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18 Dicembre 2013 | La ricetta

Le tavole della Vigilia e del Natale

I prodotti e le preparazioni che da secoli fanno festa

A cura di Marina Leonardi

18 dicembre 2013

Cari ascoltatori, eccovi di nuovo in compagnia di Marina Leonardi a una settimana dal Natale con una nuova puntata della nostra rubrica dedicata alla ricette della tipicità.
Prima di tuffarci tra le preparazioni e i prodotti che tanto fanno festa, solo un piccolo grande appunto, l’avrete ascoltato qualche giorno faanche qui sulla nostra radio ma ci fa un immenso piacere riparlarne. La rivista Forbes, una importante rivista di tendenza americana, ha pubblicato di recente un lungo articolo in cui incorona la cucina dell’Emilia Romagna come la migliore cucina italiana. Il giornalista David Rosengarten che ha realizzato il reportage non ha dubbi e l’ha messo nero su bianco citando tra i suoi ristoranti preferiti diversi locali delle province di Modena e Bologna. E questo ci fa davvero piacere.   

Ma torniamo alla nostra trasmissione, focalizziamo la nostra attenzione sulla cena e sul pranzo più importanti dell’anno, la cena della Vigilia e il pranzo di Natale.
Per la vigilia, da sempre è di rigore un menu di “magro”, che una volta si consumava con una cena frugale che vedeva come ospite fisso l’anguilla cucinata in molti modi: marinata, ai ferri, spaccata in due, salata e posata sulla graticola con le braci di legna, fritta, in umido con la polenta, oppure preparata in brodetto di verza, nel risotto, allo spiedo.
Oggi, in epoca decisamente più consumista, anche la cena della Vigilia si è trasformata in un appuntamento importante dove stare insieme e godere di tanti piatti diversi, anche se tutti, rigorosamente di magro e spesso a base di pesce. Un primo piatto tipico della vigilia sono i tortelloni di magro, con ripieno di ricotta e spinaci, che siano a coda o tradizionali i tortelloni sono diffusi dalla riviera fino a Piacenza. Nel piacentino, nella zona di Soarza  la vigilia di Natale  si mangiano i Gnoc ad la vigilia, piccoli gnocchetti di pasta da condire con un sugo a base di poco olio, funghi secchi e salsa di pomodoro. A Bobbio, dove dicembre è sinonimo di lumache la vigilia queste occupano un posto d’onore assieme alle lasagne ai funghi.  Nella Val Taro la sera del 24 dicembre si consumano i Verzolini della Vigilia involtini di verza fatti con pane e parmigiano. Per la vigilia di Natale il menù di magro lascia poco spazio ai dolci. Unico dolce concesso nel ferrarese l’austero “pampepato” il dolce tipico di Ferrara, probabilmente nato in uno dei conventi della pianura: la forma a calotta ricoperta di cioccolato, richiama alla memoria lo “zucchetto”, il copricapo degli ecclesiastici. Essendo un dolce non troppo elaborato era concesso anche nei giorni di vigilia. Il nostro corregionale e grande gastronomo Pellegrino Artusi, propone un pranzo di magro, alquanto ricco di portate. Come antipasto. Crostini col caviale, acciughe, olio e limone. Per minestra, tortelli o risotto con le telline. Poi un fritto di sogliole, totani e triglie e poi anguilla arrosto come contorno cardi con la besciamella o crescioni e poi per dolce, croccanti, mele in gelatina, aranci a fette con zucchero a vele e alkermes e a finire frutta fresca di stagione e frutta secca.

Poche ore dopo ed è gia Natale, con la  tavola più imbandita dell’anno.
A cominciare  dagli antipasti,  dove non possono mancare i salumi tipici emiliano romagnoli, prodotti tanto tipici e buoni da essersi meritati un marchio di qualità come la Coppa Piacentina, il Culatello di Zibello, i prosciutti di Parma o di Modena, il salame di Felino, la mortadella Bologna.
E se il Parmigiano reggiano o il formaggio di Fossa li consumiamo quotidianamente, faranno di certo Natale sulla tovaglia rossa delle feste, il primo accompagnato da un dolce Aceto balsamico tradizionale di Modena e Reggio Emilia e il secondo con la Saba, di cui abbiamo parlato non tanto tempo fa. Se dovessimo pensare a un menù natalizio capace di rispecchiare la tradizione di una grande regione come la nostra che si allunga dal piacentino al mare potremmo cominciare dalla Coppa piacentina a cui far seguire i Tortellini in brodo di cappone, il bollito misto (cappone o gallina, manzo, cotechino di Modena) con fagioli, puré e salsa verde, il formaggio di fossa con la Saba (mosto cotto e aromi naturali) e come dolce il Certosino di Bologna o il Panone di Natale. Come vini il Pignoletto dei Colli bolognesi e il Sangiovese.
 
