Salta al contenuto principale
5 Ottobre 2010 | Archivio / Lo sguardo altrove, storie di emigrazione

Terra di libertà

Breve storia degli anarchici della nostra regione (prima puntata)

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

5 ottobre 2010

L’immagine più bella, per la storia che stiamo per raccontare, è la foto che ritrae Maria Luisa Berneri e Vernon Richards mentre camminano, zaino in spalle, su una strada nella campagna inglese. Siamo a metà degli anni Trenta, e i due ragazzi che procedono affiancati, e che di lì a poco diventeranno marito e moglie, sono in viaggio sulle strade della libertà come, prima di loro, i romantici del Grand Tour e gli hobo americani e, dopo, la beat generation e gli hippies.   
Ricordate Land and Freedom, il film di Ken Loach sugli anarchici nella guerra civile spagnola? “Terra di libertà” è il nome giusto da dare alla Romagna, culla dell’anarchismo italiano, regione di passioni eccessive, dalla gola agli umori anticlericali.

Romagnolo era Emidio Recchioni (1864-1934), padre del grande fotografo e attivo esponente dell’anarchismo inglese Vernon Richards (nome inglesizzato di Vero Recchioni). Emidio, già implicato nell’attentato contro il primo ministro Francesco Crispi, dall’esilio di Londra  finanziò vari attentati contro Mussolini, grazie all’agiatezza economica che gli veniva dalle sue attività commerciali, tra cui il negozio di alimentari King Bomba a Soho, punto di riferimento degli anarchici italiani, come Errico Malatesta e Camillo Berneri, e degli antifascisti inglesi, come Emma Goldman e George Orwell. Di quest’ultimo abbiamo le foto che Vernon Richards gli scattò nel 1946 mentre portava a spasso il figlio adottivo.
La moglie di Vernon, Maria Luisa (1918-49), era figlia di Camillo Berneri, il capo dei fuoriusciti italiani in Francia, anarchico sui generis influenzato da Gaetano Salvemini e Malatesta, e intellettuale eterodosso formatosi nell’ambiente reggiano. Dal 1926 una lunga serie di arresti, processi e condanne ne faranno l’antifascista più espulso d’Europa, con base in Francia ma sorvegliato dalle polizie di tutti gli Stati. Troverà un’assurda morte a Barcellona nel ’37, assassinato dai comunisti in uno dei tanti contrasti con gli anarchici nella guerra civile spagnola.
Moglie di Berneri era Giovanna Caleffi (1897-1962), nata a Gualtieri (Reggio Emilia) e insegnante elementare nelle scuole del reggiano. Durante la travagliata peregrinazione del marito in fuga dalle polizie d’Europa, s’incarica del sostentamento della famiglia aprendo una drogheria a Parigi in rue de Terre-Neuve. Il retrobottega diventa rifugio per i fuorusciti anarchici. Nel dopoguerra, dopo aver affrontato il dolore per la morte della primogenita Maria Luisa, s’impegna per fondare a Cesenatico una colonia per bambini a suo nome, aperta ai figli di anarchici di tutti i paesi. La colonia vedrà la luce prima a Piano di Sorrento e poi nella pineta di Ronchi (Massa Carrara).

Abbiamo detto che le opere e i giorni della lunga stagione anarchica cominciano in Romagna. Sarà invece soprattutto l’Emilia, tra le due guerre, il terreno più fertile per l’antifascismo. Cinquant’anni non sono pochi: all’incirca tra il 1870 e il 1920, tra le nebbie della Bassa romagnola si fa strada l’idea che un altro mondo è possibile, che la rivoluzione anarchica è alle porte. Ora sono solo facce sbiadite di vecchi dagherrotipi, ma i delegati delle 21 sezioni (di cui 9 romagnole) che si danno convegno a Rimini nell’agosto 1872 per dar vita alla Federazione italiana dell’Internazionale anarchica, d’ispirazione bakuniana, sono convinti che l’idea antiautoritaria avrà un futuro luminoso. In particolare Ravenna, che sembrava condannata all’oblio della storia dopo i fasti bizantini, riscopre la sua vocazione universalista, capitale non più dell’impero ma dell’internazionalismo proletario. Il Romagnolo è il primo di una lunghissima serie di giornali, fogli e bollettini anarchici, spesso clandestini e chiusi dopo pochi numeri, che vedono la luce in Italia. Mentre l’imolese Andrea Costa passa dall’insurrezionalismo al legalitarismo diventando nel 1882 il primo socialista eletto alla Camera, altri cavalieri dell’ideale perseguono, per raggiungere lo scopo, i mezzi più diversi, come il lughese Paolo Lega che nel 1894 spara due colpi di pistola a Crispi (mancandolo) o, più tardi, Luigi Fabbri (1877-1935), discepolo del leggendario capo rivoluzionario Errico Malatesta, convinto al contrario che l’anarchia fosse “la rivoluzione dell’amore e non dell’odio”.

