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26 Giugno 2006 | Archivio / Una città una storia

N°18-UNA CITTA’ UNA STORIA

L’Argentina raccontata da un giovane emiliano romagnolo… d’Australia. Prima puntata: Buenos Aires

Riprendiamo il discorso avviato nella puntata precedente di “Una città una storia”, con l’intervista ad Edward Caruso, un giovane australiano di origini emiliano romagnole che descrive alcune città dell’Argentina da lui recentemente visitate. Come spiegavamo ci sono tanti modi per raccontare una città,  fino ad ora abbiamo ascoltato il racconto di chi il luogo lo vive giorno dopo giorno, di chi vi è nato o che lì è cresciuto, lavora. Adesso vi proponiamo invece un altro modo che è quello del viaggiatore, di chi sceglie di conoscere un luogo nuovo e cerca di catturarne l’essenza, guardandosi intorno, scoprendone la  realtà passo dopo passo.

Dal diario di viaggio del nostro Edward Caruso, emiliano romagnolo d’Australia di cui potrete apprezzare l’ottimo italiano e perdonare qualche piccolo errore, ecco la città di Buenos Aires.

L’Argentina: incontri calorosi, luoghi storici e paesaggi di grande naturalezza – Buenos Aires

Il mio punto d’arrivo in Argentina è stata la capitale, Buenos Aires, nel tardo pomeriggio. Tutte le aspettative di questa mia prima volta latino americana sono state disilluse nel traffico tremendo del centro. Basta pensare all’Avenida 9 de Julio: ho contato almeno 13 corsie di auto incolonnate. Ma con la stanchezza dopo 20 ore di aereo e la differenza di 14 ore tra BA e Melbourne, il mio vero incontro con “l’America del sur” e iniziato la mattina seguente.
Come spesso accade quando viaggio, cammino da mattina a sera e in questa occasione avevo alcune canzoni di Paolo Conte in mente: “Blue tangos”, “Milonga” e “Sud America”. E sì, il calore della mattina, quasi trenta gradi, faceva venire in mente quel giorno tropicale di cui Conte cantava nella prima riga della terza canzone. Ma se speravo di incontrare Paolo Conte in queste strade, c’era poco da fare: mi dovevo aprire ad altri ritmi, e non ero deluso.
Ero nel quartiere La Boca, zona di intensi colori, ma pericolosissima di sera. In questo angolo accanto allo stadio calcistico e al negozio dei tifosi dei Boca Juniors, la colonna sonora del negozio mi ha portato oltre a Conte. No, mica ad un canto gregoriano o tibetano, ma alle voci dei tifosi presenti ad una partita tutti uniti ed accompagnati da tamburi e trombe. Che peccato che non mi si sono drizzati i capelli! La frenesia dell’incisione serviva ad accennarmi che, sì, ero arrivato.

Da qui, a poca distanza ecco il porto di La Boca, vecchia zona di arrivo molti anni fa per i nostri connazionali, e che oggi si è trasformato in una zone turistica – ma attenti alle apparenze cosmopolite che accolgono tutti. Come in altre zone – proprio in centro, e a Recoleta e attorno alla metropolitana (“el subte”) – ci sono persone che dormono per strada e che raccolgono articoli da riciclare tra la spazzatura dei quartieri, e spesso con visi indigeni. Come ho sentito dire spesso, questo fenomeno è peggio negli altri paesi dell’ America latina, e tre anni dopo la crisi economica dell’Argentina si vedono pochi segni di quel periodo. Ma per conoscere la faccenda economica bisogna girare in tutto un altro modo – cercare i piqueteros, intervistare gente che dorme per strada, e parlare (con un interprete) con lavoratori dei vari settori del paese; per esempio, economisti e sociologi. Non è facile, ma nei giornali c’era l’ottimismo di una forte crescita del PIL argentino, una cifra spaventosa, e se mi ricordo bene in ordine del 9 percento.

