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24 Novembre 2010 | Archivio / Protagonisti

Alberto Bevilacqua

In libreria il Meridiano Mondadori che raccoglie sette dei 14 romanzi dello scrittore parmense

A cura di Roberto Bertacchini e Claudio Bacilieri.

23 novembre 2010

Cari ascoltatori, dedichiamo la puntata di oggi ad Alberto Bevilacqua, al quale l’editore Mondadori dedica un suo Meridiano, Romanzi, curato dal modenese Alberto Bertoni, che raccoglie sette dei quattordici testi romanzeschi dell’autore parmigiano, e precisamente: Una città in amore, La Califfa, Questa specie d’amore, L’occhio del gatto, Una scandalosa giovinezza, I sensi incantati, La polvere sull’erba.

Di professione dichiarata “venditore di storie”, o meglio di “narrazioni”, Bevilacqua ha visto la luce a Parma nel 1934, in un quartiere dell’Oltretorrente povero ma colto, presso la casa del Parmigianino e quella del cronista medievale fra’ Salimbeni da Adam. Le sue “narrazioni” rispecchiano altrettanti motivi del suo “contare”, cioè del largo, fluente raccontare sul modello degli estrosi inventori orali, dei fantastico-realistici cantastorie da strada e da fiume, vagabondi, barcaroli, traghettatori in terra padana.

Intorno all’intrigo, alla fabula dei sette romanzi circolano aria e arte nostra, quella che nel parmense chiamano l’arlìa, gusto e stizza, voglia grande e diversivi, tensione e sollievo del raccontare. I “misteri del mondo” ascoltati da bambino e ragionati da adulto, Bevilacqua li narra conditi dall’arlìa, frequentati, movimentati dalla stessa, partecipe “misteriosa felicità” con cui raccontano i “cantori”. I quali prendono di petto, magari rabbiosamente, la realtà. Accettano le realistiche concretezze di fame, miseria, amore, violenza; ma poi le raggirano, le canzonano da soli, a modo loro e per primi. Tutto questo alla luce di accorte, personali sopportazioni padane, mostrandone in piazza, col sorriso e la fresca ironia, gli aspetti strani, imprevisti, curiosamente insoliti e paradossali.

Davvero esemplare, paradigmatico il romanzo La Califfa. Irene Corsini, detta “Califfa” per la vitalità sessualmente calda e il temperamento orgoglioso (il titolo del romanzo inizialmente sospeso, indeciso tra La Califfa e La Slandra, due termini che entrambi nel dialetto emiliano indicano donne “libere ma simpatiche”) rappresenta l’universo femminile di Bevilacqua. Fissa il prototipo muliebre della regione Emilia, insieme a l’Amelia, schietta e straziata amante dell’antifascista Guido Pincelli (nel lavoro d’avvio Una città in amore) e a la Zelia Grossi di Una scandalosa giovinezza.

Il romanzo Questa specie d’amore penetra, scava addentro nelle zone degli affetti familiari e coniugali. Illuminazioni tenere e crudeli di ardua verità si allargano soprattutto nei paragrafi che riguardano i genitori del protagonista: il padre “sovversivo”, inviso e perseguitato, la madre chiusa in una sua involontaria, ossessiva disperazione. Ne I sensi incantati, romanzo padano-mediatico, agiscono visioni destinate e anticipatrici, mentre sdoppiamenti telepatici uno dopo l’altro portano al protagonista Marco pezzi di identità perduta, gli restituiscono vincoli generazionali, paesaggi affettivamente remoti e costumi atavici.

Sullo sfondo delle sue narrazioni, ci sono sempre Parma e la pianura padana. “Parma – ha scritto – è la mia città di supporto, una città che ho odiosamato. Ma il mio ambiente, mio paradiso e mio inferno, è il Po. La sua vastità di acque – ora terribili, in piena, ora come mare trasparente -, le sue lanche, il gran bosco della Mesola che sembra un’Amazzonia, sono stati la mia ispirazione, il mio rifugio, il mio asilo. Qui ho trovato il filo di mistero che mi ha aiutato prima a vivere, poi a scrivere. Qui ho incontrato per la prima volta la magia, la follia creativa“.

Vi lasciamo, cari ascoltatori, con il Mosé di Gioacchino Rossini, che ha accompagnato questa nostra puntata. Dice, infatti, di sé Bevilacqua: “Sono un parmigiano rossiniano: amo Rossini, che è ancora in parte sconosciuto, ma in alcune cose, come il Mosè, è un genio assoluto, paragonabile a Mozart”. 

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