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22 Maggio 2006 | Archivio / Una città una storia

N°13-UNA CITTA’ UNA STORIA

Bologna: i portici

Bologna è la città dei porticiognuno è diverso dall’altro in un susseguirsi e rincorrersi all’interno della città e poi in alto, verso la collina….. Li si trova in quasi tutte le vie del centro e la loro origine è da attribuirsi alla forte espansione che ebbe la città nel tardo medioevo, quando la città e la fiorente università divennero un polo ambito per studiosi e letterati di tutta Europa, ma anche per la popolazione proveniente dalla campagna.

Bologna è la città dei portici, non solo perché ne ha più di tutte le altre città, trentasette chilometri senza contare i tre chilometri e mezzo del portico di San Luca, i portici della Certosa e quelli di via Mazzini e della Bologna moderna. Lo è soprattutto per il fatto che i portici fin dal Medioevo sono entrati a tal punto nell’anima della città e dei bolognesi che immaginare oggi una Bologna senza portici è un’impresa impossibile.

Anche i suoi cantautori li hanno celebrati, come il celebre cantante dialettale degli anni ’70 Dino Sarti che ne parla con nostalgia nella sua canzone San Carlino ricorda l’atmosfera dei portici e del centro di Bologna da cui si è allontanato…..”Mi mancano i portici, la gente alla finestra,  ma guarda se è bella, ma che cannonata, chi se la ricordava che fosse così, sembra un Presepio, mi viene un sospetto non sarà mica finta, è troppo perfetta …”.
Immagini portici  


La nascita dei portici non ha una data precisa, ma possiamo dire che abbia avuto il suo massimo sviluppo nel Duecento. Un contratto d’affitto del 1091 per una casa situata in via Santo Stefano ce ne rivela per la prima volta l’esistenza, con la particolare specificazione che il suolo del portico faceva parte dell’immobile, non della strada, un luogo di proprietà privata, ma di uso pubblico.

Nel medioevo ebbe origine la consuetudine di fabbricare tutte le case nuove con il portico e di aggiungerlo in quelle vecchie. Un sistema che ingrandiva le abitazioni esistenti e consentiva a un maggior numero di persone di trovare riparo all’interno delle mura. Da una rubrica dello Statuto del 1262, richiamandosi alla pubblica utilità e ai disagi quando pioveva, si ordinava che ciascun proprietario di casa dovesse costruire sulla facciata un portico di almeno tre piedi (m 1,14), senza occupare però nemmeno un palmo del terreno della via. Inoltre c’era l’obbligo di tenere i portici sgombri da qualsiasi elemento mobile o fisso che impedisse la libera circolazione a piedi e a cavallo, compresi carri, legname, pali e stanghe che ne diminuissero l’altezza, ne impedissero l’accesso e mettessero in pericolo i passanti.



Il portico doveva avere un’altezza minima di 7 piedi, cioè 2 metri e 66 centimetri, per evitare che costituisse un pericolo per i passanti. Con ogni probabilità vennero costruiti perché consentivano agli artigiani di lavorare all’esterno delle botteghe e quindi alla luce in qualsiasi periodo dell’anno, ma anche perché mentre la strada diventava fangosa e scarsamente praticabile durante l’inverno, sotto il portico si poteva transitare più comodamente.

Anche ai giorni nostri i portici costituiscono un sistema continuo di camminamenti al coperto, che consentono di passeggiare e fare shopping in centro, e spesso anche in periferia, con qualsiasi condizione atmosferica. Le abitazioni esistenti si proiettarono così sulla strada, aggiungendo stanze ai piani superiori, sorrette in basso da travi di legno, che con il passare degli anni si trasformarono in colonne in muratura. Ancora adesso si può ammirare in alcune strade del centro di Bologna qualche edificio col portico di legno, di epoca medievale, come Palazzo Isolani, in strada Maggiore al numero 19, non lontano dalle Due Torri. Il suo portico ligneo è detto anche il portico delle tre frecce, che sono davvero conficcate nel soffitto e che ancora si possono scorgere guardando con il naso all’insù: tre frecce che hanno dato origine ad una serie interminabile di storie e leggende… una per tutte? Si dice che un marito tradito volesse vendicarsi dalla moglie assoldando tre arcieri. La donna, però, si presentò improvvisamente ignuda sorprendendo i tre che sbagliando la mira conficcarono le frecce nel soffitto.



