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29 Luglio 2010 | Racconti d'autore

L’amore non si dice

di Massimo Vitali, Fernandel, 2010 (prima puntata)

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

27 luglio 2010

Lui l’ama, lei no. Lui la pensa di continuo, lei no. Lui la desidera, lei no. Lui le scrive lettere, lei no… Stanca di ricevere continuamente lettere d’amore, Teresa impone a Edoardo il divieto assoluto di scriverle. O almeno niente più lettere d’amore. Per di più raccomandate… Così, per non aggiungere mattoni a quel muro che già lo separa da lei, Edoardo accetta le imposizioni di Teresa e comincia a spedire lettere via posta ordinaria parlandole di tangenziali e lavandini, di sua sorella e di Napoleone, del vento e del pistacchio, di muscoli e di poesia, di Dio e delle cicale, di Elvis e supermercati. Edoardo finisce col parlarle di tutto, fuorché di ciò che proprio non può dire: l’amore.
Massimo Vitali è un giovane autore bolognese (è nato nel 1978) che fa il suo ingresso sulla scena letteraria con questo romanzo epistolare dove l’amore è affrontato in modo ironico e svagato, pur conoscendo bene la tragedia dell’amore non corrisposto.

Premessa
Stanca di ricevere le solite lettere raccomandate, con la minaccia che alla successiva gli avrebbe incendiato la casa e anche la macchina, Teresa impose a Edoardo il divieto assoluto di scriverle. O perlomeno, niente più lettere d’amore. Oltretutto raccomandate, che diamine. A tutto c’è un limite. Con chi credeva di avere a che fare? Tutte quelle smancerie come arancino, mandarino, fragolino; tutti quei “mio” spalmati in continuazione, mia delizia, mia luce, mio dattero e mia insulina; tutti quei “ti” seminati dappertutto, ti adoro, ti penso tutti i giorni anche la domenica, ti porto al mare anche se piove, ti amo come un impermeabile; tutte quelle unità di misura scomodate a sproposito, ti voglio a decibel, a litri, a gradi, a Mercalli, e tutte quelle altre inesauribili trovate che lui sfornava senza sosta, su di lei avevano l’effetto di un cavatappi avvitato sul naso, tanto che spesso si era domandata se non fosse il caso di fargli rispondere da un avvocato, un dobermann, un gruppo di ultrà olandesi.

Così, per non aggiungere mattoni a quel muro che già lo separava da lei, dal momento che di lei gli sarebbe bastato anche un solo bacio chiuso sott’olio, Edoardo accettò le sue imposizioni e cominciò a spedirle lettere via posta ordinaria parlandole di tangenziali e lavandini, di sua sorella e Napoleone, del vento e del pistacchio, di muscoli e poesia, di Picasso e caminetti, di Dio e le cicale. Insomma, Edoardo finì col parlarle di tutto, davvero di tutto, fuorché di ciò che proprio non poteva dire, in altre parole: l’amore.

Lettera sulle vite come dentro ai film

Cara Teresa,
perdonami se in queste mie prime lettere farò talvolta qualche digressione, ma sai sono le prime, non è facile parlare d’amore senza lasciare qualche traccia. Mi devo un po’ abituare. Ti amo. Dicevo: quando sei solo e stai pattinando su un lago gelato in condizioni estreme, quelle per intenderci in cui il ghiaccio è più sottile e occorre ascoltarne il rumore per seguire il percorso migliore, la cosa più brutta che ti può capitare è che il ghiaccio ti si spezzi sotto i piedi. Se invece stai affogando tra tanta gente dentro una piscina, la cosa più bella che ti può capitare è di essere salvato da una donna incantevole che sta facendo il corso di bagnino insiemea te, e tu non hai detto a nessuno che non sapevi nuotare, ma a quel punto lo hanno scoperto tutti. I fatti della vita non sono mai casuali: ti ricordi come ci siamo conosciuti? Io perfettamente, ma solo fino a un certo punto. Fino a un certo punto perché un morto che sprofonda trascina i ricordi giù con lui, e quando mi hai salvato dalle acque io ho rivisto tutta la mia vita passare come in un film, fino ad arrivare a te, e a quei cinque uomini che mi hanno tirato su per darmi degli schiaffi , che io credevo fossero le pinne dei pesci, e poi mi hanno scartato dal corso, ma comunque i miei ricordi si fermano a te.
A te che dopo il salvataggio mi guardi con quello sguardo pieno di rimprovero, e io ti aspetto fuori dalla piscina perché dentro mi vergogno, e poi ti riaccompagno a casa a piedi perché la mia macchina è dal gommista, ma in fondo cosa importa, almeno ho imparato dove abiti. Tranquilla, non userò più questo indirizzo per scriverti delle cose che non vuoi leggere. Ho comprato apposta un sacchetto di patatine, due di popcorn, e una bottiglia di chinotto da un litro. Se lo sai ti chiedo di non aver fretta con me: non dirmi come andrà a finire questo film. E’ appena cominciato.

Edoardo

 

Lettera di esempi sbagliati per dimostrare l’importanza della primavera

Cara Teresa, da quando non ti scrivo più lettere raccomandate, ho perso il controllo della situazione. Se a questo ci aggiungi che per una sola gomma bucata ho ancora la macchina dal gommista e ho difficoltà ad orientarmi con gli autobus, capirai perché stamattina per andare al lavoro mi sono perso e sono finito all’ippodromo.
Come quello scrittore che beveva birra e scommetteva sulle corse dei cavalli, anch’io ho bevuto birra e scommesso sulle corse dei cavalli, perdendo tutto ciò che avevo in tasca, compreso il biglietto di ritorno. Allora sono rimasto sulle gradinate a scaldarmi la faccia al sole che di questi tempi, come avrai notato, si fa sentire spesso, al contrario di qualcun altro ma non è questo il punto.
Il punto è che mentre mi crogiolavo ai raggi del sole, ho pensato che la primavera ha almeno due lati positivi: il primo è che fa più caldo che in inverno, e il secondo è che se devi fare un viaggio le valige pesano di meno perché puoi metterci dentro capi più leggeri, e così la gente viaggia volentieri, e anche quando non viaggia sembra comunque più serena. Te ne accorgi ad esempio ogni volta che vai a lavare la macchina, che con il sole il lavagista ti sorride sempre e quando piove no, perché è chiuso e non può lavorare; oppure quando la domenica incontri per strada il barbiere felice perchè il giorno dopo è lunedì e non lavora, che a pensarci bene il lunedì c’è anche d’inverno, com’è vero che anche in primavera può piovere, dunque diciamo che entrambi gli esempi non calzano a pennello, ma tu prendili per buoni lo stesso.
La verità è che all’ippodromo mi sono sbronzato abbastanza da arrischiarmi a prendere l’autobus senza biglietto, ritrovandomi faccia a faccia col controllore, che mi ha fatto la multa e mi ha invitato a scendere insieme a lui, proseguendo però a piedi con me, perché ormai era tardi, lui era stanco, e senza neanche accorgercene siamo finiti in un locale a parlare tutta la notte dei suoi problemi, dei miei, di quelli che avevamo in comune, fino ad ora che mi cade la testa da un lato, e ho una gran voglia di chiudere gli occhi e baciare una certa fotografia che tengo sul cuscino, in mancanza dell’originale.

Edoardo

Brano corrente

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