A fare la parte dei padroni sulla tavola delle feste ecco i tortellini o cappelletti o anolini a seconda della  parte della regione in cui si trova. Un piatto tanto tipico, anche nelle sue varianti provinciali, da trovare un posto di tutto rispetto nell’elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
Il preciso luogo d’origine del tortellino non è accertato e la paternità è contesa tra Modena e Bologna. Tanto che il comune di Castelfranco Emilia, sulla via Emilia a metà strada tra i due capoluoghi ne rivendica la paternità, tanto da organizzare ogni anno una lunga settimana di festeggiamenti. Tortellino la cui nascita ha ormai radici nella leggenda come riportato anche dai versi della “Secchia Rapita” di Alessandro Tassoni, che racconta che ai tempi della “Secchia”, Venere, Bacco e Marte, reduci dai campi di battaglia, ove per l’ennesima volta si erano scontrati i modenesi e i bolognesi, una sera pensarono di trovarvi riposo presso la locanda “Corona”. Il mattino successivo, Marte e Bacco se ne partirono presto lasciando da sola la dea dell’amore, che ancora dormiva. Questa, quando si svegliò e non vide più i due amici, suonò spaventata il campanello, facendosi sorprendere ancora discinta da un oste guercio, subito accorso, il quale rimase notevolmente impressionato dalle bellissime forme di Venere. Ritornato in cucina, dove aveva preparato una sfoglia ne strappò un pezzo di cui si servì per fare tanti quadretti. Li riempì di pesto e, ripiegatili, li arrotolò sul dito traendone uno stampo simile all’ombelico di lei.
Non sappiamo se il tortellino sia o no un omaggio a Venere di sicuro possiamo immaginare che fosse apprezzato dal buongustaio Giove per il suo sapore davvero ottimo ottenuto dal connubio tra la sfoglia fresca e il ripieno a base di prosciutto, mortadella, Parmigiano e polpa di maiale e cotti e serviti rigorosamente  in brodo, magari di cappone.
 
Un altro piatto di rigore sulla tavola delle feste è il Bollito misto.
Il bollito che si usa consumare in Emilia Romagna propone un  taglio di polpa di manzo e poi gallina o cappone,  lingua e testina di vitello cucinato in acqua salata e  profumato con cipolla, carota, sedano, pomodoro. Il bollito viene servito con salsa verde (ottenuta tritando finemente prezzemolo, carota,  sedano, uova sode, cipolla, aglio, olio e aceto) o con salsa rossa, (con carote, pomodoro, sedano, peperone). A Bologna si accompagna anche il friggione (una salsa ottenuta dalla lunga cottura di cipolle e pomodoro).
Col bollito fanno il loro ingresso a tavola le due star del Natale, lo zampone e il cotechino entrambi prodotti tipici modenesi tutelati dal marchio Igp. Si tratta di  prodotti tradizionali la cui origine si perde nel tempo, entrambi insaccati lo zampone è realizzato con cotenna e carne suina tritata, salata e speziata inserita nella pelle della zampa anteriore del suino, di cui prende la forma. La sua lavorazione ha inizio da una miscela di carni suine (guancia, testa, gola, spalla), con aggiunta di sali, aromi e spezie.
Con lo zampone troviamo il cotechino, altro insaccato tipico modenese composto da un impasto di carne magra, grasso e cotenna di suino, con l’aggiunta di sale, pepe e altre spezie, contenuto in un budello naturale o artificiale. Sia zampone che cotechino si abbinano tradizionalmente con le lenticchie, ma anche con fagioli in umido e puré di patate.
La leggenda fa risalire la nascita di zampone e cotechino agli inizi del Cinquecento, quando i cittadini della corte dei Pico di Mirandola si ingegnarono a realizzare gli insaccati per meglio conservare la carne dei maiali, durante il lungo assedio alla città da parte delle truppe di Papa Giulio II della Rovere.

Tra i dolci che fanno tanto Natale non aspettatevi il panettone e neppure il pandoro. Lasciamoli alle tradizioni dei vicini lombardi e veneti. Dalle nostre parti si usano il Certosino di Bologna o il Panone di Natale, entrambi ricchi di frutta candita, pezzi di cioccolato, miele, pinoli, cacao e liquore e poi la Spongata di Brescello e di Busseto un dolce di antichissima origine, addirittura romana, se ne trovano tracce nella famosa “Cena di Trimalcione”. Si dice che, mentre Giuseppe Verdi componeva il Don Carlos, nell’antica pasticceria Muggia a Busseto nasceva la Spongata, una pasta frolla ripiena di miele, mandorle, pinoli, frutta candita, cedro e uva passa. Diventò il dolce di Busseto, città natale di Giuseppe Verdi: anche il grande musicista la considerava un delizioso capolavoro.

E così cari ascoltatori vi abbiamo portato tra le ricette e i prodotti che qui in Emilia Romagna fanno davvero Natale. E giunti a questo punto non mi resta che salutarvi, a presto,  Buon Natale e buone feste da me, Marina Leonardi e da Radio Emilia Romagna!

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