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14 Febbraio 2015 | Paesaggio dell'anima

Le voci degli angeli

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Radighieri

Alessandro Moreschi: Ave Maria (di J. S. Bach e C. Gounod).

Sapete di chi è questa voce, cari ascoltatori? Appartiene a uno degli ultimi castrati che, dal lontano 1589, erano ammessi nel coro della Cappella Sistina, la cappella privata del Papa. Si chiamava Alessandro Moreschi. I contemporanei lo soprannominavano «l’angelo di Dio». Si ritirò dalle scene nel 1913, quando da tempo l’evirazione era dichiarata illegale. Vecchie incisioni ci riportano in vita una voce ottenuta con una pratica crudele, peraltro molto antica. Cantanti eunuchi erano noti sin dai tempi di Bisanzio. Ma fu nella nostra regione, con il duca di Ferrara Alfonso II d’Este, che gli “evirati cantori” fecero il loro ingresso nella scena musicale italiana ed europea. E, come vedremo, il più famoso tra tutti, Farinelli, studiò, visse ed è sepolto a Bologna. I castrati erano chiamati “sopranisti” perché la loro tessitura vocale era simile a quella dei soprani. Oggi i “sopranisti” sono controtenori il cui falsetto è molto più esteso e sviluppato rispetto a quello di un normale controtenore. Sono rari i casi di uomini adulti in grado di cantare nelle gamme di contralto e mezzosoprano con voce piena. I moderni sopranisti si cimentano per lo più nei ruoli seicenteschi e settecenteschi scritti per la voce dei cantori evirati. Il più famoso oggi è Philippe Jaroussky, che canta come controtenore acuto mezzosopranile. Jaroussky è il moderno Farinelli. Sentite che meraviglia.

 Philippe Jaroussky: Ay, Este Azul.

 L’abate francese Raguenet, innamorato di quelle voci dai registri femminili, scriveva alla fine del Seicento che «sono ugole e suoni di voci di usignoli; sono fiati che fanno mancare la terra sotto i piedi e che quasi tolgono il respiro». Certo la castrazione per la musica rimaneva una pratica brutale e, sembra, tutta italiana. Nessuno sapeva dove avveniva. Il musicologo inglese Charles Burney, morto nel 1814, indagò in quale posto in Italia i ragazzi venissero castrati per ottenere la voce degli angeli: «Mi venne detto a Milano che era a Venezia – scrisse; a Venezia che era a Bologna; ma a Bologna negarono e venni indirizzato a Firenze; da Firenze a Roma, e da Roma venni mandato a Napoli … ». Un bel mistero.
Ascoltiamo ancora Philippe Jaroussky in una straordinaria aria d’opera del compositore napoletano e insegnante di canto Nicola Porpora che, negli anni Venti del Settecento, ebbe tra i suoi studenti proprio Farinelli. Un allievo che sarebbe poi diventato per la sua vocalizzazione brillante uno dei cantanti più famosi del Settecento, conteso da diplomatici e sovrani di tutta Europa.

Philippe Jaroussky: Semiramide riconosciuta. Sì pietoso il tuo labbro. Di Nicola Porpora. Venice Baroque Orchestra.

Vi raccontiamo un episodio noto della vita di Farinelli. Dopo gli studi all’Accademica Filarmonica di Bologna, si trasferì a Londra per cantare al Lincoln’s Inn Fields diretto da Nicola Porpora. Nel 1737 accettò l’invito della regina di Spagna, che sperava di curare l’apatia del marito, il re Filippo V, con la voce prodigiosa di Farinelli. Il sovrano spagnolo, infatti, aveva abbandonato la vita pubblica e si disinteressava degli affari di Stato a causa della malinconia e della nevrastenia di cui soffriva. La cura per risvegliarlo al mondo, consisteva nel far cantare ogni giorno a Farinelli sempre le stesse arie da stanze lontane e via via sempre più vicine a quella del re. La prima di queste arie era sempre “Pallido il sole” dall’«Artaserse» diJohann Adolf Hasse. Immaginate il malinconico sovrano che sente la meravigliosa voce di Farinelli da lontano, e poi sempre più vicina, e con essa, giorno dopo giorno, si risveglia alla vita, ricomincia a lavarsi, a radersi, a uscire. La terapia funzionò e l’evirato cantore dovette promettere al re di restare alla corte di Spagna e cantare solo per lui.

Johann Adolf Hasse: Artaserse (da «Arias for Farinelli».Akademie fur Alte Musik Berlin).

La splendida villa che Farinelli si fece costruire a Bologna, fuori porta Lame, dopo essersi ritirato dalle scene, non c’è più. Lì ricevette Mozart adolescente e soffrì, anche lui, di malinconia. E lì si spense la sua voce celestiale. Un’altra voce che resta nella storia è quella del forlivese Angelo Masini: la «più divina che abbia mai sentito: è proprio come un velluto», disse Giuseppe Verdi. Non per nulla, Masini era chiamato “il tenore angelico”. Verdi ne rimase conquistato dopo una memorabile «Aida» a Firenze nel 1874 e lo volle nelle esecuzioni della sua «Messa da Requiem» che portò in tournée in Europa l’anno seguente. Morì a Forlì nel 1926 e la sua città gli intitolò il Teatro Comunale con questa dedica: «In questo luogo del popolare borgo Schiavonia / sulle ali divine degli angeli musicanti del Melozzo / s’impersonava nel nome di Angelo Masini / lo spirito celeste del canto / fra i massimi tenori del suo tempo / voce sovrana di paradisiaca bellezza / a imperitura fama consacrata / sulle scene liriche d’Europa e Sudamerica …». Non abbiamo alcuna registrazione da proporvi. Speriamo vi piaccia la scelta del tenore argentino Marcelo Alvarez per il «Requiem» di Giuseppe Verdi. Alla prossima puntata, cari ascoltatori.

Giuseppe Verdi. Messa da Requiem. II. Ingemisco (da «The Verdi Tenor», Marcelo Alvarez).

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