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19 Luglio 2012 | Racconti d'autore

Al bordo della strada

Di Vittorio Ferorelli e Matteo Sauli, Bononia University Press, Bologna, 2012 (prima puntata)

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

19 luglio 2012

Al bordo della strada è il titolo di un originale diario di viaggio sulla Statale 9 – Via Emilia, scritto da Vittorio Ferorelli e fotografato da Matteo Sauli. Sedici luoghi, sedici testi e sedici immagini, indipendenti ma legati, corrono lungo la strada che unisce Piacenza a Rimini. Il libro è stato pubblicato dalla Bononia University Press nel 2012. 

Vittorio Ferorelli, giornalista e scrittore, lavora all’Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna dal 1997. Caporedattore della rivista trimestrale “IBC. Informazioni, commenti, inchieste sui beni culturali”, è responsabile della sua versione web. Nel 2010 havinto il premio “Navile – Città di Bologna” per la narrativa grafica con Il vicino, un racconto illustrato dalle fotografie di Marco Pizzoli. 

Matteo Sauli si è formato affiancando fotografi professionisti come Daniele Casadio ed Ettore Malanca e frequentando l’Accademia di belle arti. Tra i progetti fotografici realizzati, si segnalano quello condotto sulla Statale Romea, quello sulla mostra ferrarese del pittore rinascimentale Garofalo, e la campagna di rilevamento “Ritornando in Appennino”. Nel 2011 la Fondazione FORMA per la fotografia gli ha assegnato il primo premio nel concorso “Eccezionalità dell’ordinario” in memoria dello scrittore Giuseppe Pontiggia.

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Partenza

Decisi a esplorare luoghi che da tempo sembrano destinati a non sorprendere più, uno scrittore e un fotografo si mettono in viaggio lungo la striscia di asfalto della Statale 9, la storica via di transito che attraversala Pianura Padana, nel Nord-Est dell’Italia. Una traccia che tuttora, nonostante tangenziali e circonvallazioni, si ostina a rimanere in vita. 

Da Piacenza a Rimini, eludendo ogni obbligo di velocità, si fermano a guardare ciò che ancora si può vedere ai bordi della strada. Ad ascoltare, tra i rumori di fondo, le storie che continua a narrare. Salvando ogni tanto, su carta, su file o su pellicola, le immagini che i viaggiatori di una volta avrebbero serbato in un taccuino.

Sentirsi a casa lontani da casa. Perdersi all’improvviso, pur andando diritto. Cambiare direzione a ogni incrocio. Andare avanti e indietro quando si vuole. Sulla Via Emilia non ci sono sensi unici, non è difficile sentirsi liberi. Sono ammesse le contraddizioni. Come in un racconto. Perché questo, in fondo, è la descrizione di un luogo. 

 

SS9 – Via Emilia / Piacenza

Due ombrelloni azzurri della Motta.

Qualche sedia di plastica.

Un capanno di tela verde.

E alcune assi di legno inchiodate.

 

Un gruppo di vecchi seduti.

 

Stanno qui, come se niente fosse.

Come se intorno non ci fosse nulla.

Né le auto che passano da ogni lato.

Né il viadotto alle spalle.

Né il rumore di tamburi del ponte provvisorio.

Nemmeno i monconi del ponte crollato.

Neppure gli operai che sono lassù, a sollevare quello nuovo.

 

Solo il fiume che scorre silenzioso.

 

Se ne stanno così.

Come se fosse soltanto una storia tra lui e loro.

Seduti uno accanto all’altro,

sulle assi inchiodate a mano.

 

Guardano verso il fiume.

Pensano.

Giocano a carte.

Guardano.

Parlano di qualcosa.

Aspettano di pescare.

E guardano.

 

Francesco, 78 anni.

Pochi capelli ai lati della testa.

Borse sotto gli occhi.

Solchi di rughe nelle guance rotonde.

Ci chiamiamo “Gli amici del Po”.

Dalle tre alle sette, siamo sempre qua.

L’inverno meno.

Quest’anno, poi, non si sa.

Da quando è venuta la piena, non sappiamo dove andare.

Sull’argine si stava bene.

C’era anche la stufa a kerosene.

C’era il giardino.

Avevamo piantato le rose.

Si pescava tutti i giorni.

E il ponte è sempre stato là.

Dal ’47 non ha visto un pennello.

Adesso che è venuto giù, lo voglion rifare.

Ma questi qui del Comune, non si vede mai nessuno.

 

Carlo, 86 anni.

Occhi furbi dietro le lenti.

Camicia azzurra coi taschini.

Volto abbronzato, da attore americano.

Mio nonno faceva il barcaiolo.

Mio padre pure.

Ho fatto il barcaiolo anche io.

Sabbia e ghiaia.

Sabato e domenica si facevano due barche.

Si portava la gente di là dal fiume.

A scuola non ci son più andato.

Un giorno ho tirato un boccetto di inchiostro sopra la maestra.

Per due anni non mi han più voluto.

Pescavo tutti i giorni.

Pesco ancora, eh!

Mio figlio più ancora di me.

Siluri, carpe, lucci perca. Qualche anguilla.

Non qui, eh! Qui non c’è più acqua.

Con l’Isola Serafini il pesce se n’è andato.

Bisogna andare a Cremona.

Di là, il Po è ancora bello.

Di là, c’è un mare.

 

Angelo, 85 anni.

Collo stretto, pelle sottile.

Viso aperto, screziato dalle macchie.

Lenti spesse negli occhiali, legati dai cordini.

Il vento ci ha già rotto la baracca.

È solo una cosa provvisoria.

Ci vorrebbe una roulotte, o una capanna grande.

Come la zattera grande che avevamo.

Quella lì è andata via con la piena.

Abbiamo già fatto richiesta al Demanio.

Hanno incaricato me, che son pratico:

io facevo il capostazione.

Abbiamo messo quindici euro a testa.

Siamo tutti pensionati.

Stiamo qui da dodici anni.

Una volta andavamo ai laghetti a pagamento.

Quando uno di noi non si vede per un po’,

diciamo che è passato dalla “porta degli inferi”.

È la pagina dei necrologi.

Noi, per ridere, la chiamiamo così.

 

 

SS9 – Via Emilia / Rubiera, Reggio Emilia

Poco oltre il benzinaio.

Alla fine di un parcheggio.

La vecchia strada finisce così. 

L’asfalto scuro sui segni di un tempo.

I segnali della curva piantati nell’erba.

Al di là di quel cordolo, si va verso Modena.

 

I silos chiudono il cielo sotto il cemento.

Dietro le lamiere.

 

Di qua non si passa.

 

50 NEGOZI 12 RISTORANTI

11 CINEMA

1 CENTRO FITNESS

I PETALI

SHOPPING DA VIVERE

ZONA STADIO GIGLIO – RE

 

A lato, per terra, una pietra sbilenca.

Del tempo in cui qui si passava.

 

Oberdan Ferrari

19-7-1988

La tua giovinezza

il tuo sorriso

stroncati in un attimo

da colui

che aveva fretta di arrivare

Brano corrente

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