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26 Ottobre 2017 | Racconti d'autore

Non è detta la parultima

Testo tratto dal libro “Le parole necessarie” di Elisa Rocchi, illustrato da Marianna Balducci (Roma, Edizioni Ensemble, 2017)

A cura di Vittorio Ferorelli, con la collaborazione di Alessia Del Bianco

Inventare parole nuove è come aprire finestre dove non ce n’erano, per fare entrare aria fresca. Divertendosi e divertendoci, la scrittrice cesenate Elisa Rocchi ne ha raccolte 21, realizzando un piccolo dizionario alternativo, illustrato dall’artista riminese Marianna Balducci. Leggiamone alcune…

Bacinsu [ba-cin-sù]
s. m.
{Sentimenti}

Parola preziosa, con bacinsu si intende il primo bacio di una storia d’amore.
Come si evince, il termine indica il senso di vertigine che prende lo stomaco dei soggetti baciatori. Sensazioni tra loro molto diverse attanagliano i suddetti protagonisti dell’azione, ma tutte sono riconducibili a una percezione di sollevamento provocata da una notevole mollezza delle membra.
Quando si discorre di bacinsu, trattasi di bacio speciale. Un bacinsu è immediatamente riconoscibile, anche se sempre più spesso giunge tardivamente l’accettazione dello stesso.

Un bacinsu è pensato con la pancia e sentito con la testa. Provoca arricciamento di dita dei piedi e sorpresa per le mani che finalmente trovano un posto in cui sostare.
Per completezza di informazioni è doveroso sottolineare che sono stati registrati anche bacingiù. Nel dettaglio, si tratta di baci di commiato, scambi indecisi, confidenza profusa con poca cura o in stato di ebrezza.

Eccezione che conferma la regola / Nel 5% dei casi un bacinsu non ha risvolti a lieto fine e non principia alcuna storia d’amore. In questo caso si parla di “gran bel bacio e null’altro”.

{In senso figurato}
Alfabeto morse per amatori.
Tensione elettrica ad alto voltaggio umano.
Bomba H delle ginocchia.

[Esempi]
Un bacinsu sui gradini di casa: cimosa del mondo, estinzione dei vicini e di ogni altro abitante del Pianeta.
Un
bacinsu accidentale, imprevisto del cuore e corpo di tre quarti.
Un
bacinsu sognato, perfino più di quel che si aveva atteso.

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Colonfa [co-lón-fa]
s. f.
{Design}

Dalla contrazione di “colonna infinita”, dicasi colonfa la pila di libri che si trova accanto al letto. Posta su comodini, scaffali o tavolini, ha la proprietà di attirare polvere e insonnia.
Una colonfa acquisisce dimensioni diverse in altezza e larghezza a seconda del periodo dell’anno e dello stato d’animo del proprietario della stessa.
Nel corso del tempo si sono registrate colonfe alte fino a 90 cm. È da sottolineare il fatto che quando una colonfa sorpassa il metro di altezza diventa una “super colonfa“.
In linea di massima, il libro alla base di una colonfa è un volume di letteratura classica. Le colonfe, per stagliarsi alte e stabili, hanno necessità di tomi solidi e di buone intenzioni di lettura.
Una colonfa di giusta e moderata altezza può servire come porta tazza. Una colonfa ben assortita è conforto nei momenti di autocommiserazione.

{In senso figurato}
Una montagna di storie.
Alpinismo per intellettuali.
Ziggurat lessical-grammaticale.

[Esempi]
Una colonfa colorata e piccolina, come quella di un bambino che legge parole di latte.
La
colonfa di un latinista, austera e un po’ triste, perché passata poco tra le mani di donne formose.
Una
colonfa piena di orecchie e sottolineature, come quella di chi vuole essere sicuro di tenere per sé le parole lette.

