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23 Marzo 2010 | Archivio / Protagonisti

Il fotografo che voleva assomigliare a un pittore

Ritratto di Salvatore Andreola

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

23 marzo 2010

Cari ascoltatori, vi parliamo oggi del fotografo Salvatore Andreola, modenese d’adozione, prendendo spunto dalla mostra che gli dedicano il Fotomuseo Giuseppe Panini e il Museo Civico d’Arte di Modena, che ne sono promotori insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Dall’11 aprile presso l’ex Ospedale Sant’Agostino, il pubblico modenese potrà farsi un’idea della corrente artistica fotografica del pittorialismo, di cui Andreola fu uno degli esponenti di spicco negli anni Venti e Trenta.

Cominciamo col dire che il pittorialismo nacque alla fine dell’Ottocento con l’intento di elevare il mezzo fotografico ad arte, al pari della pittura. La fotografia era spesso considerata con disprezzo dagli artisti, a causa del procedimento meccanico e automatico richiesto per la produzione delle immagini, che escludeva, secondo molti, l’esercizio della creatività. L’idea dei pittorialisti era, allora, per reazione, quella di nobilitare la fotografia, facendo comprendere come essa avesse le qualità per accostarsi alla pittura.

Cercavano dunque di rendere l’immagine fotografica il più simile possibile alla pittura, grazie a un’attenta ricerca dei soggetti, come ritratti e paesaggi, ripresi con luci morbide e sfocature, e per mezzo di un accuratissimo lavoro di stampa in camera oscura, con tecniche come il bromolio e la gomma bicromata che davano una resa pittorica alla foto.

Fra i principali esponenti di questo movimento artistico, diffuso in tutto il mondo, possiamo ricordare i francesi Robert Demachy e Camille Puyo, gli americani Alfred Stieglitz e Edward Steichen, il giapponese Yasuzo Noijma. In Italia tra i principali fotografi che aderirono alla corrente artistica del pittorialismo troviamo Guido Rey, Domenico Riccardo Peretti Griva e il modenese Salvatore Andreola. Modenese, dicevamo, d’adozione, perché Andreola, nato nel 1890, era originario di Chieti. Nel 1920 aprì uno studio fotografico a Modena. La sua specialità era il ritratto in studio, che concepiva alla stregua di un vero ritratto pittorico, prestando molta attenzione all’uso della luce naturale e alla ricerca di interpretazione psicologica del soggetto ripreso.

Egli stesso nei suoi scritti dichiarava di voler riprendere nei ritratti l’uso della luce fatto da Rembrandt e da Guido Reni, e di cercare di far emergere con la luce non solo il volto esteriore, ma anche quello interiore della persona fotografata. Gli ottimi risultati ottenuti gli valsero grande fama non solo in città: partecipò all’esposizione Internazionale di Torino nel 1923, e un suo ritratto alla gomma bicromata fu l’unica opera italiana ammessa all’Esposizione Internazionale del 1923 a Londra. Nel 1924 partecipò a fianco dei maestri del pittorialismo come Robert Demacy e Guido Rey all’importantissimo Salon International de Photographie di Parigi, che decretò il successo europeo di questa corrente artistica e dello stesso Andreola.

Nel 1965, il fotografo donò 257 immagini al Museo Civico di Modena e, due anni dopo, circa 60 al Museo del Cinema di Torino. Salvatore Andreola morì nel 1970.

 

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