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22 Settembre 2015 | Archivio / Protagonisti

Sonia Micela

La pittrice sopravvissuta all’oscurità della violenza per dipingere il suo mondo interiore con i colori più intensi

A cura di Vittorio Ferorelli

Care amiche e cari amici di RadioEmiliaRomagna, la protagonista che vi facciamo conoscere oggi ha cambiato vari nomi nel corso della sua vita, ma ha sempre cercato di mantenersi fedele a ciò che sentiva dentro di sé, dove i nomi in fondo non contano poi così tanto.

Il 19 ottobre 1924, a Bagnacavallo, nasce una bambina che ha nome Norina Tambone. Appena nata, ha già sulle spalle il peso di una storia terribile. Qualche settimana prima di venire alla luce, sua madre Domenica e suo nonno Paolo Panzavolta, noto antifascista, sono stati vittime di un pestaggio spietato da parte degli squadristi mussoliniani. A causa delle ferite, la madre, in avanzato stato di gravidanza, muore poco prima che i medici estraggano dal suo corpo, con il forcipe, quello della neonata. Il nonno resisterà quasi tre mesi, prima di arrendersi anche lui agli effetti della violenza.

Norina cresce con la nonna materna e lo zio Berto, mentre il padre, originario della Lucania, rimane lontano dalla Romagna. Nonostante le difficoltà di una famiglia povera, la bambina diventa una ragazza estroversa e si appassiona alla bellezza che vede pulsare nelle opere dell’arte. Nel 1942, compiuti i diciotto anni, grazie ai sacrifici dello zio si trasferisce a Milano, dove può frequentare l’Accademia di Brera e seguire gli insegnamenti del pittore Carlo Carrà.

Sulle montagne lombarde, Norina partecipa alla lotta partigiana, collaborando alla Resistenza. Dopo la guerra ritorna a Bagnacavallo e comincia la sua attività di pittrice, inaugurando il primo dei suoi nomi d’arte: firma i suoi quadri come “Sonia dei Raineri” ed è forse un modo per rinascere a nuova vita. “Cominciare un quadro” – scrive nel 1951 – è “una fatica complessa, fatta di materia e spirito. Assomiglia un poco a come si ha un figlio; è vita, fa parte viva della vita, si sente palpitare”. E nella prima metà degli anni Cinquanta, in effetti, la pittura cede in parte il passo alla vita, perché la pittrice, sposatasi con il notaio siciliano Giuseppe Micela, diventa madre per quattro volte, rallentando un poco la sua produzione artistica, ma senza mai fermarla. D’ora in avanti si firmerà “Sonia Micela”.

Il vero debutto di Sonia sul palcoscenico artistico nazionale risale al 1955, quando – con l’aiuto dell’amico lughese Anto Ricci, anch’egli pittore – organizza a Bologna la sua prima esposizione tutta propria. L’anno dopo, con il marito e i figli, si trasferisce in una bellissima villa immersa nel verde e nel silenzio, nei pressi di Riolo Terme.
È l’inizio di un quindicennio felice, tra mostre personali e collettive in Italia e all’estero, e immersioni nella natura ispiratrice delle colline romagnole: i soggetti preferiti delle sue tele a olio diventano i paesaggi fatti di case, alberi e vigneti, e le composizioni di fiori. Musicalità e poesia sono i termini che ricorrono più spesso in chi apprezza il suo stile, una pittura che sottintende molto più di quello che dice in apparenza.

Nel 1970, dopo la fine del suo matrimonio e il trasferimento da Riolo alle brume di Modena, comincia un periodo tormentato, in cui Sonia Micela espone meno ma non smette di creare e di cercare nuove forme per esprimere ciò che sente dentro. Lo farà fino alla fine del suo tempo di vita, compiutosi nel 1988.
Nell’archivio che conserva le sue carte – donato di recente, insieme ai dipinti, al Comune di Bagnacavallo – ci sono dei versi sparsi in cui la pittrice dichiara, a tutti noi che lo leggiamo, il suo desiderio di libertà. Suona come piccolo un testamento dello spirito:

Lasciatemi dipingere
pensare
sentire
lasciate ch’io continui
a udire il canto
ch’io mi ritrovi
in un tono giusto di colore
lasciatemi quella luce
la mia.

 

[Informazioni, dati e immagine di copertina sono tratti dal sito www.micela.info e dal volume: Sonia Micela. Pittrice del Novecento. Quadri e Memorie: una donazione a Bagnacavallo, a cura di Diego Galizzi e Orlando Piraccini, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna – Editrice Compositori, 2012]

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