Salta al contenuto principale
31 Agosto 2010 | Archivio / Protagonisti

Bruno Olivi: forma e colore

Dopo Vittorio Cavicchioni, un altro grande pittore reggiano che merita di essere conosciuto

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

31 agosto 2010

Cari ascoltatori,  il “protagonista” della puntata di oggi è ancora un artista, uno dei rappresentanti più significativi della pittura italiana di area emiliana: Bruno Olivi, nato nel 1926 a Reggio Emilia. Come per tutti gli artisti che hanno operato in un arco temporale così ampio, è difficile definire in modo sintetico l’essenza della sua arte. Ci ha provato la mostra antologica Indomita pittura, inaugurata lo scorso gennaio nelle sale espositive dei Chiostri di San Domenico a Reggio Emilia.

Un aiuto alla nostra comprensione dell’opera di Olivi può arrivarci dallo stesso pittore reggiano che ha definito così la genesi della sua produzione: “Parto da una macchia. Il dipinto nasce dal movimento con cui la scopa traccia il primo segno. Tutto il resto segue per dare senso a queste forme”.
C’è un lirismo intimista e segreto dietro il suo coerente percorso di ricerca improntata all’identità gestuale del colore di radice informale. Infatti, dopo un primo periodo figurativo Olivi si è confrontato con l’esperienza post-cubista per entrare successivamente nel clima del naturalismo di tipo informale, al quale ha attinto soprattutto attraverso il rapporto con Pompilio Mandelli.

Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna attraverso l’insegnamento di Virgilio Guidi e Giorgio Morandi, l’artista ha respirato il clima della pittura italiana legata ai valori dinamici della materia e del segno, soprattutto il senso della traccia e del graffito, del groviglio e della macchia. Si tratta di modalità espressive in cui si colgono riferimenti a Wols e Tobey, a Fontana e Scanavino, ad Hartung e a Fautrier, senza dimenticare gli esempi di Bendini e Romiti. In questo contesto di riferimenti Olivi trova la sua via più certa nell’affidarsi alle espansioni del colore, alle vibrazioni del segno che tengono la superficie in costante stato di tensione, come un evento che non ha sosta e si sviluppa nel corso dei decenni con straordinario fervore creativo.

Come ha scritto nel catalogo della mostra reggiana Claudio Cerritelli, nel lavoro di Olivi “L’evento della luce dipende dall’intensificazione o dall’allentamento dei gesti che sfidano le leggi di gravità dello spazio, con movimenti in bilico sul velo del colore, talvolta schiacciato in profondità, in altri casi sfrangiato in una geologia di linee che si staccano dal fondo. Più Olivi è vicino alla fonte sorgiva del colore, più la pittura ritrova il senso felice del primordio, la forza trasfigurante del primo gesto, l’origine di interminabili visioni dove lo sguardo precipita non perdendo mai il controllo dell’eccitazione cromatica”.

Bene hanno fatto dunque i Musei Civici di Reggio Emilia a sdoganare, dopo Vittorio Cavicchioni di cui vi abbiamo parlato nella scorsa puntata dei “Protagonisti”, un’altra figura non ancora valorizzata in ambito nazionale come Bruno Olivi.
Negli ultimi decenni questo pittore reggiano ha fatto risaltare le energie contrastanti della pittura che oscilla dalla piccola alla grande dimensione con la stessa necessità di esaltare il carattere indomito del colore, la velocità dei segni che si contraggono e si dilatano seguendo i ritmi del respiro. Concludiamo citando ancora il pittore che ci spiega con le sue parole il suo temperamento e la sua pittura: “Temperamento meditativo, sottilmente visionario, che tende al valore delle pause, della verità interna e della voce che non grida. I miei acrilici rivelano immagini in cui la chiarezza compositiva d’origine filtra il colore con la luce della memoria. (…) La sintassi è astratta ma c’è sempre il ricordo di un’emozione vissuta”.

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi