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24 Febbraio 2009 | Archivio / Protagonisti

Ricordando Giacomo Bulgarelli

Piccolo omaggio al capitano del grande Bologna del ’64

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

24 febbraio 2009

Aveva la maglia numero 8, Giacomo Bulgarelli, storica bandiera del calcio rossoblu. Il centrocampista del Bologna è scomparso dopo lunga malattia il 12 febbraio scorso. A differenza dell’Inter, che dopo la morte di un altro grandissimo campione degli anni Sessanta, Giacinto Facchetti, ha deciso di ritirare la maglia numero 3 da questi indossata, il Bologna ha voluto invece mantenerla affinché serva da stimolo ai calciatori che la indosseranno, e di ricordare Bulgarelli con una borsa di studio annuale da assegnarsi a un calciatore del settore giovanile che si distingua per sportività, correttezza e lealtà.

E’ difficile spiegare cos’ha rappresentato Giacomo Bulgarelli per Bologna, ma il fatto che la città per la prima volta abbia proclamato il lutto cittadino per uno sportivo, è sicuramente indicativo. Bulgarelli è stato il capitano della squadra che vinse nel 1964 il suo settimo e ultimo scudetto, dopo lo spareggio di Roma con l’Inter, battuta 2 a 0. Fu “la” partita del Bologna, un ricordo mitico per l’infanzia di molti.

Nato nel 1940 a Medicina, vicino a Bologna, Bulgarelli era uno di quei giocatori di un tempo legati alla bandiera, cioè ai colori, alla casacca e allo spirito della sua squadra, che non abbandonò mai, pur avendo ricevuto al culmine della carriera un’importante offerta dal Milan. “Giacomino” giocò sempre e solo nel Bologna, dall’esordio nel 1959 all’ultima partita del 4 maggio 1975. Capitano e leader della squadra, ricoprì il ruolo di regista a centrocampo, ed era dunque il fulcro dell’azione, l’ispiratore delle manovre offensive, capace anche di arretrare a difendere, per poi ripartire con nuova spinta propulsiva.

La sua carriera calcistica vanta 329 presenze in serie A con 43 goal, e, dal 1960 al ’67, 29 partite con la maglia azzurra della Nazionale, con 7 reti realizzate. L’esordio in Nazionale avvenne ai mondiali del Cile del 1962, dove segnò due goal alla Svizzera. La pagina nera – ma non per colpa sua – delle presenze in Nazionale fu la celebre partita persa contro la Corea del Nord ai Mondiali d’Inghilterra del 1966, durante la quale Bulgarelli indossava la fascia di capitano. Tra le cause della sconfitta, anche il suo infortunio, che lo costrinse a uscire nel primo tempo. Il riscatto dell’Italia avvenne due anni dopo, quando gli azzurri vinsero i campionati europei: in quell’occasione Bulgarelli faceva parte della rosa dei convocati, ma non fu mai impiegato.

Terminata l’avventura sui campi di calcio, Giacomo Bulgarelli intraprese negli anni Novanta l’attività di commentatore sportivo per varie reti televisive, compresa la Rai.
Che dire, ancora, di questa persona, elegante nel gioco come nella vita? Un Gianni Rivera di provincia, ha suggerito qualcuno. Intelligente e delicato, anche sul campo: faceva parte, infatti, come Rivera, Mazzola, De Sisti e Corso, della categoria degli “abatini”, con i quali il grande giornalista Gianni Brera indicava quei calciatori di taglia atletica modesta, poco propensi agli scontri, che correvano poco (o facevano correre altri al loro posto), ma dal gioco raffinato e dalle intuizioni geniali che potevano risolvere la partita.

In ogni caso, il ricordo di Bulgarelli è intimamente legato alla storica squadra che vinse lo scudetto del 1964, in pieno boom economico. Un miracolo, legato a un nucleo di giocatori straordinari come Bulgarelli, Haller, Perani, Pascutti, e a un allenatore eccezionale, Fulvio Bernardini. Una squadra – dicevano – che giocava come si gioca solo in paradiso e di cui Bulgarelli era il regista. Oggi il film è finito, ma “Giacomino” resterà nel cuore di tutti, perno e chiave della mitica formazione che portò via lo scudetto a Milano e Torino.

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