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10 Giugno 2008 | Archivio / Protagonisti

L’ultimo reduce

Lazare Ponticelli, l’ultimo dei reduci francesi della Grande Guerra

A cura di Claudio Cacilieri, lettura di Fulvio Redeghieri

10 giugno 2008

Quando fu chiamato al fronte era solo un ragazzo. Da allora sono passati più di 90 anni di una vita intensa che l’ha visto strillone di giornali, soldato, industriale e grande vecchio. Ora l’emigrato piacentino che era rimasto l’ultimo sopravvissuto francese della Grande Guerra, riposa a Kremlin-Bicêtre, vicino Parigi.

Aveva compiuto 110 anni lo scorso 7 dicembre, Lazare Ponticelli, l’ultimo dei reduci francesi della Grande Guerra scomparso il 12 marzo scorso. Ora rimangono in tutto il mondo solo 13 veterani che hanno combattuto nella prima guerra mondiale: due in Italia, uno in Germania, tre in Gran Bretagna, due negli Usa, uno in Turchia, uno in Canada e tre in Australia.
In realtà Ponticelli è italiano: nato a Bettola, nell’Appennino piacentino, ha francesizzato il nome di Lazzaro nel 1939, quando venne naturalizzato. A nemmeno dieci anni era emigrato dall’altra parte delle Alpi, salendo su un treno a Piacenza per raggiungere la madre e i fratelli a Parigi. Nella capitale francese ha fatto lo spazzacamino e lo strillone di giornali, i tipici lavori degli italiani.
Poi scoppia la guerra e Ponticelli si arruola nella legione straniera mentendo sull’età. “Ho voluto difendere la Francia perché mi aveva dato da mangiare” – diceva. Combatte nelle Argonne, dove non fa che scavare fosse e sotterrare morti in un’interminabile guerra di trincea. Si trova nei pressi di Verdun alla fine del 1915 quando, con l’entrata in guerra dell’Italia, gli viene detto che dovrà arruolarsi oltralpe. Lui si nasconde a Parigi finché, scoperto, viene caricato su un treno e portato a Torino da due gendarmi. Lì viene preso in custodia dagli italiani che lo mandano a combattere con gli alpini in Trentino. Nel 1916 sul Monte Cucco resta due giorni interi dietro la sua mitragliatrice. Fa duecento prigionieri. Ferito al viso da alcuni colpi d’obice, viene curato e rispedito al fronte. “Si spara su dei padri di famiglia, la guerra è una cosa completamente idiota”, era solito ripetere a chi gli chiedeva di raccontare la sua esperienza.
Finita la guerra, Lazare Ponticelli ritorna in Francia per mettersi in società con i fratelli emigrati a Nogent-sur-Marne, un comune della banlieue parigina dove dagli anni Ottanta dell’Ottocento si era radicata una comunità italiana originaria delle vallate piacentine e parmensi. E’ la Nogent dei “ritals”, come venivano chiamati in senso spregiativo gli immigrati italiani.
Lazzaro Ponticelli fonda con i fratelli un’impresa per la pulitura delle ciminiere che oggi è una multinazionale dell’impiantistica, la Ponticelli Frères. Nel 1996 la Francia gli ha conferito la Legion d’Onore.
La morte di Ponticelli è stata ricordata dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha elogiato “il ragazzo italiano giunto a Parigi per guadagnarsi la vita”. Ora il vecchio reduce riposa nella tomba di famiglia a Kremlin-Bicêtre in Val-de-Marne, vicino Parigi.
Il 7 dicembre scorso per il suo compleanno aveva ricevuto un telegramma dal presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. “La sua straordinaria storia personale, che l’ha portata a partecipare alle vicende della prima guerra mondiale indossando dapprima l’uniforme francese e poi quella dell’Italia – ha scritto il presidente – continua a offrire alle nuove generazioni un esempio di abnegazione, di alto senso del dovere, di dignità”.

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