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7 Dicembre 2011 | La ricetta

I ciacci con la ricotta

Dalla montagna tosco emiliana una nuova ricetta tradizionale con la farina di castagne

A cura di Marina Leonardi

7 dicembre 2011

Cari ascoltatori eccoci alle prese con una nuova ricetta che vede come protagonista la farina di castagne. Abbiamo parlato di polenta, di piadina, ora parliamo dei Ciacci, una specialità appenninica del confine tra le province di Modena, Reggio Emilia, Bologna e la Toscana, dove sono diffusi fino in Garfagnana col nome di Necci. Sono parenti stretti del castagnaccio da cui  probabilmente la denominazione “ciaccio”.

La ricetta che vi proponiamo ci permette di parlare di un bellissimo progetto dal titolo Storie di terra e di rezdore, promosso dalla Provincia di Modena, con finanziamenti del Fondo Sociale Europeo e realizzato da Slow Food Italia. Il progetto ha dato vita anche a un bel volume, Savor Ricordi, ricette e filmati per tramandare la cultura delle rezdore modenesi, edito da Artestampa che raccoglie e illustra le ricette raccolte.

Una di queste sono appunto I ciacci nelle cotte (le cotte o cottole sono le piastre all’interno di cui si cuociono molte preparazioni appenniniche dai ciacci, ai borlenghi, alle crescentine)

«Una volta il gas non c’era, si faceva il fuoco e sulle braci si mettevano le cottole di ferro» così inizia la ricetta di Giuliana Gianni di Magrignana di Montecreto in provincia di Modena, che vede come ingredienti per 6 persone:

500 g di farina di castagne
un pizzico di sale
½ l d’acqua
ricotta di mucca per condire

per la cottura

un po’ di olio di oliva
il tuorlo di un uovo
una patata tagliata a metà

Preparazione

Prima di preparare l’impasto si deve passare al setaccio la farina di castagne (per poter utilizzare solo la farina più fine).

Quindi si aggiunge un pizzico di sale e si inizia ad aggiungere l’acqua un poco per volta, stemperando la farina. Bisogna procedere lentamente perchè non si formino i grumi, mescolando con una frusta. Si mescola bene finchè non si raggiunge la giusta densità: l’impasto non deve essere nè troppo tenero nè troppo duro, considerato che questa pastella deve essere cotta dentro le cotte di ferro.

Quando l’impasto è pronto, si passa alla cottura. A parte si prepara un piattino con un po’ di olio di oliva e un tuorlo d’uovo. Si prende una patata tagliata a metà, la si intinge in questo preparato e si passa sulle due cotte.

A questo punto si prende un mestolo di impasto, si versa su una delle due cotte e si appoggia subito sopra l’altra, cosí che la preparazione si stenda bene. Dopo due minuti circa bisogna girare l’impasto. Dopo altri due minuti di cottura, il ciaccio è pronto.
Una volta tolto dalle cotte va spalmato con della buona ricotta di mucca, piegato in due parti ed è pronto per essere mangiato.

E’ molto interessante la testimonianza che accompagna la ricetta che ci racconta come: “Ai tempi dei nostri nonni i ciacci venivano fatti alla mattina per colazione. In tempo di guerra era il pane dei poveri, sono riusciti a tirare avanti con questo cibo. La farina di castagne era il nostro oro”.

Potete trovare altre testimonianze del progetto sul sito http://rezdore.provincia.modena.it

o acquistare il volume

Savor
Ricordi, ricette e filmati per tramandare la cultura delle rezdore modenesi

Libro + Dvd con i filmati delle ricette

Edizioni Artestampa
Prezzo di copertina: € 29,00

A cura di Antonio Cherchi, Elodie Drago e Nico Lusoli con il contributo di Laura Galli Morandi
Prefazioni di Emilio Sabattini, Andrea Landi, Carlo Petrini

Fotografi Nico Lusoli, Archivio Fotografico Giuseppe Panini, Galleria Civica di Modena.

Trentasette ricette tipiche modenesi, note e meno note, descritte e filmate dall’inizio alla fine, in una sorta di “scuola di cucina della tradizione”. E ai fornelli non ci sono cuochi professionisti, ma autentiche rezdore modenesi che hanno aperto alla telecamere le cucine delle loro case, con entusiasmo e semplicità. Il volume trae origine dal progetto “Storie di terra e di rezdore”, promosso dalla Provincia di Modena, con finanziamenti del Fondo Sociale Europeo, e realizzato da Slow Food Italia. Oltre duecento protagonisti della tradizione agricola e gastronomica modenese sono stati intervistati e ripresi mentre realizzavano “dal vivo” – nelle loro cucine, improvvisando, senza artifizi televisivi nè abbellimenti – ricette che si trasmettono di generazione in generazione. Non mancano, ovviamente, i classici tortellini in brodo, che pure un tempo erano il piatto dei giorni di festa e non certo una preparazione quotidiana. Ma ci sono anche preparazioni meno note come ad esempio le rosoline, polpettine agrodolci tipiche dell’Appennino, oppure la “minestra vedova”, chiamata cosí perchè è fatta con poco o nulla. Dalle infinite sfoglie della “torta degli ebrei” di Finale Emilia all’incredibile ricchezza di ingredienti del pane di Natale. Con la speranza che, grazie anche a questo prodotto multimediale, le rezdore di oggi possano trovare tanti allievi di buona volontà.

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