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14 Maggio 2015 | Racconti d'autore

Tarocchi: dialogo con gli Arcani maggiori

Un testo di Laura Raggini tratto dal volume omonimo, illustrato da Sergio Minero (Cesena, Il Vicolo editore, 2014).

A cura di Vittorio Ferorelli. Lettura di Alessia Del Bianco

Per i quindici anni della rivista “Graphie”, il “Vicolo” ha reso omaggio alla sapienza antica dei tarocchi, chiedendo a una scrittrice in erba, Laura Raggini, di dar voce alle immagini degli arcani maggiori incise su linoleum dall’artista Sergio Minero. Ascoltiamo alcune di queste voci.

0. Il Matto

Non so cosa troverò alla fine della mia strada, non la sto neanche guardando. Sono perso nel suono dei miei passi e nelle voci dei miei sogni. Non mi importa delle svolte che prenderanno le mie vie, degli imprevisti che mi ostacoleranno. Devo continuare a camminare, come un sonnambulo che insegue le ombre della notte.
Non farti ingannare dal mio sorriso, non è quello di uno sprovveduto: è il sorriso di chi sa che non si può prevedere tutto, di chi sa che la felicità è un attimo di ritrovamento in una vita di smarrimento. Vedi cosa pensano di me? Che non sono come gli altri, che sono uno sciocco, che non sono “normale”. Ebbene, non vorrò mai, mai esserlo, se questo significa perdere di vista gli attimi di eternità per concentrarsi sul nulla di tutti i giorni.

Vieni, perditi con me in quest’allegria che profuma di precarietà, in questo gioco che siamo già destinati a perdere, in questo viaggio in cui la meta non conta, contiamo noi e il percorso.

III. L’Imperatrice

Tutti gli sbagli fatti, e sono ancora qui sul trono. La mia imperfezione mi obbliga a dare più di quello che ho, a essere più di quello che sono. Possiedo tutto, eppure l’unica cosa che ho davvero è la forza di andare avanti.
I rimorsi mi masticano i pensieri durante la notte, e il mio essere stata non sempre all’altezza delle aspettative mi porta a stringere i denti tanto forte da farmi venire il mal di testa. Ma non verrò mai meno al mio dovere. So perfettamente cosa non potrei sopportare davvero, ed è l’essermi arresa senza aver dato il sangue e l’anima. Ho sacrificato la mia normalità in nome dell’amore per la mia scelta, in nome della devozione per la mia causa, e a essa devo stringermi finché avrò respiro. Non importa se le pareti sembreranno stringersi fino a schiacciarmi, se la folla sembrerà così fitta da sentirmi calpestata, se il respiro mi verrà meno come se stessi affogando mentre tutti guardano la mia fine.

Vieni anche tu al mio cospetto, chiedimi aiuto come un figlio lo chiede alla madre, permettimi di esserti utile e di assolvere così il mio compito, facendomi sentire divina nell’abbracciare la tua umanità.

VI. Gli Amanti

Abbiamo consacrato la nostra esistenza ai reciproci difetti. La vita è fatta di sacrifici, così ci hanno detto. E noi abbiamo avuto la fortuna di poter scegliere il nostro sacrificio e di innamorarcene perdutamente.
Richiede pazienza e forza guardarci negli occhi dopo tutto quello che ci siamo fatti nel tempo. Richiede dolcezza e fermezza il dialogo sul futuro e sui rimpianti del passato. E più di tutto richiede coraggio il guardare dentro noi stessi per scoprire cosa siamo davvero in prima persona. E dona felicità lo scoprire che in qualsiasi cosa ci siamo trasformati cambiando, l’altro è ancora la parte che completa lo spirito provato dalle sfide e indebolito dalle lotte. Come un compasso e il suo centro, come una bussola e il nord, come il cielo e la terra, questo siamo l’uno per l’altro. Viviamo nel mondo degli uomini, ma il nostro sentimento ci ha trasportati in una dimensione parallela, e il nuovo cosmo nel quale siamo approdati ci ha trasformato in eroi, in divinità libere perché fornite della capacità di ritrovarsi sempre.

