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19 Novembre 2007 | Archivio / Prodotti tipici e sagre

N°84-SAPORI D’ITALIA

La torta degli ebrei di Finale Emilia.


Cari ascoltatori, in questa puntata di Sapori d’Italia andiamo indietro nei secoli, al Cinquecento e al Seicento quando le terre del Ducato Estense, Ferrara e poi Modena, aprirono la porta a centinaia di ebrei scacciata dalla Spagna. Mettiamo a fuoco un piccolo paese, tra le due province emiliane, Finale Emilia, chiamata per i suoi canali e canalini la Piccola Venezia estense dove ancora oggi si prepara un piatto della tradizione ebraica, anche se modificato nei suoi ingredienti. Parliamo della sfogliata , qui conosciuta come Torta degli ebrei, una torta salata che i Turchi chiamano “Burek”, importata a Finale dalla famiglia ebraica dei Belgradi. La comunità giudaica ha custodito gelosamente il segreto della ricetta per lungo tempo. Solo grazie a Giuseppe Alinovi, ebreo convertito, anche i cristiani ne sono venuti a conoscenza.


La semplicità degli ingredienti è tale da renderla universale: farina, acqua, sale, strutto e formaggio. A Finale Emilia, dicevamo è conosciuta come “Torta degli ebrei” o “tibùia” (quest’ultimo nome derivato presumibilmente dal cognome di un antico venditore, Tiburzi ), anche se nel gergo corrente viene quasi sempre chiamata “sfogliata”.


La sua presenza a Finale è documentata sin dal 1626, quando in paese vivevano circa 350 ebrei.


La ricetta di questa torta era tenuta segretissima rigidamente custodita dalla comunità, fino a quando intorno alla seconda metà dell’800 un ebreo convertito, Giuseppe Alfonso Maria Alinovi la rese pubblica e iniziò a venderla sotto i portici di Santa Caterina, oggi Corso Mazzini ma variando gli ingredienti. Nella ricetta originale, la sfogliata era preparata con grasso d’oca, poi sostituito con strutto di maiale, forse per vendicarsi del disprezzo che gli mostravano i suoi ex correligionari.


Anche il vendere la sfogliata lungo la strada divenne presto una tradizione locale: anziane signore producevano la “torta” e la vendevano nel portico davanti casa, mettendola in mostra su un caratteristico treppiede di legno che sotto la padella di cottura della torta aveva le braci per mantenerla calda. La “tibùia” va consumata infatti ben calda, prevalentemente in inverno, quando fornisce calorie per difendersi dal freddo. In particolare, nella tradizione locale va consumata il giorno dei morti per rinfrancare i vivi nel giorno del dolore.


Per preparare la sfogliata bisogna lavorare a lungo l’impasto di farina, strutto, sale e acqua, una volta ottenuta una consistenza bella elastica bisogna tirarla con le mani fino a farlo diventare un velo sottile. I veli di pasta così ottenuti vengono messi in una teglia da forno, a strati intercalati da formaggio grana.


La torta degli ebrei si produce ancora a Finale Emilia e viene venduta ancora come il secolo scorso, sotto i portici del centro del paese, conservata calda da piccoli fornelli.


L’8 dicembre, in occasione dell’Immacolata concezione viene cucinata in piazza e offerta  a tutta la cittadinanza.


A cura di Marina Leonardi.

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