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19 Ottobre 2010 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Terra di libertà

Breve storia degli anarchici della nostra regione (seconda puntata)

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

19 ottobre 2010

Cari ascoltatori, è noto a tutti che l’Emilia-Romagna è stata terra di anarchia. Terra di libertà. Abbiamo iniziato con la puntata precedente a fare una breve storia del movimento anarchico nella nostra regione. Vi abbiamo parlato di alcuni protagonisti – Camillo Berneri, Luigi Fabbri, Armando Borghi, Nello Garavini – e di altri uomini e donne impegnati a mantenere vivo l’anelito di libertà che nessuno è mai riuscito a soffocare nella nostra terra.

Oggi ritorniamo al nostro argomento con Luce Fabbri, scomparsa nel 2000 alla bella età di 92 anni, che nel 1946 era stata ospite dai Garavini in Brasile. Luce è stata l’ultima esponente della diaspora anarchica che ha portato in giro per il mondo tante intelligenze dalla nostra regione. La figlia di Luigi Fabbri percorre presto le orme del padre, figura di primo piano del movimento anarchico. Sballottata di qua e di là per sfuggire alle pressioni della polizia, la famiglia nel 1915 riesce a tornare a Bologna. Qui Luce si laurea in lettere ma deve attendere il 1929 per ricongiungersi al padre, in esilio a Parigi per non aver prestato giuramento, come insegnante, al Duce. Nel marzo dello stesso anno il padre è espulso dalla Francia e Luce, che già rimpiangeva in una poesia i “muri rossi delle case antiche di Bologna”, s’imbarca con la famiglia per l’Uruguay. I primi anni a Montevideo sono duri. Luigi Fabbri è espulso dalla Scuola Italiana dove insegna, ormai fascistizzata, e si arrabatta come può, finché nel ’35 muore. Luce dopo la morte del padre dirige, fino al 1946, la rivista da lui fondata nel ’30, Studi Sociali, e nel ’49 conquista la cattedra di letteratura italiana all’Università. Attraverso numerose pubblicazioni, riviste, saggi, libri di poesia, cerca di mantenere vivi gli ideali libertari, pur in un contesto profondamente mutato. Si spegne nel 2000 a Montevideo dopo aver attraversato quasi l’intero secolo, iniziato con i proclami degli anarchici e finito con Internet.
Montevideo era in quegli anni crocevia degli emigrati anarchici. Vi risiedeva da tempo Orsini Bertani, e Torquato Gobbi vi era arrivato nel 1929 dal Belgio proprio per raggiungere Luigi Fabbri.

Nato a Cavriago (Reggio Emilia) – paese che ancora conserva, forse unico in Occidente, una piazza intitolata a Lenin con tanto di busto – il padre di Orsini Bertani era talmente convinto delle sue idee socialiste da chiamare tutti i figli con nomi risorgimentali: Cavour, Mazzini, Saffi e Garibaldi Bertani. Orsini nel 1885 si iscrive alla Sorbona, presto abbandonata per seguire l’attività politica radicale.  A Parigi si lega alla banda anarchica di Jules Bonnot, che deruba le banche e i ricchi borghesi usando per la prima volta l’automobile come mezzo di fuga. Prima di essere catturato dalla polizia, Orsini Bertani raggiunge Londra e di qui, a fine secolo, Buenos Aires. Nella capitale argentina continua a militare nelle fila del socialismo anarchico e nel 1904 si trasferisce definitivamente a Montevideo. Uno dei suoi cinque figli sarà il padre di Hugo del Carril, notissimo cantante di tango e regista cinematografico. A Montevideo Orsini Bertani gestisce un cinema e una libreria prima di dedicarsi all’attività editoriale. Con la sua casa editrice dà voce ai giovani scrittori sudamericani e spazio alle tematiche sociali. Dal 1927 al 1931 pubblica 19 numeri de La Pluma,  la più importante rivista culturale dell’Uruguay degli anni Venti, che spazia dalla letteratura alle arti plastiche, dall’architettura al cinema e all’attualità.

Uomo di grande cultura è anche il reggiano Torquato Gobbi (1888-1963) che – ricordava Camillo Berneri – “mi fu maestro, nelle sere brumose, lungo la via Emilia, sotto i portici”. Legatore di libri e tipografo, tra un foglio di via e un rimpatrio coatto per propaganda rivoluzionaria, finisce nel mirino dei fascisti. Emigra in Francia nel 1923 unendosi, nel ’27, a Fabbri e Berneri. Con loro scrive sul quindicinale “La Lotta Umana”, dove presenta teorie nuove, come quella che vede nelle moderne  tecniche produttive non solo alienazione, ma uno dei principali fattori della liberazione dell’uomo dal lavoro. Nel ’29 raggiunge Fabbri in Uruguay. Qui si sposta su posizioni più riformatrici e libertarie, e si dedica all’antica passione per i libri fondando la Libreria Italiana, luogo di ritrovo della comunità italiana nella capitale. La libreria di Calle Soriano era l’unica a Montevideo a offrire testi in lingua italiana, alcuni pubblicati anche dalla piccola casa editrice nel frattempo aperta da Gobbi. Le cose vanno bene fino ai primi anni Sessanta, quando il governo decide all’improvviso di svalutare la moneta. I debiti di Gobbi nei confronti dei fornitori italiani si moltiplicano provocandone la rovina economica, alla quale lui risponde, amareggiato e deluso, con il suicidio, nel 1963.

Dura vita, quella degli anarchici. A loro dedichiamo l’ultima canzone di oggi. A risentirci alla prossima e ultima puntata. Ah, dimenticavamo una cosa importante. Dobbiamo ringraziare per l’affettuoso sostegno alle nostre ricerche almeno due persone: Fiamma Chessa, che gestisce l’Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa di Reggio Emilia, un ricco patrimonio documentario sull’anarchismo italiano e internazionale, e Gianpiero Landi, l’anima della Biblioteca Libertaria Armando Borghi di Castel Bolognese, aperta nel 1973 su impulso di Nello Garavini.

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