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23 Maggio 2017 | Archivio / Protagonisti

Arturo Toscanini: il Maestro

150 anni fa, a Parma, nasceva il direttore d’orchestra italiano più celebre al mondo

A cura di Vittorio Ferorelli

Tra suonare in modo approssimativo e suonare male, Arturo Toscanini non aveva dubbi: tanto vale stonare. Quella che vi raccontiamo oggi, cari amici e care amiche di RadioEmiliaRomagna, è la storia di un perfezionista assoluto e appassionato, il direttore d’orchestra per antonomasia, un uomo che non temeva di funestare sé stesso e i suoi musicisti pur di inseguire e raggiungere il miglior suono possibile in questo mondo terreno.

Il 25 marzo 1867, in una casa del borgo San Giacomo, a Parma, nasce il piccolo Arturo. I genitori, entrambi sarti, entrambi convinti garibaldini, assecondano il precoce talento musicale del bambino e gli trasmettono, forse, anche un po’ della loro indole battagliera. A nove anni Arturo riceve già una borsa di studio per la classe di violoncello al conservatorio, dove si diploma nel 1885.
L’anno dopo parte per il Sudamerica con una compagnia operistica e, nel corso di questa prima tournée, il destino lo mette subito alla prova: a Rio de Janeiro, quando all’improvviso, per una serie di circostanze, si trova a sostituire il direttore dell’orchestra, il successo della sua “Aida” è così grande che questo ruolo imprevisto gli viene confermato. E non è ancora ventenne.
Al ritorno in Italia viene scritturato dal Regio di Torino e poi, sul finire dell’Ottocento, dalla Scala di Milano, dove non si limita a dirigere i musicisti ma introduce una serie di modifiche essenziali alla struttura del teatro e alle modalità di ascolto della musica. Modernizza l’illuminazione facendo in modo che durante le rappresentazioni la luce si abbassi, sposta l’orchestra più in basso rispetto al palco (nel cosiddetto “golfo mistico”), proibisce l’ingresso ai ritardatari e l’esecuzione dei bis: perché la musica, per lui, è contemplazione attenta, non consumo distratto, e la perfezione può essere raggiunta solo se un’intensa unità di intenti lega insieme tutti i protagonisti: cantanti, orchestra, spettatori, costumisti e scenografi. E non occorre che il pubblico sappia quante ansie, quante urla, quanti scatti di ira sia costato, al direttore, quello spettacolo mirabile.

Nel 1908 Toscanini si trasferisce a New York, dove per ben sette stagioni dirige il Metropolitan, deliziando il pubblico della Grande Mela con una trentina di opere. Dodici anni dopo torna alla Scala con tanti nuovi progetti. Rifonda l’orchestra, amplia il repertorio, incide i primi dischi e trionfa nei più rinomati teatri d’Europa, a partire dalle roccaforti wagneriane e mozartiane: Bayreuth, Salisburgo, Vienna.
Negli anni Venti, dopo avere aderito al programma iniziale di Mussolini, prende le distanze dalla sua svolta autoritaria, tanto che nel 1931, a Bologna, all’apertura di un concerto al Comunale, si rifiuta di eseguire l’inno degli squadristi e la Marcia Reale e per questo subisce ingiurie e schiaffi. Decide, allora, di non dirigere più in Italia fino al giorno in cui fascismo e monarchia sarebbero rimasti al potere. Nel 1933, per dare uno smacco anche a Hitler e segnare una differenza radicale tra il suo Wagner e quello sbandierato dal dittatore in baffetti, abbandona i festival tedeschi e austriaci. Di lì a poco è costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti, ma senza smettere il suo impegno contro il nazifascismo: nel 1936 vola a Tel Aviv per dirigere l’orchestra di Palestina, formata da tanti musicisti ebrei fuggiti dall’Europa.

La fine degli anni Trenta e il ritorno a New York decretano l’apoteosi di Toscanini. Da Boston a Los Angeles diventa noto come “The Maestro”. David Sarnoff, presidente della Radio Corporation of America, assembla appositamente per lui la NBC Symphony Orchestra, che trasmette i suoi concerti in tutto il paese e in tutte le case.
L’11 maggio del 1946, quando il Teatro alla Scala riapre in una Milano ancora sfigurata dalla guerra, c’è anche lui, soprattutto lui, finalmente orgoglioso di dirigere nel suo paese liberato. Per gli orchestrali scaligeri che avevano fatto in tempo a conoscerlo era tornato il Toscanini di sempre: sorrisi perentori, inviti a faticare, occhiatacce sugli errori, indici puntati, fazzoletti strappati con foga e bacchette spezzate con rabbia.
Il 16 gennaio 1957, nella sua villa di Riverdale, un sobborgo di New York, il piccolo grande Arturo parte per sempre. Qualche giorno dopo, a Milano, una folla enorme lo saluta per l’ultima volta, prima che il sepolcro scolpito per lui da Leonardo Bistolfi venga richiuso, sotto un bassorilievo che mostra una nave antica con le vele spiegate al vento.

In occasione del 150° anniversario della nascita del Maestro, il Comune di Parma ha promosso un comitato e raccolto in un cartellone unico gli eventi organizzati dai vari soggetti coinvolti, tra cui la Fondazione Arturo Toscanini e il Museo omonimo, che RadioEmiliaRomagna ha già visitato.
Per conoscere meglio la storia di questo genio irascibile vi proponiamo la parte sonora del videodocumentario curato dal suo biografo americano, Harvey Sachs: il video è visibile sul canale YouTube del Teatro alla Scala.

Arturo Toscanini
The Maestro: A Life in Pictures

video a cura di: Harvey Sachs
promosso da: Museo teatrale alla Scala, Teatro alla Scala, Salini Impregilo
interprete: Harvey Sachs
produttore esecutivo: Stefano Rossetti
produzione: Pepe nymi
ricerche audiovideo: Carla Casu, Matteo Sartorio
sound editing: Davide Grecchi
traduzione: Cristina Popple

Si ringrazia il Teatro alla Scala di Milano per averci concesso l’utilizzo dell’audio.

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