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21 Gennaio 2009 | Archivio / Prodotti tipici e sagre

La coppia ferrarese

Il tipico pane coi crostini che Riccardo Bacchelli definì “il pane più buono del mondo”

A cura di Marina Leonardi

21 gennaio 2009

Cari ascoltatori, Riccardo Bacchelli lo definì ”il pane più buono del mondo”. Stiamo parlando della coppia ferrarese i tipici crostini della zona di Ferrara prodotti con farina di grano tenero tipo “0” (di ottima qualità e proveniente da grano coltivato prevalentemente in provincia di Ferrara), strutto, olio extra vergine d’oliva, lievito naturale, sale marino, acqua e malto, senza aggiunta di additivi chimici. Questa è la ricetta che da diversi anni è protetta dal marchio di qualità dell’Unione Europea, Igp.

La storia della coppia va indietro nel tempo al carnevale del 1536 quando, secondo quanto riportato da Cristoforo da Messisbugo, il grande scalco della corte estense, nel grande banchetto offerto dal Duca comparì un “pane ritorto”. Ma gli statuti comunali del XIII secolo parlano già di un pane confezionato nelle forme con gli “orletti”  cioè le classiche doppie corna. Nel 1694 lo storico Antonio Frizzi cita la raffinatezza del pane ferrarese, unico per la forma, per i tipi di farina che venivano impiegati, per la particolarità della lavorazione, al punto di essere, già allora, un vanto della gastronomia cittadina.

Il rito della panificazione casalinga iniziava la sera, dopo cena. Si preparava prima il lievito, lavorando la pasta madre, preparata con un impasto di sola acqua e farina, fermentato naturalmente.
Il tutto veniva riposto nella spartùra, la madia dove nel corso della notte si completava il processo di lievitazione. Ogni volta veniva tenuto da parte un pezzo dell’impasto per la lievitazione della notte successiva, la cosiddetta madre. Verso le tre del mattino le donne preparavano i blocchi di pasta, passandoli per la gramadora, una primitiva macchina di legno che “accoppava” l’impasto. Poi tutti si impegnavano nella preparazione del pane, dandogli la tradizionale forma della “coppia” (la ciupèta), due doppie corna unite in un cuore dalla mollica morbida e compatta, o sbizzarrendosi in tante altre forme suggestive come la ricciolina (rizzata), la “spaccata”, la lustra, la santada o l’ucarina, molte delle quali sono oggi purtroppo dimenticate.

Quando non esistevano i frigoriferi e ci si accorgeva che il pane stava passando di lievitazione, lo si stendeva su lunghe assi di legno e lo si trasportava all’aperto, posandolo addirittura sopra la neve in inverno. Il pane che subiva questo trattamento aveva colore e fragranza particolari e lasciava trasparire un venatura biancastra durante la cottura.
La coppia raccoglie in sé la fragranza del crostino e la morbidezza della mollica riposta nel suo cuore là dove le punte si intrecciano. Un pane davvero unico, che viene consumato di prevalenza nella provincia ferrarese e di cui si producono circa 300 tonnellate all’anno che ben si accompagna

Brano corrente

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