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Tolidetta [to-li-dèt-ta]
s. f.
{Neuroscienza}

Dall’accorpamento di due termini di uso comune (“toletta” e “idea”), questo vocabolo si riferisce a quella pensata, solitamente geniale, che coglie l’individuo durante l’evacuazione mattutina.
Sin dalla notte dei tempi si sono registrati casi in cui soluzioni a conflitti, ispirati poemi e temibili colpi di Stato sono stati elaborati nel delicato e privatissimo momento della sosta nella stanza da bagno.
Seduti composti, le mani in mano, il momento di raccoglimento produce nei soggetti più acuti un guizzo mentale che, a ragion veduta, spesso viene definito come “la miglior tolidetta mai avuta”.
Brillanti, astute, ingegnose, avvedute, le tolidette sono idee risolutrici e definitive. Proprio per la loro rilevanza, le tolidette sono piuttosto capricciose nel sovvenire. È stato accertato che la lampadina non si accende in caso di / (A) coinquilini rumorosi / (B) risveglio a digiuno, senza colazione / (C) smartphone a portata di mano.

{In senso figurato}
Pensieri in fuga verso il mare.
Visioni da gabinetto.
Rivelazione all’ombra del bidè.

[Esempi]
Una tolidetta cupa e sinistra, capace di una congiura, viene solitamente concepita dopo una nottata a mangiare salsicce e bere birra.
La
tolidetta che cambia la vita, nota ai più come la Genialata del Secolo, necessita di una stanza da bagno appena pulita e profumata.
Una
tolidetta piena di buone intenzioni può illuminarsi solo in bagni dai rivestimenti piastrellati color giallo, azzurro o rosa.

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Essole [ès-so-le]
s. m.
{Anatomia}

Dicesi essole lo spazio tra la pelle e i vestiti, territorio al contempo vuoto e pieno di noi. Il primissimo incontro con la realtà. L’intercapedine in cui ci siamo realmente ma non proprio del tutto, perché cominciamo a sfumare.
Con il termine essole è da intendersi la parte di mondo che più delle altre possiede odore di noi.

Non è stato registrato, attualmente, niente di più recondito, segreto e custodito.
Ogni essole è personale e caratteristico. Alcuni individui ci stanno comodi proprio come gatti, altri, invece, sono costantemente a disagio. Come seduti sulla punta della sedia a tenere stretta ogni cosa di sè. L’essole contempla una doppia struttura dinamica. Nel minuscolo luogo preso in considerazione siamo ancora noi che cominciamo a essere il mondo.
Per questo l’essole gode di scarsa considerazione, trovandosi a metà esatta tra dentro e fuori.

Si sono protocollati molti casi di utilizzo popolare del termine, soprattutto per definire stati di incertezza e indeterminazione: / Non sei né carne, né pesce. Né dentro, né fuori. Sei come l’essole.

{In senso figurato}
Unico giro d’aria di Universo di cui sentirsi proprietari.
Prima porzione di mondo che abitiamo.
Lo zerbino del Cosmo.

[Esempi]
Lo spazio tra il maglione e la pancia, tra pantalone e gamba, tra camicia e base del collo.
In caso di innamoramento, si registrano variazioni dell’
essole provocate dall’amato.
Il corpo e la pelle del suddetto amato concedono all’intimità di ciascuno un nuovo margine. Tra noi e il mondo non sta più solo l’abito, ma anche l’altro. Le propaggini si estendono e i confini di noi stessi si moltiplicano.

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Solitrezza [so-li-tréz-za]
s. f.
{Psicologia}

Di solitrezza si parla quando un individuo avverte un senso viscido di solitudine misto a una vaga percezione di tristezza. La solitrezza può essere provocata da diverse circostanze, ma denominatore comune degli agenti scatenanti è sempre l’insicurezza e il timore di non essere amati. Tuttavia dalla scienza giungono buone notizie, la solitrezza è curabile aprendo la finestra per sentire il sole accarezzare i capelli. Ottimi rimedi sono anche il gelato, i saponi profumati e una canzone il cui ritmo si può scandire con il piede destro. Di recente della solitrezza è stato scoperto anche il valore catartico. Luminari del settore prescrivono qualche giorno di solitrezza a quei pazienti iperattivi che necessitano di una pausa dalla tumultuosa vita del proprio Ego. Nel Nord Dakota sono state aperte quattro cliniche specializzate in questa cura: le pareti sono grigie e i cuscini dei letti imbottiti di semini duri.

