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3 Dicembre 2013 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Ad Argenteuil, lezioni di Fratellanza

L’intervento di Simona Iemmi Cheneau, presidente dello storico sodalizio dei reggiani in Francia, in un liceo di Parigi

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

3 dicembre 2013

Cari ascoltatori, chi si ricorda più di quello che eravamo ieri? Di quello che è successo, ieri, o decenni fa, alle nostre famiglie, ai nostri nonni? Solo gli anziani ricordano. E gli anziani della Fratellanza Reggiana, storica associazione degli emigrati emiliani in Francia, hanno molto da raccontare.
Fondato nel settembre 1933 in un piccolo caffè di Cours de Vincennes, il più antico sodalizio emiliano-romagnolo all’estero – oggi presieduto da Simona Iemmi Chenau – aveva lo scopo di aiutare i reggiani che, a partire dagli anni Venti e spesso per ragioni politiche, si erano stabiliti nella banlieue di Saint-Denis alimentando una filiera migratoria che già da fine Ottocento trovava sfogo nelle fabbriche e nell’edilizia. Il ristorante di Luigi Menozzi nel quartiere di Montrouge ricavato da una vecchia drogheria, fu la prima sede dell’associazione. I fuoriusciti italiani vi trovavano assistenza nella ricerca di alloggio e lavoro, e la condivisione degli ideali di libertà cementava lo spirito di solidarietà. Tra i dodici fondatori della Fratellanza vi furono Cesare Campioli, diventato dopo la Liberazione sindaco di Reggio Emilia, Camillo Montanari, ucciso a Parigi nel 1935 in una stazione del metrò, e Paolo Davoli, fucilato dai fascisti a Reggio all’inizio del 1945.

“Qualche anno fa gli anziani della Fratellanza sono andati al liceo di Argenteuil per trasmettere la memoria dell’emigrazione emiliano-romagnola”, ci ha raccontato la presidente dell’associazione Simona Iemmi Cheneau.
Ecco ciò che Simona ha scritto per noi. Anche se è passato un po’ di tempo, vogliamo farvi condividere, cari ascoltatori, questa esperienza, perché l’emigrazione reggiana ad Argenteuil è stata uno dei filoni più importanti della nostra diaspora.

Il liceo professionale Jean Jaurès è una delle tante scuole della banlieue  di Parigi, un vero « melting pot » di ragazzi di ogni origine, francesi o figli di emigrati africani, egiziani, marocchini, algerini. Il 7 dicembre 2009, questi ragazzi sono venuti ad ascoltare la storia vissuta dagli emigrati emiliani a Mazagran, quartiere decentrato di Argenteuil.
Mazzagrande, com’era chiamato dagli abitanti, era un quartiere ai confini della città, in riva alla collina. Il nome avrebbe origine, secondo alcuni, dal termine « massa grande », vale a dire, più o meno «gran pattume ». Infatti, il fango delle cave di argilla e la polvere bianca che svolazzava dalle cave e dai forni di gesso, ricoprivano tutto, e quando pioveva il posto era veramente una grande pattumiera.
Qui, fino dagli ultimi anni dell’Ottocento, vivevano gli emigrati, per la maggior parte originari di Cavriago, paesotto in provincia di Reggio Emilia. Negli anni Venti e Trenta la comunità straniera di Argenteuil contava più di seicento italiani, oltre a belgi e polacchi che se ne stavano per conto loro e non erano molto amati dai francesi. 
Sugli scarsi terreni concessi dal padrone delle cave, erano state edificate casette fatte di ogni materiale che gli operai sistemavano la domenica, dopo il lavoro della settimana, lungo la strada principale. Sorsero grandi condomini affollati di famiglie numerose, senz’acqua né igiene.
Attraverso le testimonianze degli anziani, i ragazzi hanno scoperto quanto fosse duro il lavoro nelle cave di gesso e quanto difficile la vita per le famiglie, anche se la scuola francese aveva cercato di integrare i figli degli emigrati reggiani.
Ai giovani è apparsa chiaramente, per la prima volta, la realtà del fascismo in Italia e le violenze delle camicie nere, che avevano costretto tanti emiliani e molti cavriaghesi a stabilirsi in Francia. Tra le storie raccontate, quella di un ragazzo italiano di Mazagran, Rino della Negra, calciatore in un celebre club parigino, fucilato a 21 anni nel 1944 per aver partecipato alla Resistenza. Questo giovane italiano è diventato un eroe nazionale francese per aver dato la sua vita perla Francia, insieme con i ventuno compagni del gruppo Manouchian, tutti stranieri: armeni, spagnoli, italiani, rumeni, ungheresi. Nella struggente lettera d’addio inviata ai genitori prima di morire, Rino disse loro: « Fatevi coraggio e abbracciate tutta la città di Argenteuil ».
Lezioni di storia come questa – conclude Simona Iemmi Cheneau – consentono ai discendenti di quelle persone di scoprire la ricchezza della doppia appartenenza e la fortuna di conservare la lingua materna, oltre a quella francese.

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