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17 Dicembre 2007 | Archivio / Prodotti tipici e sagre

N°88-SAPORI D’ITALIA

La cena della Vigilia.


Cari ascoltatori eccoci giunti di nuovo alla Vigilia di Natale. Cosa portare in tavola? Cosa fa tradizione?


Per la vigilia, da sempre è di rigore un menu di “magro”, che una volta si consumava con una cena frugale che vedeva come ospite fisso l’anguilla cucinata in molti modi: marinata, ai ferri, spaccata in due, salata e posata sulla graticola con le braci di legna, fritta, in umido con la polenta, oppure preparata in brodetto di verza, nel risotto, allo spiedo.


Oggi, in epoca decisamente più consumista, anche la cena della Vigilia si è trasformata in un appuntamento importante dove stare insieme e godere di tanti piatti diversi, anche se tutti, rigorosamente di magro e spesso a base di pesce. Un primo piatto tipico della vigilia sono i tortelloni di magro, con ripieno di ricotta e spinaci, che siano a coda o tradizionali i tortelloni sono diffusi dalla riviera fino a Piacenza. Nel piacentino, nella zona di Soarza  la vigilia di Natale  si mangiano i Gnoc ad la vigilia, piccoli gnocchetti di pasta da condire con un sugo a base di poco olio, funghi secchi e salsa di pomodoro. A Bobbio, dove dicembre è sinonimo di lumache la vigilia queste occupano un posto d’onore assieme alle lasagne ai funghi. Come si preparano? Innanzitutto dimenticandosi la fretta. Perché le lumache, dopo un accurato trattamento per eliminare ogni viscosità, vengono lasciate frollare per due o tre giorni in un luogo freddo. Il giorno precedente la consumazione si prepara un soffritto con olio, lardo e cipolla, si aggiungono i molluschi, si lasciano cuocere a fuoco lento fino a quando non restano asciutti, poi si versa una piccola quantità’ di salsa di pomodoro. La cottura prosegue fino a sera. Il giorno dopo si aggiungono porri, gambi di sedano e carote a piccoli pezzi, si copre con acqua e un bicchiere di vino bianco secco, e si completa la cottura lentamente. Per la vigilia di Natale il menù di magro lascia poco spazio ai dolci. Unico dolce concesso nel ferrarese l’austero “pampepato” il dolce tipico di Ferrara, probabilmente nato in uno dei conventi della pianura: la forma a calotta ricoperta di cioccolato, richiama alla memoria lo “zucchetto”, il copricapo degli ecclesiastici. Essendo un dolce non troppo elaborato era concesso anche nei giorni di vigilia.


La sera della vigilia oltre al menù rigorosamente di magro, qualcuno forse ricorda ancora la tradizione di lasciare la tavola apparecchiata la notte con la tovaglia più bella su cui vengono posati pane fragrante, un bicchiere d’acqua e uno di vino rosso per il primo pasto di Gesù Bambino.


Il nostro corregionale e grande gastronomo Pellegrino Artusi, propone un pranzo di magro, alquanto ricco di portate. Come antipasto. Crostini col caviale, acciughe, olio e limone. Per minestra, tortelli o risotto con le telline. Poi un fritto di sogliole, totani e triglie e poi anguilla arrosto come contorno cardi con la besciamella o crescioni e poi per dolce, croccanti, mele in gelatina, aranci a fette con zucchero a vele e alkermes e a finire frutta fresca di stagione e frutta secca.


Ed ecco alcune ricette, per la vostra cena della Vigilia tratte da La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene:


TORTELLI


Ricotta o raviggiuolo, oppure l’una e l’altro uniti, grammi200.
Parmigiano, grammi 40.
Uova intere n.1 e un rosso.
Odore di noce moscata e di spezie.
Un pizzico di sale.
Un po’ di prezzemolo tritato.


Si chiudono in una sfoglia fatta come quella dei cappelletti e tagliata con un disco rotondo alquanto più grande. Si possono lasciare colla prima piegatura a mezza luna, ma è da preferirsi la forma dei cappelletti. Si cuociono nell’acqua salata a sufficienza, si levano asciutti e si condiscono a cacio e burro.


Con questa dose ne otterrete 24 o 25 e possono bastare, essendo grandi, per tre persone


PESCE MARINATO


Sono parecchie le specie de’ pesci che si possono marinare; ma io preferisco le sogliole e le anguille grosse. Se trattasi di sogliole friggetele prima nell’olio e salatele; se di anguilla tagliatela a pezzi lunghi circa mezzo dito e, senza spellarli, cuoceteli in gratella o allo spiedo. Quando hanno gettato il grasso conditeli con sale e pepe.


Prendete una cazzaruola e in essa versate, in proporzione del pesce, aceto, sapa (che qui ci sta come il cacio su’ maccheroni), foglie di salvia intere, pinoli interi, uva passolina, qualche spicchio d’aglio tagliato in due per traverso e del candito a pezzettini. Mancandovi la sapa supplite collo zucchero e assaggiate per correggere il sapore dell’aceto, se fosse troppo forte. Fate che questo composto alzi il bollore e poi versatelo sul pesce che avrete collocato in un tegame di terra, disteso in modo che il liquido lo investa da tutte le parti. Fategli spiccare un’altra volta il bollore col pesce dentro, poi coprite il vaso e riponetelo.


Quando lo servite in tavola prendetene quella quantità che vi abbisogna con un poco dei suo intinto, unendovi anche porzione degli ingredienti che vi sono. Se col tempo il pesce prosciugasse, rinfrescatelo con un altro poco di marinato.


ANGUILLA ARROSTO


Potendo, preferite sempre le anguille di Comacchio che sono le migliori d’Italia se non le superano quelle del lago di Bolsena rammentate da Dante.


Quando l’anguilla è grossa e si voglia cuocere allo spiedo è meglio spellarla. Tagliatela a rocchi lunghi tre centimetri ed infilateli tra due crostini con qualche foglia di salvia oppure di alloro se non temete che questo, pel suo odore troppo acuto, vi torni a gola. Cuocetela in bianco a fuoco moderato e per ultimo datele una bella fiammata per farle fare la crosticina croccante. Per condimento sale soltanto e spicchi di limone quando si manda in tavola.


L’anguilla mezzana, a parer mio, riesce più gustosa cotta in gratella con la sua pelle, la quale, rammollita con agro di limone quando è portata in tavola, può offrire, succhiandola, un sapore non sgradito. Per condimento sale e pepe soltanto. I Comacchiesi, per la gratella adoperano anguille mezzane, le spellano se sono un po’ grosse, le ripuliscono soltanto se sottili, le inchiodano con la testa sopra un’asse, le sparano con un coltello tagliente, levano la spina e così aperte con le due mezze teste, le mettono in gratella, condite solo di sale e pepe a mezza cottura. Le mangiano bollenti.


L’anguilla richiede nel pasteggiare vino rosso ed asciutto.


 


Allora vi lasciamo alla vostra vigilia di Natale facendovi tanti tanti auguri.


A cura di Marina Leonardi.

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