{In senso figurato}
Blackout di socialità.
Deserto senza miraggio.
Letargo di pensieri futuri.

[Esempi]
Dal sentimento della solitrezza è nato, negli Anni Novanta, un movimento poetico le cui rigide regole e restrizioni metrico-lessicali riducevano il testo a una triste pagina bianca. Il massimo esponente di questo movimento è noto per aver individuato la Somma Parola, quella che non rima con niente.

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Morbigrità [mor-bi-gri-tà]
s. f.
{Geologia}

Gli studiosi definiscono la sensazione della sabbia sotto i piedi con un termine molto preciso, morbigrità, a indicarne la consistenza morbida e al contempo granulosa. Più o meno fine o malamente lavorata dallo zelo del mare, è stato appurato come la sabbia incollata ai piedi procuri solletico, titillamento ed esaltazione.
Esistono vari livelli di morbigrità, strettamente interconnessi con il trascorrere delle stagioni: la prima volta che, in estate, si affondano i piedi nella sabbia si è come a casa, in pantofole, pronti a mettersi il pigiama; in inverno la morbidezza viene meno a favore di una ruvidità detta pure Letargo del Mare.

La morbigrità è anche dipendente dall’umidità che la sabbia è in grado di incamerare. Una battigia bagnata e fresca, più che morbigra, è scricchiopuntinosa di conchiglie.

Curiosità / Di piacevole morbigrità non si può parlare in alcuni casi precipui. Il più degno di nota riguarda una temibile circostanza che interessa sovente il posteriore dei bagnanti estivi: la sabbia dentro il costume.

{In senso figurato}
Massaggio da passeggio.
Tappeto in mareggiata.
Solletico da ombrellone.

[Esempi]
La gente di montagna ha uno strano rapporto con la morbigrità: abituata a rocce e sassi, le piccole parti indistinte creano turbamento e confusione.

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Parultima [pa-rùl-ti-ma]
s. f.
{Lessico}

La parultima è l’ultima parola dell’ultima pagina di un libro. Il vocabolo che conclude un’avventura e saluta il lettore. Il sapore che rimane in bocca dopo una indigestione di capitoli e sottocapitoli.

Ci sono molte teorie letterarie che suggeriscono quanto la parultima sia importante, molto più della “parprima”, la prima parola dell’incipit. Si ritiene infatti che proprio nella parultima si rifugi il senso del raccontare, l’intento dell’autore, lo svelamento di ciò che il libro desidera comunicare.
Il più noto e riconosciuto studioso di parultime sostiene che spesso, proprio in questi vocaboli, si celi un indizio dell’umore con cui lo scrittore si è approcciato al progetto letterario.

Alcune teorie complottiste, in passato, avanzavano l’idea che, tramite le parultime di alcune collane erotiche, spie sovietiche tentassero di inviare messaggi in codice alla Madre Russia.

{In senso figurato}
Addio in lettere.
Commiato lessicale.
Testuale conclusione.

[Esempi]
Le parultime dei libri dedicati all’infanzia hanno un’ombra tenue di fiducia e coraggio. Spesso sono termini come “domani”, “bene” e “amico”.
Le
parultime più infelici sono quelle dei libri gialli, nello specifico di quei noir in cui tutto rimane sospeso e i giochi non si risolvono affatto. Volumi a uso e consumo di lettori notturni, dal cuore di tenebra, che nutrono per le storie uno sconfinato amore.
 

Brano corrente

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