Vieni, e guarda che cosa fa il miracolo dell’amore all’essere umano, come lo trasfigura in qualcosa di dorato e fragile, pronto a spezzarsi, forte come il diamante.

VIIII. L’Eremita

Per quanto tempo ho camminato per i boschi, nella neve, sotto la pioggia? Mi sembra un’eternità, mi sembra di essere vecchio da sempre. E forse è così. Siamo sempre stati io e questa lanterna, non c’è mai stato altro su questo mondo.
Non ricordo nemmeno più cosa stavo cercando. Tutto quello che sapevo l’ho gettato dietro di me, e i passi mi hanno fatto giungere a limiti che non pensavo appartenessero all’umanità. Cosa sono diventato?
La solitudine ha cancellato il mio passato, il mio sesso, la mia voce. La solitudine ha scavato il mio cuore e la mia mente e ha spinto il vento a camminare dietro alle mie ginocchia. La solitudine, l’unica madre che mi ha consolato e l’unica amante che mi ha abbracciato. Mai l’oscurità mi ha rubato il bene con i suoi artigli neri, perché la luce della lanterna mi ha protetto anche nelle notti senza luna e senza stelle. E ora, dopotutto, scopro di poter distinguere il tuo volto anche a distanza di millenni.

Vieni, segui le mie impronte, riponi la tua fiducia nella luce come anche io ho sempre fatto. Non arriveremo da nessuna parte, ma ti assicuro che saremo gli esseri meno soli dell’universo.

XII. L’Appeso

A testa in giù. Così sei tu per me, come io lo sono per te. Eppure quante cose non riesci a vedere, tu che sei nel verso giusto, tu che hai la presunzione di vedere le cose dritte.
Come puoi non essertene accorto? Stai mancando la verità mentre ti sta sotto il naso; non la vedi, sei perso a guardare l’orizzonte, non metti in discussione il fatto di poter sbagliare.
Quanto saresti più felice abbassando gli occhi, prendendo la mano sottosopra di quest’uomo appeso per sempre, che tenta di indicarti un’altra via, una strada che non vuoi vedere.
Vedo l’altro lato dei tuoi problemi e i risvolti delle tue paure. Ma nessuno toglierà mai la corda che mi costringe a questa visione. O forse sono io a non volerlo. Perché un senso diverso da quello considerato giusto non significa che sia sbagliato. E quando vorrai capire la verità, sarò qui ad aspettarti.

Vieni, prendi una corda e guarda insieme a me quante alternative, un altro mondo al di là della vita che pensavi di conoscere.

La Morte [Il senza numero]

Sei riuscito dunque a sfruttare il tempo che ti è stato concesso? La tua clessidra si è prosciugata. Quanti granelli di sabbia hai sprecato?
Guardami nei miei occhi cavi, calma i brividi lungo la schiena, sei passato attraverso avventure peggiori. In fondo il nostro è un incontro fugace, questione di qualche attimo, giusto il tempo di portarti a destinazione, di farti attraversare l’unica soglia che conta davvero.
Perché piangi, perché tremi? Prendimi per mano. Senti? È calda. È il calore di chi ti amava e che ho già aiutato. Passeggiamo insieme, non c’è fretta.
Dimmi, hai già tirato le somme del tuo operato, hai già rivisto il nastro della tua esistenza riavvolgersi? Non ne hai sentito l’amara dolcezza?
Tutti gli errori fatti, tutto l’amore che hai dato e che ti hanno regalato, tutte le persone incontrate per un istante e i pensieri di eternità che scacciavi spaventato dalla grandezza del tuo essere umano.

