto e sul perdono: “Da qui sento il cane / E se non sei morta / Aprimi senza rancore / Io rientro un po’ tardi, lo so / 18 anni di ritardo, è vero / ma ho trovato i miei fiammiferi / in una strada del Massachusetts / E’ faticoso il viaggio / per un bambino della mia età …”. Queste parole poteva scriverle solo un migrante e solo “un poeta dal cuore immenso”, come l’allora presidente francese Chirac ricordò Reggiani il giorno della sua morte nell’estate del 2004. Noi le dedichiamo a tutti i migranti di ieri e di oggi, alla loro pazienza, alla loro disperazione e alle loro speranze.

Musica. Serge Reggiani: L’italien.

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