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3 Maggio 2007 | Archivio / Protagonisti

N°58-I PROTAGONISTI DI IERI E DI OGGI

Andrea Pazienza.

Cari amici, oggi vi presentiamo un genio del fumetto, un autore amatissimo in tutta Italia e che ha avuto a Bologna la sua formazione culturale e artistica.

Vi parliamo di Andrea Pazienza perché quest’anno ricorre l’anniversario della rivolta studentesca di Bologna. Infatti nella primavera del 1977 Andrea Pazienza si presentava al pubblico con le straordinarie avventure di Pentotal: questo personaggio è un’ideale alter ego dell’autore, il nome è quello di un farmaco che agisce sui centri celebrali, utilizzato come anestetico e anche come siero della verità. Vivono in Pentothal due personalità diverse, una decisamente perdente: denti cariati, capelli sporchi, magrezza impressionante, nessun successo con le donne, l’altra invece totemica, legnosa, dura ed indifferente; rimane sempre un disadattato, ma riesce ad essere più sicuro di sé.

Oltre ad essere un ottimo disegnatore Pazienza era anche un grande “narratore della società” e soprattutto ha saputo raccontare con attenzione, ironia e acume il temperamento del ‘77 con tutte le contraddizioni che lo hanno contraddistinto.
Attraverso il personaggio Pentothal, Pazienza – come ha scritto Cristina Guerranti ne “Il Caffè del Teatro”, aprile 2007 – ha saputo anticipare e poi seguire ed interpretare i tempi tumultuosi del “movimento” e di quel confuso ed entusiasmante sentire giovanile che dopo il ’77 ha lasciato un profondo segno nella cultura e nella società. Pazienza viveva a Bologna, città protagonista di scontri e diverbi, ma anche città piena di tante nuove idee e proposte, insomma la città che ha visto il futuro costruirsi. Erano gli anni dei primi centri sociali, delle prime vere conquiste femministe, delle radio libere e dei movimenti nuovi, slegati dalla sinistra più strutturata.
In uno scritto Pazienza diceva di sentirsi come un giornalista di quotidiano, perché in effetti i suo è stato un lavoro di interpretazione dei fatti e della cronaca.
Il successo del giovanissimo Andrea fu immediato; conosciuto e seguito da un folto pubblico di lettori attenti ai suoi racconti dissacranti ma lucidi, ai suoi ironici resoconti della società, per il suo modo deciso ed irriverente, per la sua straordinaria capacità visionaria di raccontare i disagi e le attese di una generazione inquieta. L’inquietudine di Pazienza è vissuta completamente; egli racconta ciò che è e al contempo si fa spettatore del disagio perché questo giovane ventenne bello, importante e incredibilmente famoso soffre ed è vittima del sentire forse solo estetico di quegli anni.

Era il 1977 e la vita andava così, come Andrea Pazienza la raccontava nei suoi fumetti, le storie underground, le storie ai limini della norma e della decenza, quei suoi personaggi derelitti ma non del tutto persi si destreggiano tra gesta di disadattati ed intuizioni raffinate, con soluzioni che hanno un sapore retrò, quasi da eroi solitari di film noir, calati nella metropoli, tra il sudicio delle vite che sconfinano nella delinquenza, in storie di eroina che si intrecciano a storie di conquiste sociali.

È complesso dare un ordine a questi fatti, alle storie e alla storia di Andrea Pazienza perché in realtà allora un ordine non c’era. Quegli anni che culminano nel 77 sono stati chiamati “anni di piombo”, per me, credo siano stati piuttosto anni di “sensi” anni vissuti con il corpo, fatti di tante esperienze contraddittorie, di un grande potenziale iniziato con una primavera felice e spensierata, costellata di incontri allegri e di apparenti conquiste, una primavera illusa dalle droghe leggere, finita con l’avvento ed il potere delle droghe pesanti.

Il ’77 è stato un soffio d’aria leggera, ma anche una pesante perturbazione che ha portato il futuro, la molteplicità dei linguaggi, la contaminazione nell’arte e ha portato anche il fumetto che qualcuno definisce ancora arte minore.
Eppure l’arte di Pazienza si impone, il suo stile è immediatamente distinguibile per il largo impiego del pennarello ed il tratteggio preciso – alla definizione del suo stile concorrono i fumettisti francesi della nouvelle vague e la pop-art – e nelle sue storie vi è tutto il sentire del momento, fatto dell’illusione che fosse possibile vivere con leggerezza tutta la vita e non perdere mai.