Di Castel Bolognese (Ravenna) era Armando Borghi (1882-1968) leader dell’ala libertaria e antistalinista, formatosi con le lotte operaie e sindacali (era segretario dell’USI, il sindacato che nel “biennio rosso” 1919-20 contava mezzo milione d’iscritti) e poi esule in Francia con l’avvento del fascismo, anche lui per aver rifiutato a Bologna il giuramento richiesto dal regime agli insegnanti. Dagli Stati Uniti, dov’era in seguito approdato, continuò la sua opposizione alla dittatura, e in Italia alla fine della guerra riprese la militanza anarchica. Nella sua autobiografia Mezzo secolo di anarchia (1898-1945), ricorda le vivaci discussioni per il giornale L’Aurora da lui diretto tra 1904 e 1907, nelle stanze nere di fuliggine e di fumo di pipa, dove si raccoglievano gli uomini alla fine del lavoro, con gli scarponi infangati fino alla caviglia. E le traversate in vettura, dietro un malandato cavallo, sempre a parlare di anarchia e libertà, tra le brume della Bassa, accompagnati dal gracidare delle rane e le incursioni delle zanzare dai canneti.

Romagna luciferina, epicentro della sovversione. Ma con eleganza, come dimostra la foto che ritrae Nello Garavini (1899-1985) in completo bianco, con cappello e cravatta, a spasso per Rio de Janeiro con la moglie Emma Neri durante l’esilio brasiliano. Garavini appartiene a una famiglia di anarchici di Castel Bolognese, come il padre Pietro, gestore di un’osteria “libertaria”, e lo zio Antonio, emigrato in Brasile e noto mangiapreti. Nello frequenta la casa di Luigi Fabbri a Bologna e presto diventa il capo dei giovani anarchici di Castel Bolognese. Tenace oppositore dello squadrismo fascista, comincia a temere per la sua vita e se ne va prima a Milano e poi, nel 1926, in Brasile, accompagnato da Emma e dalla figlioletta. Si stabilisce a Rio, dove all’inizio può contare sull’appoggio dello zio. Inizia quindi una fase di difficoltà economiche, aggravata dalla necessità di stare all’erta, perché il Brasile in quel periodo è sottoposto a governi dittatoriali. Dal 1933 al ’42 i Garavini gestiscono a Rio una libreria, la Minha Livraria, che, nonostante le frequenti perquisizioni della polizia, diventa un punto d’incontro per i simpatizzanti della sinistra. Alla libreria si affianca per un certo tempo anche una piccola casa editrice che pubblica in portoghese testi di Nietzsche, Wilde e altri autori. Una forte amicizia lega i Garavini a Luigi Fabbri, esule a Montevideo, e a sua figlia Luce. Nel ’47 i Garavini rientrano per sempre in Italia, continuando da Castel Bolognese a essere un punto di riferimento per i giovani libertari, in particolare nel 1968. Dieci anni dopo Nello perde l’amata Emma, che le cronache di Rio de Janeiro ricordano per aver diffuso, in occasione della Trasvolata Atlantica di Italo Balbo, migliaia di volantini antifascisti nelle principali vie del centro – gesto che le avrebbe causato la perdita del lavoro d’insegnante alla Società Dante Alighieri.

Cari amici, oggi ci fermiamo qui. A risentirci alla prossima puntata.

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi