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28 Luglio 2016 | Racconti d'autore

L’estate delle cicale

Racconto di Janna Carioli tratto dal libro omonimo (illustrazioni di Sonia MariaLuce Possentini; Imola, Bacchilega editore, 2016)

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Alessia Del Bianco

Dalla collana di libri per ragazzi “Bacchilega Junior”, curata dalla cooperativa sociale “Il Mosaico” di Imola, abbiamo scelto un racconto della scrittrice bolognese Janna Carioli, illustrato dai toni pastello di Sonia MariaLuce Possentini.

I due bambini l’avevano prima desiderata,
poi disegnata sui fogli a quadretti dei loro quaderni.
L’avevano costruita con i tronchi che le tempeste sul lago
portano a riva durante l’inverno.

E ora, finalmente, la casa sull’albero era finita.
Nascosta fra i petali bianchi del grande ciliegio,
era praticamente invisibile.

Dritti sulla piattaforma,
guardarono il lago.
Sembrava di stare
sul ponte di una nave.
E la casa di legno era
la cabina del capitano.

Le mamme, per gioco, offrirono
vecchie tazze, piatti scompagnati.
E perfino uno specchio.

Quella sera dormirono nella loro casa sull’albero.
Respirarono assieme i rumori della notte.
I grilli diedero il cambio alle cicale.
“Saremo amici per sempre”, si promisero.

Fu una magnifica estate.
Mai ciliegie furono più dolci e con la cerbottana
spararono i noccioli a chi passava sotto l’albero.
Giocarono ai pirati,
ai naufraghi,
ai marinai.

Giocarono e giocarono.
E un giorno litigarono.
Il motivo era così stupido che lo dimenticarono.
Ma bastò a separarli.
L’autunno arrivò.
Tutti tornarono in città.
I gabbiani scoprirono che dalla casa sull’albero si potevano
calare in picchiata per catturare i pesci del lago.

L’inverno arrivò.
Gli scoiattoli trovarono che la casa di legno
era un ottimo nascondiglio per le nocciole.

La primavera arrivò.
I merli ricamarono i loro nidi negli incroci del legno.
Un’altra estate arrivò,
poi un altro autunno,
poi un altro inverno.
Poi un altro anno.
E un altro ancora.

I ragazzi no.
La vita li aveva portati lontano e quando, un giorno,
tornarono sul lago, avevano già figli e famiglia.
Una fitta siepe era cresciuta fra le loro case e i loro pensieri.
Nessuno si ricordava più della casa sull’albero.

Un giorno però, Marta si arrampicò sul ciliegio perché
i frutti che stavano in alto erano i più rossi, e la trovò.
Le foglie avevano coperto il pavimento come un tappeto.
Il tempo aveva scurito i tronchi e appannato lo specchio.
Ma la casa era sempre là.
Solida e magnifica.

Sua madre, per gioco, le regalò una vecchia caraffa
e una tazza sbeccata.
Il giorno dopo scalò di nuovo il ciliegio
e rimase senza fiato:
il pavimento era stato spazzato, c’era un nuovo specchio
e una cassetta di legno a fare da tavolino.
Anche le cicale smisero di frinire per la sorpresa.
Poi ripresero, assordanti, a commentare.
Chi aveva osato? La casa sull’albero era sua!
E, tanto per chiarire, scrisse il suo nome col gesso.
“Marta”

Il giorno seguente, portò con sé anche un canovaccio colorato.
Ma, arrivata in cima, restò a bocca aperta.
Qualcuno, proprio sotto al suo nome, aveva scritto: “Tito”.
Chi era mai questo Tito?

Entrò sospettosa. Sul tavolino c’era una mela rossa.
Allora, il nemico, forse, non era poi così nemico!
Incerta, prese la mela.
Che convenisse fare un’offerta di pace?
Mise delle ciliegie nella tazza sbeccata.
Quella notte non riuscì a dormire.
Non appena venne l’alba, salì sull’albero.
Le ciliegie erano sparite.
Sentì un fruscio e una faccia sbucò fra le foglie.
“Tito?”
“Marta?”

Per fare prima a incontrarsi, nella siepe fecero un buco che,
giorno dopo giorno, diventò sempre più largo,
perché cominciarono a passarci anche i grandi.

Quell’estate, Marta e Tito giocarono e giocarono.
Ai pirati,
ai naufraghi,
ai marinai.
Una sera, seduti vicini, con le gambe a penzoloni
sulla loro casa di legno, si fecero una promessa:
“Saremo amici per sempre”.

 

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