Andrea Pazienza, l’eroe della trasgressione, del pennarello dissacrante e poetico, ci racconta, attraverso i suoi personaggi, storie ai margini: in Pompeo ad esempio, affronta l’uso delle droghe pesanti con diretta cognizione di causa e senza ipocrisie e moderatismi, ma il suo lavoro è anche incredibilmente malinconico e ricco di un profondo sentire.
Amo, scritto nella primavera del 1977 raccoglie in sé tutta la tensione emotiva e creativa del giovane fumettista che, in quel periodo, viveva la stagione più intensa della propria attività creativa sia come autore, sia come editore. Questo “elenco passionale”, una sorta di autoritratto scritto con la penna, forse un pennarello, è un affresco forte e preciso del sentire interiore di questo autore che rimane uno dei maggiori protagonisti del 1977.
 
Concludiamo questo ricordo di Andrea Pazienza con alcuni cenni biografici, per i nostri amici all’estero che non lo conoscessero.
Nato in Puglia nel 1956, terminato il liceo Andrea nel 1974 si iscrive al DAMS dell’Università di Bologna. Sono gli anni più caldi della contestazione giovanile che l’autore racconta, in modo personalissimo e dirompente, ne Le straordinarie avventure di Pentothal, primo fumetto dell’autore ad essere pubblicato, apparso a puntate dall’aprile del 1977 sulla rivista Alter Alter.
Sempre nel 1977, insieme a Filippo Scozzari, Stefano Tamburini, Massimo Mattioli e Tanino Liberatore crea la Primo Carnera Editore e la rivista Cannibale. Dal 1979 al 1981 contribuisce al settimanale Il Male e nel 1980, con il gruppo di Cannibale e con Vincenzo Sparagna, fonda il mensile Frigidaire, sulle cui pagine comparirà per la prima volta il personaggio di Zanardi, in seguito pubblicati anche su altre riviste, come Alter Alter, Corto Maltese, Comic Art.
Non si limita tuttavia ai fumetti, ma spazia in tutti i generi della grafica e dell’illustrazione, realizzando manifesti cinematografici (come quello per La città delle donne di Federico Fellini nel 1980, copertine di dischi (come Robinson di Roberto Vecchioni), campagne pubblicitarie.
Lavora anche per il teatro con la realizzazione di locandine e scenografie.
I suoi molteplici impegni non lo inducono a smettere di occuparsi di pittura, e nel 1982 espone nuovi lavori alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, nella rassegna Registrazione di Frequenza e ancora nel 1983 alcune sue nuove opere vengono esposte alla galleria milanese Nuages. Sempre nel 1983 espone al Palazzo delle Esposizioni di Roma con Francesco Tullio Altan e Pablo Echaurren, nella mostra Nuvole a go-go.

Nel 1984 si trasferisce a Montepulciano. Nel giugno del 1985 conosce Marina Comandini, che sposa un anno dopo, nel giugno 1986. Nel frattempo continua a collaborare con le più importanti riviste italiane del fumetto, pubblicando anche su Linus. Partecipa inoltre alla creazione di Frizzer, mensile che si affianca a Frigidaire, e che cura anche nella grafica, almeno per i primi numeri. Partecipa anche alla rivista Tempi Supplementari. Dal 1986 collabora con Avaj, supplemento al mensile Linus, con Tango, supplemento del quotidiano l’Unità, con Zut, rivista satirica diretta da Vincino, e con Comic Art. Nel 1987 firma le scene dello spettacolo di danza Dai colli, coreografia di Giorgio Rossi.
Nella notte del 16 giugno 1988 si spegne improvvisamente a Montepulciano. Voci non confermate parlano di un ritorno all’eroina, da cui era riuscito ad allontanarsi da tempo, o di un suicidio indotto da overdose (a tale proposito sembra quasi autobiografica la storia Pompeo, del 1985, nella quale vengono affrontate senza false ipocrisie e con crudo realismo le problematiche legate all’uso delle droghe pesanti).
È sepolto nel cimitero di San Severo, il suo paese natale in provincia di Foggia.

A cura di Claudio Bacilieri

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