Mi sono trovato in un ristorante dove veniva suonato e ballato il tango. Sì, ci voleva un bel piatto di pasta e un bicchiere di vino. Vive la raffinatezza del luogo e della musica di Astor Piazzolla, ma il contrasto tra le persone benestanti e quelli meno abbienti lascia il suo sconforto alla indifferenza mostrata da tanti. Regalare qualche peso è solo un piccolo aiuto.
E’ facile perdersi nelle strade di San Telmo, in una zona nota per i suoi mercati. Siamo in una delle parti più vecchie della città – a parte i negozi con i bellissimi oggetti antichi (vecchi dischi, libri, sculture, ritratti, mobilia, abbigliamenti, gioielli e argenteria), mi vengono in mente alcuni scritti di Jorge Luis Borges, nativo di Buenos Aires e viaggiatore nel tempo e nello spazio. L’Argentina ha conservato molto del passato europeo, ma secondo Borges, l’Argentina è spezzato dal suo passato, così gli argentini si trovano nei primi giorni della creazione. Per uno che è appena arrivato, e che ha tutto da scoprire, è possibile  trovare affinità con queste parole. Sono in un paese che sembra molto europeo, ma con una sua storia e cultura. Per approfondire questo concetto mi bastava girare in zone come queste e nelle gallerie d’arte (nonostante il mio spagnolo molto rudimentale).

Nelle sale dei musei e gallerie d’arte c’è molto da scoprire. Iniziamo con il Museo Histórico Nacional, che ripercorre la storia argentina dall’indipendenza (e i notevoli personaggi durante le guerre contro la Spagna) fino ad oggi. Il Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires copre l’arte contemporanea (con una mostra di Andy Warhole durante la mia visita). La Manzana de las Luces simboleggia la presenza jesuitica a BA, dal 1730, con la chiesa di San Ignazio e i loro edifici di cultura e di insegnamento. Ne potrei citare tanti altri luoghi culturali (basta a comperare una buona guida della città per conoscerli tutti). Tra i miei favoriti troviamo: il museo di Xul Solar (un pittore con un nome stranissimo che era inventore e poeta, e stretto amico di Borges) che mostra oltre 80 quadri dell’artista, che sono molto bizzarri e dall’epoca del surrealismo; il Museo Nacional de Arte Decorativo, la casa e collezione del aristocratico cileno, Martías Errázuriz, che includano opere di Rodin ed El Greco, e molti esempi dell’arte dall’Asia; e il Museo de Motivos Argentinos José Hernández, uno dei due musei dedicati agli indigeni – la tribù mapuche – che ho scoperto a Buenos Aires. Qui troviamo un ottima collezione di arte artigianale e di tessuti, specialmente dal periodo storico quando la cultura gaucho ha incontrata quella “de los indios”.

Ci sono tante zone da raccomandare a Buenos Aires. Da non perdere: l’obelisco, Piazza della Repubblica; Piazza de Mayo; il cimitero di Recoleta; il Teatro Colón; il Palazzo delle Poste; Piazza dei Due Congressi e il palazzo del Congresso Nazionale; la Galerías Pacifico e i suoi affreschi; la chiesa ortodossa russa al parco Lezama; e la zona di Palermo.
Il quartiere che merita un accenno maggiore è l’Avenida de Mayo. Basta a prendere “el subte” (la prima metropolitana dell’America Latina) alla Piazza dei Due Congressi e camminare verso Piazza de Mayo. Questa strada vale un percorso per la sua architettura che contiene centinaia di palazzi maestosi dalla fine dell’ottocento all’inizio del novecento. Tra i luoghi da ammirare: l’ Hotel Chile, edificio Passaggio Borolo e il Teatro Avenida … un incontro di stili architettoniche dalla Francia, la Spagna, l’Italia e l’Austria, ma con qualcosa di nuovo, quell’ aria del tango dell’epoca tra le due guerre mondiali. La via lascia un impressione di seguire le impronte di un Borges che magari stia in un bar molto vicino a prendersi un caffè. Inoltre, i balconi dei palazzi sono da ammirare: alcuni con balaustre di ferro fatto a mano e con disegni che si avvicinano al barocco, ma con una traccia di fantasia, in forma di onde e conchiglie. In un paio di ore si può vedere tutto.

L’ultima parola lo dedico alla gente di BA. In una città molta affollata e con molto traffico non è facile a chiedere direzioni o informazioni, ma a Buenos Aires ho sempre trovato cortesia e una voglia di aiutare. Essere cortese voleva dire essere ripagato, però aiuta avere una buona conoscenza della lingua spagnola. Un buon segno è quello di essere riconosciuto quando si ritorna in un ristorante o negozio per la seconda o terza volta. E’ sempre un ottimo momento quando le persone si ricordano di te e sono contenti di rivederti. Questo mi accade spesso in Italia, e l’Argentina non è differente. Il calore italiano e spagnolo vive qui in un paese che oggi comprende molte altre influenze e che ha creato qualcosa unico e che è da scoprire.

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