Da questo palazzo, attraverso la galleria di Corte Isolani si arriva nella suggestiva Piazza S. Stefano, dove si trova la Chiesa di S. Stefano, un complesso di più edifici di epoche diverse, chiamata le Sette Chiese anche se oggi ne restano soltanto quattro, in un intreccio di cortili, chiostri e cripte.
Immagine palazzo isolani al sito degli arcieri felsinei.


Altro bel portico sostenuto da travi in legno dalla caratteristica forma ‘a stampella’, è quello di Palazzo Grassi, in via Marsala 12, che oggi è sede del Circolo ufficiali. Il palazzo ha il portale principale con una ghiera a sesto acuto e le finestre decorate in terracotta. Nel quattrocentesco cortile interno si segnalano intagli attribuiti alla scultrice Properzia de Rossi e una Madonna con Bambino in terracotta del XVI secolo.



Bologna detiene anche il singolare primato del portico più lungo del pianeta, quello che conduce alla Basilica di San Luca, il santuario sul monte della Guardia, a circa 300  metri di altitudine. L’attuale costruzione risale alla metà del ‘700, ma ricopre un insediamento cultuale molto più antico. L’origine è legata ad un eremitorio femminile che esisteva sulla cima del colle fin dal 1192. La prima pietra della chiesa fu posta il 25 maggio 1194, e l’immagine che veniva venerata è la stessa tuttora custodita nel santuario e nota come Madonna di San Luca. La venerazione per questa immagine divenne un fatto collettivo e di importanza cittadina a partire dal 1433, quando l’immagine per la prima volta fu portata in città per chiedere la fine di un lungo periodo dì maltempo. Nacque così l’usanza, praticata ininterrottamente fino ad oggi, dell’annuale discesa della Madonna a Bologna: un avvenimento che ha sempre costituito un momento significativo nella vita religiosa e sociale della città. Ancora oggi,  nel mese di  maggio, l’immagine scende in processione dal colle e arriva alla Cattedrale di San Pietro, in via Indipendenza, dove rimane per una settimana.


La prima idea di costruire un porticato che collegasse la città alla cima del colle, permettendo un facile e comodo accesso al santuario in ogni stagione, fu avanzata nel 1655. Ma solo vent’anni più tardi l’impresa poté iniziare, grazie a una pubblica sottoscrizione.
Il 28 giugno 1674 fu posta la prima pietra del porticato e nel breve giro di due anni furono compiuti i trecento archi del tratto dalla porta merlata di Saragozza fino ai piedi del colle. Il tratto in salita fu iniziato nel 1706 e nel 1715 raggiunse la vetta del monte della Guardia; la congiunzione fra i due tratti, mediante lo scenografico “Arco del Meloncello” fu realizzata fra il 1721 e il 1732.


Era così compiuta la grande impresa che aveva visto la partecipazione corale della cittadinanza, poiché tutti i bolognesi, nobili e popolani, ecclesiastici e laici, in proprio o come membri di associazioni e corporazioni, avevano contribuito alle spese per la costruzione del portico, ponendo nei suoi 666 archi i loro nomi e i loro stemmi.

Grazie al portico il colle di San Luca  è diventato una meta non solo per i turisti, ma anche per i bolognesi che spesso affrontano la salita per fede, per svago magari per la gita del lunedì di Pasqua, e anche per jogging.



Siamo partiti dal centro storico nel nostro viaggio alla scoperta di Bologna  ed assieme al prof Riccomini, storico dell’arte e grande conoscitore della realtà Bolognese, abbiamo raccontato la città e le sue tradizioni, gettato uno sguardo sulla sua università, accompagnato gli studenti nella scoperta delle osterie e della buona tavola, girovagato seguendo i suoi portici ed ora vorremmo chiudere questa puntata proprio con una domanda al prof. Riccomini.


Se volessimo condurre un viaggiatore a vedere qualcosa di unico che possiede solo Bologna dove lo porterebbe?




Il centro storico, i portici, la sua cultura, il cibo e  le tradizioni. Bologna è un luogo che ha ancora tanti aspetti da scoprire, quei tesori ancora nascosti di cui ci ha parlato il prof. Riccomini, piccoli gioielli dell’arte, o veri e propri percorsi come quello delle sue acque, dei luoghi misteriosi, o di un viaggio nel mondo fantastico delle sue leggende. Di questa città, torneremo quindi a parlare in altre puntate.

Brano corrente

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