Vieni con me, senti come sono leggeri i tuoi passi dopo una vita passata a camminare appesantito dal futuro e dal passato. Ora puoi finalmente camminare leggero nel sempre ora, e attraversare il Cambiamento.

XVI. La Torre

Non pensavo mai che sarebbe successo a me. Sulla vetta del mondo, ogni cosa più piccola di me, ogni cosa più piccola di ciò che avevo costruito con il mio sudore e il mio successo.
Da qui il mondo sembrava inchinarsi al mio essere imponente, al mio impegno ripagato giustamente. Ogni pietra simboleggiava la mia stabilità, ogni pilastro la mia forza. Le scalinate per giungere alla vetta talmente infinite per la volontà di raggiungere il cielo. Così improvvisa è arrivata la caduta. Non sembra altro che un incubo di fumo nero, lì nel punto in cui si è abbattuto il fulmine, e una forza imprevista si è accanita senza senso sull’unica cosa che sembrava dare un qualche significato alla mia esistenza.
E ora non ho più nulla. Ciò che rimane sono ricordi sbriciolati tra le pietre, sono emozioni intrappolate per sempre in mezzo alle pesanti travi spezzate, sono sforzi sprecati in un impegno inutile.

Vieni, cadi insieme a me giù da questa torre, niente si potrà ricostruire, niente sarà mai come prima, tutto è perduto, e non ci resta che la rovinosa finale discesa.

XVIII. La Luna

Gli ululati sono le preghiere ancestrali che ogni notte mi tengono sveglia. E così posso vedere il volto di chi mi parla nel buio, in cerca non di un consiglio, ma di un pubblico.
Le domande che mi vengono rivolte non si aspettano una risposta, sono mosse dalla stessa emozione che porta le acque a inchinarsi alla mia luce, che spinge i gatti a piangere nella loro lingua segreta.
Ispiro paura e devozione, poesia e lacrime solo guardando da qui una realtà che non potrò mai toccare, che mi respinge come un polo respinge il suo opposto. Se non posso essere del tuo mondo, perché mi rivolgi lo sguardo? ti vorrei gridare.
Ma tu con egoismo ti limiti a pensare che sarò sempre qui ad ascoltare le tue pene d’amore, le ansie che il sole nasconde nelle ombre proiettate. Ma di notte è l’ombra che regna, e tu ti senti circondato, il sole ti ha abbandonato, e la notte vigliacca tenta di ghermirti come un gufo artiglia un topo.

Vieni, la luna non ti lascerà come fa il sole ogni notte, la luna si metterà da parte e veglierà su di te anche quando non ricorderai di avere pianto, la luna bagnerà con le sue lacrime le tue paure e le tramuterà in fiori d’acqua.

XXI. Il Mondo

Dal centro di questo rumore riesco ad abbracciare la bellezza. Lo so, è strano a dirsi, ed è raro accorgersene, ma in quel momento in cui riesci ad apprezzare anche le paure e gli errori, i difetti e gli sbagli, allora riesci a vedere quanto ogni sfumatura del mondo emani una luce tutta particolare, anche dentro le intricate foreste e le grotte sotterranee, anche nel fondo degli abissi, anche nella disperazione dell’uomo. Anche le cose più nere assumono le sfumature più incredibili, a vederle da vicino non sono più scure, ma cangianti e tralucenti.
Mi vergogno quasi a dirlo, ma la verità è che mi sono innamorato di tutto questo. Mi sono innamorato dei colori che si nascondono dietro il grigio indefinito della cecità quotidiana.
E mi basta davvero poco per rendermi conto di essere cieco e togliere quindi la benda dai miei occhi. Allora un nuovo cosmo si apre davanti a me, il vero mondo si toglie i veli e si mostra nella sua brillante e prodigiosa nudità.

Vieni, lascia che tolga le bende anche dai tuoi occhi e allora ti accorgerai del potere di un mondo colorato con le tinte della vita.

Brano corrente

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